Vittorio Zucconi: La scialuppa di Annan

20 Maggio 2004
Dopo avere ottenuto ieri sera da Bush quello che Bush aveva già deciso da settimane, che è necessario salire al più presto sulla disprezzata scialuppa delle Nazioni Unite per sfuggire al naufragio morale, militare e politico della guerra, il presidente del Consiglio italiano potrà dire oggi, in Parlamento, che una "svolta" è avvenuta. E magari, come è il suo costume, attribuirsene il merito.
Ma se Berlusconi avesse fatto davvero un rapporto onesto a Bush sugli umori europei e non si fosse limitato a dirsi «completamente d´accordo» con lui, come fece nella visita al ranch texano del luglio scorso, si sarebbe, per la prima volta, comportato da autentico amico dell´America.
Stabilire a chi spetti davvero il merito del progressivo abbandono dell´abbaglio unilateralista e bellicista, può essere vitale per i destini elettorali privati e per le risse delle fazioni politiche. Quello che importa davvero è vedere come tardivamente, forse troppo tardivamente, l´umiliazione di 14 mesi di bugie, di rovesci morali e di prevedibile scivolamento di una guerra illegittima sul piano inclinato dell'efferatezza, stia spingendo i leader verso quella razionalità pragmatica che abbandonarono nel loro rush to war, nella corsa a mosca cieca verso l´invasione. E dunque li riconduce nel quadro di quelle Nazioni Unite che avevano proclamato «irrilevanti», come Bush, o un «circolo di dibattimenti accademici» come Rumsfeld, o un´assemblea di despoti del Terzo Mondo, come il nostro premier. Se non, nelle parole dello spocchioso ideologo della guerra preventiva americana, Richard Perle, «un´istituzione obsoleta destinata a crollare insieme con quel Saddam Hussein che cerca di proteggere». Ma se le parole sono identiche, ben diversi sono i sottintesi e le motivazioni con i quali Berlusconi, come Blair, come i polacchi, come gli ucraini, come ormai tutte le forze ausiliarie delle legioni americane, chiedono la "svolta Onu".L´Europa vecchia e nuova - che sta finalmente trovando una sorta di posizione comune, di fatto imposta dal rotolamento verso il cuore di tenebra - ha bisogno di "svolta" e di "Onu" per dare alle opposizioni l´impressione che qualcosa sia cambiato davvero. Bush invoca le Nazioni Uniti e la "consulenza", come la chiama lui per minimizzarla, del vice di Annan, Brahimi, per fingere che niente sia cambiato e nascondere il mutamento di rotta.
Poiché al figliol prodigo che torna nella casa comune non vanno mai rinfacciati errori e tradimenti, non sarebbe produttivo rivangare tutto il disprezzo che questo clan rovesciò su quell'Onu che ora gli offre l´ultimo salvagente. È giusto dare atto anche al governo italiano, pungolato da opposizioni parlamentari più convinte e da umori popolari più turbati, di avere contribuito a far capire a Bush che l´ostinazione nel «mantenere la rotta» gli avrebbe forse conquistato i voti dell´Ohio e della Florida e gli avrebbe perduto i voti della "Coalizione dei Vacillanti". Ma perché la "svolta" e il ritorno nella casa comune dell´Onu siano più di un cerotto applicato su una ferita profonda, occorrono adesso segnali, al pubblico dell´occidente atlantico e soprattutto agli iracheni, che l´amministrazione americana ha capito la scivolosità della situazione e la necessità di un autentico, e non cosmetico, «cambio di rotta».
In questo senso, la prognosi non è buona e i trascorsi non sono incoraggianti. Bush ha dimostrato più volte la propria capacità di affossare, divagare e dimenticare, quando il momento di cattivo tempo sembra passare, per tornare ai vizi di ieri. Le giravolte, i "flip flop", di questo governo che si divincola in Iraq sono continui e ben documentati, mentre la reazione istintiva del "clan Bush" rimane sempre quella di difendere anche l'indifendibile, come quel ministro Rumsfeld che finge di non avere mai saputo nulla, o, peggio, di avere ignorato, quello che avveniva nei campi di prigionia americani. Ma porta l'imperdonabile e fondamentale responsabilità di avere tenuto aperto e in funzione, ispezionandolo sorridente e di persona, il carcere simbolo dell´orrore Baathista, Abu Grahib. A questo punto della discesa, occorre più di un comunicato congiunto o di una ennesima, vaga risoluzione, per convincere il resto del mondo. Bush deve provare di avere capito che il prestigio dell'America, il suo ruolo di perno negli equilibri del mondo, stanno correndo a velocità di caduta terminale lungo il toboga iracheno.
La sostanza della "svolta", perché essa sia davvero «chiara» come proclamerà il premier italiano oggi a Roma, deve vedere un governo iracheno insediato con autentici poteri esecutivi, polizieschi e legislativi autonomi e autentici, e non soltanto come docile estensione del superbunker dove, dal primo luglio, si insedierà il controverso ambasciatore Negroponte già impiegato in Honduras negli anni delle torture e delle squadre della morte.
Deve stabilire scadenze nette per il ritiro delle unità ormai indelebilmente, o incolpevolmente, come le nostre, macchiate da 14 mesi di occupazione e rastrellamenti e prevedere la loro rotazione con forze di paesi non compromessi, truppe della «vecchia (e saggia)» Europa, dell'Asia non islamica, come gli indiani, di unità provenienti da nazioni arabe. Soprattutto sotto un comando internazionale unificato che sostituisca simbolicamente la bandiera a stelle e strisce invisa anche alla maggioranza degli iracheni moderati con quella blu dell´Onu. Quella condizione che Bush, prima delle elezioni, avrà molta difficoltà ad accettare, nel dogma di non mettere mai soldati americani sotto il comando di generali stranieri.
La "svolta" che Silvio Berlusconi sventolerà allo sbarco dall´aereo stamani è inevitabile, lodevole e forse inutile, perché l´ora è tarda e la discesa agli inferi è a uno stadio avanzato. Restituire credibilità e prestigio a quelle Nazioni Unite che sono state dileggiate e screditate nei mesi della «corsa alla guerra» e del tremendo «show» di Powell al Consiglio di Sicurezza, potrebbe essere improbo come rimettere il dentrificio dentro il tubetto. Ma qualcosa di importante è già stato ottenuto, come effetto collaterale positivo della follia irachena. Nessuno parla più di guerra preventiva e di esportazione della democrazia sulla punta delle baionette, per il futuro prevedibile. Non si cercano nuovi regimi canaglia da abbattere, ma scialuppe come questa, offerta dall´Onu, ammesso che sia in grado di galleggiare.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …