Giorgio Bocca: L' errore dei bushisti
23 Aprile 2004
Il professor Sartori ha inventato il neologismo ciecopacista per dire un pacifista virtuoso ma utopico, senza un serio rapporto con la realtà. Ma c' è una specie a nostro avviso peggiore, quella dei ciecobushisti, che si rifiutano di guardare alla guerra irachena come è e non come vorrebbero che fosse. Il primo e più grave errore dei ciecobushisti è di negare che esista una resistenza irachena, una negazione che ha dello schizofrenico: questa resistenza può contare su due moventi che alle resistenze europee contro il nazismo e il fascismo mancavano: il fanatismo religioso e la miscela esplosiva della miseria con la voglia di indipendenza. Se la disparità di armi e di mezzi era fortissima in Europa 50 anni fa, quella in Iraq è schiacciante eppure non basta a chiudere uno scontro sempre più aspro. Le autoconsolazioni degli occupanti, le negazioni che una resistenza esista, che sia solo una casuale confusa riunione di briganti e di assassini e terroristi, che pure esistono tra le sue fila, fa il pari con il disprezzo per il nemico di tutte le guerre di repressione sociale o coloniali che non sono mai riuscite a convincere gli occupati ad arrendersi, ad adattarsi. Sono servite al contrario a innescare la catena senza fine di una resistenza sempre più dura e di rappresaglie sempre più feroci. In Iraq la tendenza sembra esattamente questa inevitabile aggressione sempre più feroce della resistenza e punizioni sempre più sproporzionate degli occupanti. Il silenzio che la stampa degli occupanti usa di fronte alle stragi nelle città ribelli bombardate e affamate non cambia che il tutto volge al peggio. A questo punto le accuse di velleitarismo, di utopismo, suicidi al ciecopacismo, le accuse di viltà, di cedimento al nemico, di infedeltà, di disfattismo a chiunque sia contrario a questa guerra vanno a cozzare con questa semplice domanda: se si è impotenti a continuare la sanguinosa occupazione, se si capisce di essere finiti in una situazione di sanguinoso surplace, che si fa? Si insiste o se ne esce, costi quel che costi nel gioco dei potenti? Gli stessi che negano la resistenza irachena si affannano a dire che il paragone con il Vietnam non regge. Ma sì che regge, sul finire della guerra gli americani avevano nel Vietnam mezzo milione di soldati, un controllo totale del cielo e del mare ma si resero conto che c' era solo un' alternativa: o il genocidio atomico o il ritorno a casa. E saggiamente tornarono a casa perché il catastrofismo della destra si dimostrò infondato, non ci fu l' effetto domino del comunismo, non ci fu il dilagare del comunismo in tutto il Sudest asiatico, ci fu invece la progressiva formazione di un nuovo mercato. è pessima politica confondere i propri desideri, le proprie non confessabili mire neocoloniali con la realtà, con ciò che è possibile. Solo un piazzista come Berlusconi può pensare di cavarsela con la furbizia, far la guerra a un paese islamico ma affermare che si è estimatori dell' Islam, solo una persistente cultura autoritaria può pensare che la discussione sul da farsi consiste negli urli e nelle minacce dei miles gloriosi spuntati come funghi in tutti i mezzi di informazione. Noi siamo coerenti! Noi resteremo in Iraq! D' accordo, ma a parole o nella realtà di una guerra sempre più sbagliata, sempre più sanguinosa, sempre più superiore alle nostre forze, nella pretesa che anche il professor Sartori giudica idiota di portar la democrazia in un paese che non la vuole, in una cultura e in una tradizione antitetici. Il velleitarismo berlusconiano non è fascismo ma sta ridando fiato al fascismo congenito del nostro paese: tutto ciò che dovrebbe confermare il rifiuto del fascismo machista e violento, del voglio e non posso mussoliniano, si muta in un perfido contrappasso, in un diffondersi di nostalgie, appetiti, vizi da populismo autoritario. I dibattiti della televisione sono tutto meno che una libera discussione, sono l' ignoranza, le minacce, gli urli di una destra sempre più rozza che zittisce una sinistra sempre più timida e rassegnata. Siamo un Paese che si tiene assieme a fatica, ricattato dagli spaventapasseri della Lega che sta retrocedendo ogni giorno nella giustizia sociale e vogliamo partecipare a una restaurazione colonialistica facendo finta che si tratti di una opera di civiltà. L' esatto contrario dello spirito del 25 aprile, di una guerra fatta perché non ci fossero più guerre.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …