Marina Forti: India, le diversità al governo
Le prime pagine di ieri erano occupate da due notizie, in India. La prima è che il monsone è arrivato con qualche giorno di anticipo sul previsto sul Kerala, sulla punta sud-occidentale dell'India, da cui risalirà verso nord: dalle piogge monsoniche dipende gran parte dell'agricoltura indiana, dunque la buona o cattiva sorte di tre quarti della popolazione di questo paese di un miliardo di abitanti, e in ultima istanza la sorte della crescita economica del paese. La seconda notizia è che la coalizione guidata dal partito del Congress ha messo a punto il suo «programma minimo comune», e sembrano risolti anche gli accaniti negoziati su nomi e poltrone che avevano occupato le cronache degli ultimi tre giorni.
Il programma minimo comune contiene alcune linee di principio e indica gli obiettivi generali della coalizione (che si è chiamata Alleanza progressista unita, Upa). Si propone di garantire una crescita del 7 o 8 percento, di investire nel benessere della popolazione rurale e nell'agricoltura, e di prendere misure per «rivitalizzare la crescita industriale, e insieme di proteggere l'armonia sociale; promuovere e dare potere alle donne nella società; dare piena eguaglianza di opportunità nell'istruzione e nel lavoro ai dalit (i fuoricasta, o «intoccabili») tribali e in genere ai segmenti emarginati e minoranze religiose. L'occupazione, l'agricoltura e il welfare sono dunque le priorità. E così pure ricostruire un tessuto laico di civile convivenza. Il governo intende rivedere la legge di «prevenzione del terrorismo» approvata dopo l'11 settembre, dicendo che ha dato luogo ad «abusi», e vuole una legge sulle violenze intercomunitarie per garantire indagini e risarcimenti equi.
Il capitolo su cui molti aspettano al varco il nuovo governo è quello economico. Il programma dice che l'India «ha bisogno e può accogliere» investimenti diretti stranieri in misura due o tre volte superiore all'attuale, e rafforzerà le regolamentazioni per garantire trasparenza ed equità. Dice poi quanto il premnier incaricato Singh ha già anticipato: le privatizzazioni saranno selettive, non saranno privatizzate aziende sane nel settore degli idrocarburi, energia e acciaio (otto grandi aziende), mentre aziende inefficenti saranno vendute o chiuse «dopo che ai dipendenti sarà assicurato il dovuto». Da tempo l'industria chiede una legge che permetta di licenziare più facilmente: il programma comune esclude però i «licenziamenti automatici». Promette invece di espandere la protezione al lavoro «non organizzato», non garantito.