Paolo Di Stefano: "Il mio esame? Tutta la vita è un esame"

18 Giugno 2004
Identikit di un ragazzo normale. Sul portone del Liceo Classico Berchet, Matteo tira un sospiro di sollievo. Tutto sommato è andata bene. La sua passione è la storia e la traccia sul Novecento sembrava fatta apposta per lui. Emozione? "Appena entrato a scuola, ma è stato un attimo". Potremmo definirlo un ragazzo come tanti. Non un secchione, non uno studente modello, diciamo "nella media", anzi lo dice lui. Uno e novanta, bruno, aspetto serio, un piercing sul sopracciglio sinistro ("Mi fa sentire più sicuro di me"), sorriso difficile, tifoso del Milan con una predilezione per Gattuso. Un ragazzo come tanti, Matteo Docci, 19 anni a settembre. "Come tanti miei compagni mi dedico al volontariato". Oratorio Quattro Evangelisti, zona Sud, Navigli. Aiuto catechista, educatore dall'anno prossimo, estate in Calabria con i bambini della diocesi di Locri. Parlategli di impegno sociale, di pratica religiosa, di fede, di ideali civili, ma non cercate di inquadrarlo sotto nessuna etichetta: "Preferisco analizzare i fatti per conto mio e crearmi un'opinione personale". Parlategli di globalizzazione e vi dirà: "Non sono un no global, però sono convinto che questo sistema crea squilibri pericolosi per noi e dannosi per chi li subisce. Non possiamo sfruttare gli altri senza pensare che prima o poi ci chiedano il conto e che possano rivendicare gli stessi diritti di cui godiamo noi". Una visione del mondo presa a prestito dalla famiglia: il padre putativo ("Quello naturale non lo vedo da tanto") vice presidente di una cooperativa laica che gestisce alloggi per i disabili mentali, e una madre segretaria. Niente di imposto, per carità: "Ho avuto un'educazione cattolica e nel momento della crisi adolescenziale, attraverso il volontariato e la solidarietà, ho sentito la presenza di Dio". Non parlategli di politica ufficiale, nonostante l'ammirazione per Bertinotti. Chiedetegli delle letture di piacere: fumetti, settimanali di moto, auto e divulgazione scientifica. Chiedetegli di quelle che aiutano a farsi un'opinione e accennerà ai "pochi quotidiani e riviste che propongono una pluralità di informazione, perché ormai l'informazione per lo più è manipolata". Gli autori preferiti? Nessun dubbio: Verga e Carlo Porta. I libri più amati? Nessun dubbio: i Vangeli ("Ogni riga è una miniera"). Poi due scoperte recenti: Il mondo nuovo di Huxley e 1984 di Orwell, perché "mi interessa approfondire il futuro come scenario politico". Chiedetegli del suo futuro e vi risponderà, con un raro sorriso, che dopo la maturità ha intenzione di iscriversi a Scienze della Formazione. Perché? "Semplice, per portare avanti il discorso dell'impegno sociale". Chiedetegli se nel suo futuro c'è anche la famiglia. Parlerà con prudenza: "Mi piacerebbe, ma prima ci vuole una base economica... e poi, vivere sotto lo stesso tetto è difficile, persino stare in tenda con gli amici per quindici giorni crea problemi". Prudenza è la parola chiave. Specie dopo la "delusione" di un rapporto sentimentale durato un anno e mezzo e "finito male per l'inesperienza di tutti e due". Prudenza e autocritica: "Ci lamentiamo degli adulti, ma noi giovani molto spesso siamo superficiali, ci fermiamo all'apparenza...". Prudenza, autocritica e realismo: "Se penso che ci sono molte persone che non hanno neanche un centesimo di quello che ho io... All'oratorio vedo tanti ragazzi cresciuti con me che si sono persi per strada, giovani che trafficano con la droga o bambini abbandonati dai genitori". Matteo sa di non poter chiedere troppo, in una famiglia di stipendiati. Per questo si accontenta della paghetta "per le strette necessità" e per il resto cerca di raggranellare qualcosa in proprio. Dando ripetizioni a un ragazzo di prima media. Dunque, ricapitoliamo: un pomeriggio alla settimana in oratorio, un altro per le lezioni private, due serate in palestra ("Ho lasciato il calcio e le arrampicate, ora per tenermi in forma faccio ginnastica"), qualche dopocena al pub con gli amici ("Francesco e Luca sono i miei confidenti, ma c'è anche il mio confessore"), il resto tra libri, musica (pop e ska, i preferiti si chiamano Sean Paul e Ska-p) e Internet. "Chattare no, ma mi piace navigare quando voglio approfondire qualche argomento, per curiosità, però senza esagerare". Discoteche quasi niente. Tv quasi niente, con qualche eccezione: ‟Zelig”, ‟Mai dire domenica” e le rubriche storiche ("Ultimamente ho visto un documentario su Matteotti: sapevo quasi tutto, ma alcuni retroscena mi erano sfuggiti"). I quiz li sopporta solo in casa della nonna. Non parlategli di talk show o di dibattiti politici: "Si vede subito che ognuno guarda solo al proprio interesse e che nessuno è pronto a sacrificare sé stesso o a mettersi sotto esame". Esame? "Esame. Io ho un carattere un po' strano, ho difficoltà con gli altri proprio perché mi metto sempre in discussione, sempre sotto esame". Identikit di un ragazzo normale. Sempre sotto esame.

Paolo Di Stefano

Paolo Di Stefano, nato ad Avola (Siracusa) nel 1956, giornalista e scrittore, già responsabile della pagina culturale del “Corriere della Sera”, dove attualmente è inviato speciale, ha lavorato anche per …