Antonio Tabucchi: Pessoa. Un poeta contro il dittatore Salazar

23 Aprile 2004
Laddove si trovano ammassati alla rinfusa il gagliardetto e i simboli funerari, gli oracoli kitsch e i motti squadristi, il Sacrario dei Martiri e l' inno franchista, il "messaggio segreto" di Mircea Eliade e i Templari, l' antisemitismo e il cristianesimo e soterico, i Protocolli di Sion, la Cronaca di Uralinda e altre cianfrusaglie. Questa "anomalia italiana" comincia alcuni anni fa ad opera di un ricercatore dell' Università di Perugia, il dott. Brunello De Cusatis, che ha intrapreso la pubblicazione di alcuni scritti teorici di Pessoa presso la casa editrice Settimo Sigillo, dal catalogo ricco di memoriali di ex-repubblichini e ideologi della guerra.
Gli editori esteri con i quali il dott. De Cusatis collabora sono l' edizione portoghese di Futuro Presente, organo di stampa connesso con il neofascismo europeo, e l' austriaca Karolinger, una casa editrice neonazista inneggiante a Himmler e Auschwitz. L' operazione condotta dal dott. De Cusatis sui testi di Pessoa è all' insegna della massima disinvoltura, e si fa beffe delle più elementari regole ecdotiche e filologiche. Con un criterio del taglio e cucito che gli permette di sforbiciare i testi di Pessoa dove meglio preferisce, di decontestualizzarli, di incollarli, di riempirli di pun tini, di ripubblicare senza alcuna nota un testo che Pessoa successivamente rifiutò e cassò dalla sua opera, il De Cusatis confeziona un Pessoa fascistoide e filo-salazarista che fa rizzare i capelli in capo a qualsiasi serio studioso del grande poeta.

Per la verità la lusitanistica italiana più avvertita ha più volte biasimato tali tesi destituite di ogni criterio scientifico e volte unicamente a fini ideologici. Ma è anche vero che, sempre più forte del clima politico italiano e del revisionismo storico-culturale imperante, il disinvolto curatore ha eluso le critiche più autorevoli, raggiungendo una vulgata accolta da certi giornali. E poiché non è detto che, a questi chiari di luna, l' operazione non gli riesca appieno, anche perché, com e dicono i filosofi Sufi "Dio a volte esaudisce i monotoni perché si annoia", almeno, finché gli strumenti della cultura non saranno sopraffatti dall' irragionevolezza, conviene ristabilire la verità storica. Per la diffusione delle sue idee il dott. De Cusatis dispone di alcuni "vantaggi" rispetto allo studioso: in primo luogo una mancanza di frequentazione del Fondo-Pessoa della Biblioteca Nazionale di Lisbona dove sono custoditi i manoscritti del poeta. Tutti i testi che il De Cusatis ha pubblicato (oltre che nelle edizioni citate anche da Pellicani editore e da una casa chiamata "Ideazione") raccattano testi di seconda mano pubblicati qua e là. Un altro "vantaggio" rispetto a quei traduttori che hanno cercato di rendere comprensibile l' impervia prosa pessoana è il brio sportivo grazie al quale Pessoa ci parla così in italiano: "Istintivamente, l' umanità odia la verità, perché sa, grazie all' istinto stesso, che non esiste verità, o che la verità è inattingibile.
Il mondo si conduce con menzogne, chi voglia svegliarlo o condurlo dovrà mentirgli delirantemente" (F. Pessoa, Scritti di sociologia e teoria politica, a cura di B. De Cusatis, Settimo Sigillo, Roma 1994, p. 19). Qui Pessoa, che faceva gli oroscopi e leggeva Swedenborg, potrebbe sembrare un esoterico impenetrabile. In realtà è solo un adeguamento alla prosa del De Cusatis che parla così anche in proprio: "Le sue proposizioni, siano esse espresse in versi o meno, non sono semplici suggestioni o divagazioni letter arie, nella stessa misura in cui non lo sono, per esempio, quelle di un Ariosto, di un Cervantes, di uno Yeats, quando, diversamente e ciascuno a suo modo - Ariosto, nel ricreare, in una simbiosi perfetta, miti cristiani e miti pagani; Cervantes, nell' edificare la geniale follia del suo cavaliere mancego; Yeats, nel resuscitare miti e leggende della sua Irlanda - vollero indicare agli uomini la strada dell' abbattimento, in prospettiva etica, dei confini tra realtà e sogno, tra il conosciuto e l' ignoto, tra il terreno e il soprannaturale" (ivi, p. 17).
C' è da restare disorientati, ma il De Cusatis è implacabile con il lettore: "Vivere da spirito libero è per il nostro scrittore, come per ogni vero pensatore o artista, sottostare al rigor e morale, così da farsi erede di un passato e di quei valori eterni imprescindibili quando si voglia costruire positivamente l' avvenire" (ivi. p. 34). Ma, al di là dello stile, le argomentazioni del Cusatis rescindono di norma dalla bibliografia pessoana più attendibile per appoggiarsi su studiosi minori e semisconosciuti (un certo Edoardo Frias, collaboratore di Futuro presente o un ignoto brasiliano, Adelto Gonçalves, ed eventualmente le posizioni marxista-leniniste di Alfredo Margarido che ovviamente gli fanno comodo perché si sa che gli estremi si toccano) e ignorando completamente capisaldi critici come Villaverde Cabral, José A. Seabra e soprattutto l' imprescindibile edizione critica in vari volumi della Imprensa Nacional. È pur vero che il De Cusatis deve riconoscere che "il dissenso contro Salazar è senza alcun dubbio in lui (Pessoa) manifesto", ma, chissà perché, minimizzando e ricorrendo a un frammento (questo ricercatore procede sempre per frammenti) deve arrivare ad affermazioni ambigue di questo tipo: "Ebbene, cosa prova il contenuto di questi frammenti? Che Pessoa non era a favore di Salazar? Certamente. Né pro Salazar, né pro Mussolini. E come avrebbe mai potuto esserlo vista la natura dei loro rispettivi regimi? Sostanzialmente "di massa", non-elitari e di stampo "cattolico-romano"?
Per assurdo e se volessimo per un istante prestarci al gioco delle "classificazioni", saremo tentati di dire - si prenda la cosa, però, solo come una semplice provocazione, perché tale è e resta - che se il salazarismo, e il fascismo con esso, fosse stato "aristocratico" e "pagano", forse l' atteggiamento di Pessoa sarebbe stato diverso!" (ivi, p.39). Dall' ambiguità si passa alla malafede quando il De Cusatis tira le sue conclusioni col pretesto di un pamphlet del ' 28 (Interregno) che lucidamente Pessoa sconfessò in seguito. In tale pamphlet Pessoa "giustificava" il recente regime militare interpretandolo come "interregno" necessario a strappare il Portogallo dal caos politico in cui si trovava. Quando si accorge che esso consegna il Paese in mano al fascismo, si ricrede con rammarico.
Il suo equivoco in un Paese dalla storia come il Portogallo, dove le prese di posizione anti-totalitarie delle Forze Armate sono numerose, non è poi così peregrino. La Repubblica (1910), ad esempio, si era instaurata grazie all' appoggio dei militari. Più recentemente, con la cosiddetta "Rivoluzione dei garofani" del ' 74, sono state le Forze Armate a impadronirsi del potere, riconsegnandolo successivamente a un Parlamento democraticamente eletto. Ricordo inoltre che il generale eletto Humberto Delgado (poi assassinato dalla Polizia) osò sfidare, quale rappresentante delle forze democratiche, il salazarismo nelle elezioni -truffa del ' 58, e che negli anni ' 60 l' ammiraglio Henrique Galväo tentò di far sollevare la Marina sequestrando il piroscafo "Santa Maria". Preso dal suo teorema, il De Cusatis surrettiziamente arriva all' ineludibile conclusione che "resta così spiegata l' adesione, o simpatia che dir si voglia, di Pessoa ai regimi autoritari" (ivi, p.37).
Mi corre l' obbligo di smentirlo, così come devo smentire lo scrivente del Giornale del 22 maggio u.s., che accogliendo la vulgata e utilizzando la letteratura per altri scopi scrive "Tabucchi come ipnotizzatore è un grande: è riuscito a far credere che quel fascista salazariano di Pessoa era un buonista proto-veltroniano". Mi spiace: Pessoa sbeffeggiò Salazar e il suo fascismo in poesie al vetriolo. E non era affatto buono: anzi era cattivo, cattivissimo.

Già in un testo fondamentale del ' 17, Ultimatum, Pessoa non si peritava di aggettivare Maurice Barrès come "ruffiano da palcoscenico delle patrie altrui", Kipling: "Imperialista dei ferrivecchi", D' Annunzio: "Rapa gnetta-Annunzio, assolo di trombone", Yeats: "Bruma celtica rotante intorno a un palo senza indicazioni", Guglielmo II un "mancino senza il braccio sinistro" e Bismarck un "coperchio da stufa". Vediamo come a quarantasette anni, nel ' 35, l' anno del la sua morte, Pessoa, di immutata opinione, abbia in uggia il fascista Salazar e il totalitarismo che grava sul suo Paese e sull' Europa. Salazar fu chiamato nel ' 28 dal governo militare del Generale Carmona quale ministro delle Finanze per riordinare la collassata economia portoghese. Era un ex-seminarista, giovane professore dell' Università di Coimbra, che si era messo in luce come esponente degli interessi dell' estrema destra cattolica della sua città. I suoi interventi di politica finanziaria gli conferirono grande prestigio convertendolo in "salvatore della patria". Nel ' 30, con un decreto legge, elimina i sindacati lasciando libero spazio agli agrari.
Nel ' 32 diviene Presidente del Consiglio e modifica la costituzione repubblicana portoghese del 1910 (assai liberale e democratica) sul modello corporativo dello stato fascista di Mussolini. Fonda l' Unione Nazionale (partito unico) e proclama lo Estado Novo (Stato fascista e corporativo). Sottomette i mezzi di informazione all a volontà politica (Emissora Nacional, radio nazionale) istituisce la censura previa sugli organi di stampa, organizza una polizia politica. Non c' è provvedimento salazarista che Pessoa non abbia irriso in poesia. Così sullo Stato Nuovo, preso di mira in una lunga composizione del 29 luglio del 1935 che termina con questa quartina: "Che la fede sia sempre viva / perché la speranza non è vana / La fame corporativa / è disfattismo. Allegria, / oggi il pranzo si fa domani!". La radio nazionale è chiamata "Radiofonia di non so che melodia / di chi esegue un assolo / davanti ad un microfono morto"
E il nome di Salazar viene scomposto in sal (cioè sale) e azar, in portoghese "iella": "Questo signor Salazar / è composto di sale e azar. / Se piove / l' acqua scioglie il sale / e in aria, ovviamente, / non resta che la iella" (marzo 1935) e ancora: "Poverino / il nostro tirannino! / non beve vino / neanche solo solino // Beve la Verità / e la Libertà / ed è tanto assetato / che queste orma i scarseggiano / sul mercato" (marzo 1935).
E infine: "Ritorna in seminario, smammare / hai il vento contrario / vatti a ri-po-sa-re. // I conti li hai già fatti / come sai farli tu / Spero di rivederti a casa di Belzebù" (marzo 1935). Ma la poesia più dram matica, che qui pubblico per intero, è dedicata al popolo portoghese, ormai sotto il giogo del fascismo. È delnovembre del 1935, e come tutte le altre è reperibile nell' edizione critica delle opere di F. Pessoa, Poemas de F. Pessoa, 1934-1935, vol.I, Impre nsa Nacional, Lisbona 2000. Mi rendo conto che è molto chiedere a certi ricercatori di frequentare gli archivi, dove queste poesie, anche se pubblicate di recente, sono consultabili da anni. Quello che è imperdonabile è la misconoscenza dei Poemas politicos divulgati anni fa da Jorge de Sena, dei testi apparsi nel catalogo Fernando Pessoa: o último ano, dei testi pubblicati da Teresa Rita Lopes, Teresa Sobral Cunha, Maria Aliete Galhoz, degli articoli scientifici apparsi sulla rivista Colóquio-Letras della Fondazione Gulbekian. Goya diceva che il sonno della ragione genera mostri. Anche il sonno della cultura.

Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 - Lisbona, 2012) ha pubblicato Piazza d’Italia (Bompiani, 1975), Il piccolo naviglio (Mondadori, 1978), Il gioco del rovescio (Il Saggiatore, 1981), Donna di Porto Pim (Sellerio, 1983), Notturno indiano (Sellerio, 1984), I volatili del Beato Angelico (Sellerio, 1987), Sogni …