Giorgio Bocca: Il finto governo che spaccherà l'Iraq

08 Giugno 2004
C'è lo zampino del venditore di fumo Berlusconi nella proposta alle Nazioni Unite per una svolta nella situazione irachena: che tutto cambi perché non cambi niente? Il mondo intero trattato come lui sta trattando l'Italia, ma sicuramente meno arrendevole.
Si comincia con il nuovo governo iracheno: 26 ministri in rappresentanza delle sette religiose, delle minoranze etniche, dei gruppi tribali che Saddam Hussein tenne assieme con una ferocia di cui inorridì il mondo, difficilmente ripetibile nonostante le torture e i bombardamenti degli invitati a un matrimonio, in cui l'occupante americano si è esercitato.
In che cosa consiste un governo vero? Nell'esercizio della forza legale, non di un teorico impraticabile mandato popolare, ma della forza concreta di chi batte moneta, ha una economia, una politica estera, un esercito. Nessuna di queste funzioni è contemplata nel progetto del protettorato, nominalmente Onu, in pratica Usa. Le contraddizioni fra il dire e il fare non sono neppure nascoste. L'Iraq avrà un esercito, ma per anni, al minimo fino al 2008, il vero presidio del paese spetterà agli americani i quali, per bocca dei loro generali, dichiarano che non solo rimarrà della forza attuale, ma dovrà essere rinforzato da almeno 40 mila soldati.
È un progetto non immaginario che ha alle spalle storiche esperienze: le truppe americane rimaste di presidio in Europa dopo la Seconda guerra mondiale ci sono ancora, la difesa atomica della Germania, dell'Italia, del Mediterraneo è ancora in mani americane. E non teoricamente, in Sardegna a Perdasdefogu e alla Maddalena, nel Friuli ci sono basi americane in cui gli alleati non possono mettere il naso. Che la cosa sia stata accettata da noi dopo la sconfitta e dopo l'amichevole coesistenza della ricostruzione non toglie che sia quella che è: un protettorato. Noi lo accettiamo come il minore dei mali possibili, gli iracheni fino ad ora hanno dimostrato di non gradirlo. Non solo loro, ma tutti gli Stati asiatici, dall'Iran all'India fino alla Cina, sono di diversa opinione.
Insomma, il progetto Onu dell'America e dell'Inghilterra vincola la politica estera dell'Iraq a una progressiva penetrazione verso l'est i cui rischi sono enormi e spaventosi. La ricostruzione dell'Iraq, così come è stata impostata dalle grandi compagnie americane, ha due obiettivi: investire enormi capitali per le grandi opere delle aziende americane recuperabili con lo sfruttamento del petrolio. È già stato dichiarato sia dagli americani che dagli inglesi che la produzione e il commercio del petrolio resteranno sotto il loro controllo.
Silvio Berlusconi in questi grandi affari c'entra come il due di picche, ma l'impressione è che vi abbia prestato un po' della sua sicumera, della sua vanagloria. Nelle bozze della proposta all'Onu spira la sicumera di uno che, dopo avere devastato il suo paese, si presenta agli elettori dichiarando di avere compiuto miracoli.
La nostra impressione è che questa svolta renderà più difficile la stolta occupazione dell'Iraq. La creazione di un esercito e di una polizia irachene collaborazioniste spaccherà il paese in modo profondo. Se gli iracheni avessero voluto collaborare compattamente lo avrebbero potuto fare nel corso dell'anno. Non sono stati invogliati a farlo, ma non hanno mostrato di volerlo fare. Le milizie e la polizia collaborazioniste hanno spesso fatto causa comune con la resistenza. Con la svolta formale non sostanziale dell'Onu si entra in quel giro di illusioni e di inganni che segnò la fine del Terzo Reich e dell'Europa filo tedesca con le legioni della 'fedeltà e dell'onore' destinate a scomparire nella ostilità dei popoli.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …