Giorgio Bocca: Il marketing della paura

05 Maggio 2004
Umberto Ranieri, esperto diessino di politica estera, sostiene che "ritirare i nostri soldati dall'Iraq, oggi, significherebbe creare un vuoto che sarebbe colmato ineluttabilmente dai terroristi e dai nostalgici di Saddam. Da Stato canaglia l'Iraq - dice - passerebbe alla categoria peggiore dei failed states, gli Stati del vuoto di potere". La fantasia che i moderati impiegano per accodarsi alle scelte della destra è impressionante per metodo e continuità.
Non è un male, non è un rischio, secondo Ranieri, che l'occupazione militare dell'Iraq abbia acceso il più grande e incontenibile focolaio di terrorismo del mondo, e bisogna impedire che i pacifisti cerchino di contenerlo, di spegnerlo.
Non è un male che l'occupazione abbia ricreato in Iraq una situazione favorevole al terrorismo islamico, pari a quella dell'occupazione militare sovietica dell'Afganistan, e che da tutto il mondo islamico siano accorsi nell'Iraq occupato gli uomini del terrore per ritrovare un'unità organizzativa e un'efficienza militare. Non importa neppure che questa grande occasione sarà di lunga durata, andrà avanti come prevede Kissinger per almeno dieci anni.
Non importa che il prolungamento dell'occupazione provochi, come è accaduto in tutte le occupazioni, una resistenza sempre più forte e una reazione sempre più dura e quanto mai rischiosa per un paese come il nostro.
Bisogna continuare a vendere la paura, a far credere che la presenza di nostri soldati in Mesopotamia renda più sicuro il nostro paese. La storia insegna che l'unico rimedio alle occupazioni ingiuste e arrischiate è di uscirne.
La potentissima America si è tirata fuori dal pantano vietnamita e poi da quello somalo ed evita simili interventi nel Sudamerica e in Africa. Perché si sia cacciata nella guerra all'Iraq è una di quelle follie cicliche che si spiegano solo con i buoni affari immediati della paura: la guerra al nemico, reale o immaginario che sia, come il mezzo più facile, più immediato per tenere buoni i sudditi e consolidare il potere.
Un modo di concepire la politica simile a quello delle programmazioni di mercato: la paura come leva per restare alla Casa Bianca pari a quella per vendere automobili, ottenere la trivellazione di pozzi petroliferi in Alaska, l'interramento di residui radioattivi, la moltiplicazione delle commesse militari. Le automobili di ‟lusso blindato” più vendute sono gli Hummer, le vetture corazzate che ‟danno sicurezza”, mentre si sa che ribaltano più facilmente e che sono del 6 o del 7 per cento più esposte agli incidenti mortali, con le imponenti griglie paraurto. La ricerca della sicurezza totale che ha fatto dire a un cliente della Ford: "Se potessi comperare un carro armato Abrams lo farei subito".
La paura si vende bene, nel mercato e in politica.
Grazie alla paura si può, come Ranieri, sostenere l'assurdo che sia utile, anzi necessario alla nostra sicurezza mantenere un corpo di occupazione contro il terrorismo in Iraq essendo il nostro il paese più vulnerabile agli attacchi terroristici, con un patrimonio urbano e culturale praticamente indifendibile.
Per sostenere questa tesi balorda occorre anche mentire, affermare che siamo in Iraq con compiti pacifici. Poi, pur nella rarità delle informazioni televisive, compare un generale che elogia i nostri soldati che hanno appena arrestato una squadra di 'delinquenti', come i ribelli vengono chiamati da tutte le forze di occupazione. Segue una visita al magazzino dove i nostri soldati tengono il loro bottino di guerra, centinaia di armi tolte al nemico che ogni giorno viene affrontato sul campo di battaglia e non di ricostruzione come si ama dire.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …