Giorgio Bocca: Chi pagherà il conto di Bush

22 Aprile 2004
A pochi giorni dall´occupazione di Baghdad e dell´Iraq, la politica imperiale americana assomiglia più a una scelta disperata che a un disegno razionale per il nuovo ordine mondiale.
Stiamo assistendo a uno spostamento verso Oriente dell´apparato militare: le basi in Germania in procinto di spostarsi in Polonia e in Romania, quelle dell´Arabia Saudita in Iraq e in Afghanistan. A che pro? Di rafforzare l´egemonia americana in Europa e in Asia. A che prezzo? Enorme, sostenibile solo da un progressivo saccheggio del resto del mondo.
Il nuovo governatore americano nell´Iraq ha speditamente cancellato le chiacchiere sulla guerra per la libertà e la democrazia, ha preso saldamente in pugno la direzione autoritaria del paese, cancellato tutte le strutture locali, esercito, polizia, scuole, industria del petrolio, ferrovie, passate ad aziende americane o alle loro subappaltatrici. La prospettiva è quella di un presidio armato continuo come la guerra contro il terrorismo. Chi sarà chiamato a pagare il conto dell´occupazione continua? Gli iracheni, il loro petrolio. Non c´è la minima ricerca di legalità, di parità: per 12 anni l´Iraq ha subìto un embargo feroce e ora che è stato ´liberato´ deve pagare la ricostruzione.
Una situazione anche più assurda nell´Afghanistan. I territori occupati sono incontrollabili, la marcia di avvicinamento all´India e alla Cina, prossimi concorrenti nell´egemonia mondiale, è una follia come lo fu la guerra dei romani ai Parti. E il fatto che in questa follia abbiano voluto entrarci a tutti i costi il nostro dittatorello Berlusconi e il suo ministro della Difesa Martino vi aggiunge una nota tragicomica. Ma perché gli Stati Uniti devono affrontare questi rischi superiori alla loro forza economica e militare?
C´è chi trova una spiegazione nella frase pronunciata da George Bush ogni volta che gli Stati Uniti sono stati chiamati ad accettare una disciplina internazionale nella giustizia e nei consumi: "Nessuno pensi di mettere in discussione il livello di vita degli Stati Uniti". Qui scompaiono le grandi menzogne della libertà e della democrazia universali, del Bene che vince sul Male, degli Stati canaglia che minacciano la sicurezza universale e la lotta senza fine a un terrorismo senza spiegazione. Qui si pone la scelta di ricchi e potenti della Terra a lasciare che gli altri affondino. I ricchi e i potenti hanno cessato di affidarsi a una propaganda smentita dalla realtà, di un mondo di liberi e sfamati per opera del progresso scientifico e del globalismo economico. Meglio affidarsi alla forza militare e tenere gli altri disarmati.
Solo questa scelta disperata spiega l´assurdo che il paese più armato del mondo consideri minacce intollerabili ogni tentativo degli altri di armarsi. Stati canaglia sono quelli che danno il cattivo esempio; quelli che violano il tabù del riarmo agli altri non consentito.
La guerra in Iraq dopo quella in Afghanistan aiuta a capire la scelta imperiale: l´incapacità a fermare la rovina progressiva del mondo, la distruzione progressiva dell´ambiente, l´esplosione demografica e la disperazione che ne deriva allontanata, nascosta da un riarmo continuo che assorbirà nei prossimi anni cifre astronomiche. Come la Muraglia cinese che non fermò i mongoli, come la Maginot che non fermò i nazisti, come tutte le illusioni di separarsi dal resto del mondo senza far nulla per salvarlo pacificamente.
Attorno all´imperatore americano c´è una corte di grandi specialisti, di grandi cervelli che ripetono il programma ottuso di Reagan: "Dovunque noi interveniamo, lo facciamo unicamente per i nostri interessi". E si stupiscono di non essere amati?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …