Lorenzo Cremonesi: K2, quei destini incrociati nel campo base
16 Luglio 2004
"Curiose le coincidenze". Il 10 giugno, sei giorni prima di partire come medico per la spedizione al K2, Leonardo Pagani fa una scoperta. "In un mucchio di vecchi libri ho ritrovato il diario di mio padre, a sua volta medico della spedizione di Ardito Desio nel 1954. È scritto fitto fitto a matita. Ancora non l'ho letto. Ma mi accompagna ogni giorno di questo mio viaggio", racconta nella tenda-mensa della spedizione "K2 2004, cinquant'anni dopo". Pagani padre e Pagani figlio, è una delle tante storie che intrecciano passato e presente in questa città di tende a 5.050 metri di altezza ai piedi della seconda cima della Terra. Ci trovi i nipoti di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, i due salitori nel 1954. Lo stesso capo spedizione, Agostino Da Polenza, è cugino in secondo grado di Walter Bonatti. E a visitare per la sedicesima volta queste montagne è arrivato anche Kurt Diemberger. Figura mitica per generazioni di alpinisti sin dai primi Anni '50. Leonardo ha 41 anni, suo padre Guido ne aveva 36 quando partì per la grande avventura. "Salendo lungo il ghiaccio del Baltoro ho incontrato una località che mi ricorda il mio mondo di bambino. È Urdukas, l'ultima oasi di verde prima del deserto di ghiaccio e roccia. Mio padre me ne parlava come di un sogno. Oggi il governo pakistano ci ha installato toilette e docce", racconta. "Siamo attrezzati per far fronte ai sintomi tradizionali del mal di montagna, di edemi cerebrali e polmonari. Posso anche fare piccole operazioni chirurgiche. Purtroppo una parte delle medicine e degli attrezzi è andata perduta due settimana fa, quando cinque portatori sono annegati attraversando un fiume nella parte bassa nell'avvicinamento al campo-base". Fino ad oggi l’unico caso grave è stato quello di un portatore pakistano, colto da congelamento con cancrena gassosa a un dito, fermata in tempo. Ora lui vorrebbe salire. "Mio padre trascorse una ventina di giorni ai campi alti. Si spinse sino ai 7.700 metri sullo Sperone degli Abruzzi", ricorda. Ma non dipende da lui. Qui i movimenti degli alpinisti sono decisi da Agostino Da Polenza. Lo chiamano "il figlio adottivo di Ardito Desio". E lui non si tira indietro. "Desio fu un grande organizzatore. Certo era figlio dei suoi tempi, dell'Italia appena uscita dal fascismo. Ma senza di lui sul K2 nessun italiano avrebbe mai messo piede a quel tempo. Desio era un politico, oltre che un uomo di scienza. Nel 1953 De Gasperi lo avvisò che il governo pakistano era pronto a concedere il visto. Se non ci fossero state le sue conoscenze, l'occasione sarebbe stata perduta. E nel 1983 fu ancora Desio a dirmi che l'allora presidente cinese Deng Xiao Ping era disposto a garantirci l'accesso al K2 dal versante Nord: avevo 28 anni. Fu la mia impresa più bella", dice. Ai suoi ordini si muovono 19 alpinisti sulla "via normale" che segue quella italiana sullo Sperone degli Abruzzi. Altri 9 sono già sulla cresta che sale dal versante Nord. Con lui porta sempre la radiolina in contatto con chi sta in alto. Mentre parliamo chiama Nadia Tiraboschi dal secondo campo a 6.650 metri sulla Sud. "So che Nadia vorrebbe scendere. Forse è stanca. C'è brutto tempo e un mucchio di neve alta. Ma penso debba salire sino al terzo campo a 7.350 metri. Nelle prossime ore vorremmo spostarlo oltre i 7.500 e c'è bisogno di lei", spiega Agostino. Le piccole polemiche non mancano. Ci sono oltre 100 alpinisti al campo-base (di cui almeno 50 italiani) vi vivono una decina di spedizioni tra cui tre commerciali, una delle quali organizzata per gli Scoiattoli di Cortina. "L'altro giorno ci sono venuti a chiedere un pagamento per l'uso delle corde fisse poste sullo Sperone da chi era partito prima di noi. Gli ho risposto che non esiste proprio", dice Agostino. Ma l'incognita maggiore resta il brutto tempo. "In genere si apre una finestra di bel tempo nella seconda metà di luglio. Nel '54 si poteva restare in alto perché la filosofia della salita era diversa. Tanti campi uno vicino all'altro e lunghi tempi di permanenza in quota. Oggi si cerca di restare in quota per poco e i campi di tende sono molto più distanziati". È la filosofia della velocità. Esasperata da Silvio Mondinelli, 46 anni, detto "Gnaro", che in dialetto bresciano significa bambino. Alto, fisico asciutto, abbronzato, vorrebbe battere il record di salita. Dal 1986 appartiene al francese Benoit Chamoux, che in 23 ore salì dai 5.300 metri della base dello Sperone agli 8.617 della vetta. "Ci provo. Ma sono pronto a rallentare o fermarmi se le condizioni si facessero troppo difficili", dice. Originario della Val Trompia, due figli, fa il finanziere ad Alagna. Qui si allena quasi ogni giorno sul Monte Rosa. "Il mio record personale è la salita dai 3.200 metri di punta Indren ai 4.600 della Capanna Margherita è di un'ora e un quarto". Ad ascoltarlo alla tavola degli italiani c'è Kurt Diemberger, 72 anni, originario di Salisburgo, bolognese di adozione. Scuote la testa il vecchio Kurt. "Troppo facile. Questo non è alpinismo. Corrono sulle vie già fatte. Quando basterebbe cambiare versante e trovare vie vergini, la solitudine e l'avventura perfetta". È l'unico alpinista vivente ad avere salito per primo due dei quattordici 8 mila della Terra. E qui Kurt ci perse la compagna Julie Tullis. Era il 1986. Con July morirono altri 13 alpinisti. Un memento nonostante le corde fisse e i nuovi materiali: il K2 resta una brutta bestia.
Lorenzo Cremonesi
Lorenzo Cremonesi (Milano, 1957), giornalista, segue dagli anni settanta le vicende mediorientali. Dal 1984 collaboratore e corrispondente da Gerusalemme del “Corriere della Sera”, a partire dal 1991 ha avuto modo …