Giorgio Bocca: Tutte le partite del politico alieno

19 Luglio 2004
Ho conosciuto Umberto Bossi un mattino dell'aprile '93 nella sede della Lega a Milano, in via Arbe. Nell'anticamera del suo ufficio c' erano i giornalisti di "Time" ancora sbalorditi dal Bossi che per riceverli si era messo un abito nuovo color nocciola e una cravatta a fiori. Umberto era decisamente soddisfatto e a ragione. Solo sei anni prima friggeva le patate nelle feste di paese e andava ad attaccar manifesti di notte con una sbarra di ferro a portata di mano. "Guarda, dissi a quello che mi voleva far smettere, che ti apro dalla punta dei capelli ai piedi. Non scherzavamo allora". Di Bossi non si è mai capito bene quando parla sul serio e quando per scherzo, ma per lui è la stessa cosa fin che funziona. Quella volta in via Arbe attaccò alla grande: "Perché vedi come diceva Kant le teorie idealistiche hanno il difetto di non essere scientifiche". Cercai di bloccarlo: "Umberto, è vero che nei primi anni ti facevi i tuoi centomila chilometri l'anno in auto?". "Anche i centocinquanta, i duecento". "Ma per fare che?". Sorrise: "Per spargere il nostro veleno silenzioso, il nostro giornale, Autonomia lombarda". "Ma non si chiamava Nord Ovest?". "Quello era il sottotitolo. Su mille copie che distribuivamo rispondevano in due, in tre. Allora passammo ai manifestini e lì devi metterci ben chiaro il telefono della sede regionale". "Mi hanno detto che il numero era quello di casa tua". "Beh, allora eravamo tre o quattro e io non ero ancora convinto, volevo fare il lavoro di elettromedico. Ero entrato nell'équipe del professor Zuffi di Pavia quello dei trapianti di cuore. Ti ripeto che non volevo entrare in politica, venivo da una gioventù balorda ma quando tu hai capito una cosa, ne sei certo, come fai ad abbandonarla?". Più che una gioventù balorda era una gioventù avventurosa, la madre si lamentava con i vicini che l'Umberto "dorme invece che andar a lavorare". Ma dormiva perché aveva passato la notte a far politica dietro quella sua idea fissa: "La politica è fatta di automatismi: se hai i soldi comperi i consensi, se hai i consensi vinci le elezioni e ottieni il potere, se hai il potere trovi altro denaro. Loro credevano che fossero degli automatismi sicuri, infallibili e invece è bastato metter un bastone in quell'ingranaggio per farlo saltare. Non si sono accorti di noi negli anni in cui potevano schiacciarci ma noi eravamo come gli indiani che tirano le frecce e spariscono o come alieni, gente di un altro pianeta, non capivano il nostro linguaggio, proprio non capivano chi potessero essere questi provinciali che non si occupavano della lotta di classe ma del dialetto e della tradizione". I primi ad accorgersi dei leghisti furono i preti che mandarono quelli di Comunione e Liberazione per "impacchettarli" come dice Bossi, ma l'Umberto è un furbo, accoglie da amico un industrialotto di Cl di quelli "tutto casa, chiesa e carnevale di Rio" che gli trova una sede a buon mercato e convinto di averlo giocato va in giro per Monza a dire che il vero segretario della Lega è lui. È lì che Bossi inventa il doppio tesseramento, quello per i compagni di strada di cui non fidarsi e quello per i veri leghisti. Cercai nuovamente di bloccarlo: "Sai che cosa mi colpisce in te, Bossi? La tua sicumera, questo tuo modo nasuto, occhialuto, arruffato di affrontare i misteri e gli inganni del mondo. E credi di essere seguito da questi italiani che votano Lega che potrebbero portarti al governo del paese. Non ne sei spaventato?". "No, nessuno spavento. Noi abbiamo la fortuna di essere pirati e i pirati vincono perché sono capaci di decisioni rapide. Io sono un democratico realista. No, non ho paura di governare. Mi sono convinto che la gente sa che cosa le abbiamo dato, senza di noi saremmo ancora al CAF, a Craxi Andreotti Forlani". Dicono che Bossi dietro le sue maniere bizzarre di autodidatta e di demagogo sia un autentico uomo politico, e ora che sta sulla soglia del governo, incerto se restare o andarsene, si prepara all'ennesima astuzia: trasformare la sua malattia in un'occasione di smarcamento politico. è uno che negli anni di fondazione della Lega ha intuito che si era formato in Lombardia e nell'Italia del Nord un nuovo protagonista sociale, una piccola borghesia che si era lasciata alle spalle il proletariato, che si era arricchita e voleva contare anche politicamente. È difficile dire quante manifestazioni pacchiane o balorde del leghismo siano dovute a Bossi e quante a questo ceto sociale emergente privo di cultura, di gusto e orgoglioso di esserlo. Certo Bossi era ed è ancora uno dei loro, lo sanno tutti coloro che sono saltati sul carro della Lega solo per avere successo, tutte le volte che si sono scontrati con il senatur la base si è schierata dietro di lui. Il gruppo dirigente della Lega faceva politica in modo sconosciuto in Italia. All'organizzazione pesante, costosa dei partiti opponeva la sua agile, leggera: il bar di un paese diventava una sede del movimento, i fax sostituivano i collegamenti fissi, costosi, il controllo del movimento restava affidato a un piccolo gruppo di fedelissimi, i convegni del movimento non hanno mai avuto una funzione di progettazione e di guida che restava nelle mani di Bossi e dei suoi stretti collaboratori. In occasione dell'ultimo successo elettorale Bossi ha dichiarato "la Lega è indistruttibile". In parte è vero. Finché il glocal, cioè la convivenza del globale con il locale resterà una delle giunture delicate e contraddittorie della società moderna, movimenti come la Lega troveranno ragione di esistere. Si aggiunga che la disunità d'Italia non è un'invenzione letteraria o sociologica ma un dato di fatto che non ha paragoni nel resto d'Europa, persino nell'Europa mediterranea. La soluzione di questa disunità ideata dalla borghesia liberale di cooptare gli interessi mafiosi a fini nazionali, di accettare a Roma come notabili politici gli stessi che a Palermo sono vicini alla Onorata società, a cui ricorrere prima del voto con promesse di privilegi e di impunità ha impedito al nostro Stato di essere uno Stato di diritto, ha impedito nelle grandi regioni meridionali di stabilire rapporti sociali ed economici moderni, relativamente trasparenti, non coperti perennemente dalle doppie morali, dalla doppia appartenenza al legale e all'illegale. La storia politica del Sud procede immutabile: e in questo la Lega ha uno strumento di continuità davvero formidabile.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …