Giorgio Bocca: Chi non fa la guerra è un traditore
05 Maggio 2004
Le comunicazioni fra l'Italia e il nostro corpo di spedizione militare a Nassiriya sono tecnicamente perfette. Rai Sport ha organizzato con la televisione italiana un dibattito su una partita di calcio in cui giocatori, allenatori, giornalisti, politici hanno potuto scambiare le loro opinioni con gli ufficiali e i soldati nella remota Mesopotamia.
Cioè: si può parlare in pubblico di calcio, ma non del perché i nostri soldati sono a Nassiriya, che ci fanno, che rischi corrono, quanto dovranno restarci. Ufficialmente i nostri sono laggiù per una missione di pace, ma tutte le notizie che filtrano parlano di una occupazione di guerra.
Gli iracheni che dovremmo aiutare, con cui dovremmo collaborare, ci considerano dei nemici. Non ci ricevono nei loro ospedali, nelle loro case, nelle loro associazioni religiose, ci ripetono che non siamo graditi, che a giugno dobbiamo andarcene.
In questa situazione tesa la ricostruzione è inesistente, i nostri soldati escono dai loro campi trincerati per missioni di guerra: arrestano i sospetti, scoprono depositi di armi, dei veri arsenali con missili anticarro spalleggiati, proiettili d'artiglieria, mine. Segno che esiste una resistenza organizzata che gode dell'appoggio della popolazione. Non si tiene in funzione un apparato militare che dispone di simili mezzi bellici se non si ha l'appoggio della popolazione, del resto esplicito.
Chi comanda questi corpi di spedizione in una guerra non dichiarata con compiti e poteri non definiti tende a isolarsi, a tenere a bada la stampa, a ridurre gli interventi del Parlamento alle innocue visite elettorali. E probabilmente sono lo stesso governo, lo stesso ministero della Difesa a 'stare in campana', a dire e non dire, a evitare le grane, come usa dire.
Insomma, di questa delicata, arrischiata missione non si sa nulla di preciso. Da quale comando dipende? Ora è arrivata una energica signora italiana, Barbara Contini, che è assurta a governatore della provincia. Per conto di chi? Degli inglesi cui è affidata la zona sud? L'ufficiale inglese che fungeva da governatore se ne è andato prima che arrivasse la nostra Contini senza trasmetterle istruzioni e mandato.
Da chi dipende, allora, la Contini? Pare dal proconsole americano Bremer che le ha promesso un aiuto finanziario di 100 mila dollari. L'impressione è che ci sia una gran confusione, la Contini è arrivata di sorpresa e si è lamentata che i suoi alloggi e i suoi uffici non erano pronti. Non si sa esattamente chi rappresenti la popolazione irachena, se i sacerdoti sciiti o Al Qaeda che va spargendo la voce che per ogni soldato italiano ucciso ci sarà un compenso di 8 mila dollari.
L'operazione di pace consiste al momento nella distribuzione di medicinali che i locali accettano con grande sufficienza, in rifornimenti idrici, in riassetti stradali che sono gocce nel mare della miseria.
La polizia irachena è impotente: se interviene, è subito circondata da una folla ostile che i nostri soldati devono disperdere. Non funziona neppure l'informazione parlamentare: il tema della nostra spedizione sembra essere un tabù, o un argomento da evitare per non cadere nelle speculazioni elettorali.
Interrogarsi sulla missione sembra essere antipatriottico. Il ministro Martino, che pure è padrone della lingua italiana, sta sempre nel vago, si appella all'Onu che nel protettorato americano conta come il due di briscola. La sinistra è disunita, i suoi riformatori moderati finiscono sempre per attaccarsi al carro del governo.
Funzionerà come ha funzionato in Libano, in Somalia nei Balcani l'arma sovrana della corruzione, la sicurezza dei nostri soldati comperata a suon di dollari? A Nassiriya non ha funzionato e niente garantisce che possa funzionare. Anche in materia di corruzione Al Qaeda è un concorrente più che temibile, finanziata come è dalle monarchie arabe del doppio gioco.
Cioè: si può parlare in pubblico di calcio, ma non del perché i nostri soldati sono a Nassiriya, che ci fanno, che rischi corrono, quanto dovranno restarci. Ufficialmente i nostri sono laggiù per una missione di pace, ma tutte le notizie che filtrano parlano di una occupazione di guerra.
Gli iracheni che dovremmo aiutare, con cui dovremmo collaborare, ci considerano dei nemici. Non ci ricevono nei loro ospedali, nelle loro case, nelle loro associazioni religiose, ci ripetono che non siamo graditi, che a giugno dobbiamo andarcene.
In questa situazione tesa la ricostruzione è inesistente, i nostri soldati escono dai loro campi trincerati per missioni di guerra: arrestano i sospetti, scoprono depositi di armi, dei veri arsenali con missili anticarro spalleggiati, proiettili d'artiglieria, mine. Segno che esiste una resistenza organizzata che gode dell'appoggio della popolazione. Non si tiene in funzione un apparato militare che dispone di simili mezzi bellici se non si ha l'appoggio della popolazione, del resto esplicito.
Chi comanda questi corpi di spedizione in una guerra non dichiarata con compiti e poteri non definiti tende a isolarsi, a tenere a bada la stampa, a ridurre gli interventi del Parlamento alle innocue visite elettorali. E probabilmente sono lo stesso governo, lo stesso ministero della Difesa a 'stare in campana', a dire e non dire, a evitare le grane, come usa dire.
Insomma, di questa delicata, arrischiata missione non si sa nulla di preciso. Da quale comando dipende? Ora è arrivata una energica signora italiana, Barbara Contini, che è assurta a governatore della provincia. Per conto di chi? Degli inglesi cui è affidata la zona sud? L'ufficiale inglese che fungeva da governatore se ne è andato prima che arrivasse la nostra Contini senza trasmetterle istruzioni e mandato.
Da chi dipende, allora, la Contini? Pare dal proconsole americano Bremer che le ha promesso un aiuto finanziario di 100 mila dollari. L'impressione è che ci sia una gran confusione, la Contini è arrivata di sorpresa e si è lamentata che i suoi alloggi e i suoi uffici non erano pronti. Non si sa esattamente chi rappresenti la popolazione irachena, se i sacerdoti sciiti o Al Qaeda che va spargendo la voce che per ogni soldato italiano ucciso ci sarà un compenso di 8 mila dollari.
L'operazione di pace consiste al momento nella distribuzione di medicinali che i locali accettano con grande sufficienza, in rifornimenti idrici, in riassetti stradali che sono gocce nel mare della miseria.
La polizia irachena è impotente: se interviene, è subito circondata da una folla ostile che i nostri soldati devono disperdere. Non funziona neppure l'informazione parlamentare: il tema della nostra spedizione sembra essere un tabù, o un argomento da evitare per non cadere nelle speculazioni elettorali.
Interrogarsi sulla missione sembra essere antipatriottico. Il ministro Martino, che pure è padrone della lingua italiana, sta sempre nel vago, si appella all'Onu che nel protettorato americano conta come il due di briscola. La sinistra è disunita, i suoi riformatori moderati finiscono sempre per attaccarsi al carro del governo.
Funzionerà come ha funzionato in Libano, in Somalia nei Balcani l'arma sovrana della corruzione, la sicurezza dei nostri soldati comperata a suon di dollari? A Nassiriya non ha funzionato e niente garantisce che possa funzionare. Anche in materia di corruzione Al Qaeda è un concorrente più che temibile, finanziata come è dalle monarchie arabe del doppio gioco.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …