Gianfranco Bettin: Italia nostra

23 Luglio 2004
Nel modo più infame, si è conclusa la vicenda della Cap Anamur, con il rimpatrio violento dei suoi malcapitati passeggeri (ma dov'è davvero la loro patria?) deciso dal «moderato Pisanu». Che questa volta - ma come altre volte in verità - si è dimostrato più smaliziato conoscitore dei meccanismi della repressione concreta e della speculazione emotivo-elettorale di tanti suoi colleghi apparentemente più esagitati. Pisanu ha lasciato cuocere prima in mare e poi nel forno dei Cpt di Caltanisseta e di Ponte Galeria i profughi e chi esprimeva loro solidarietà (a cominciare dagli straordinari giovani e militanti della rete siciliana contro il razzismo, il Laboratorio Z di Palermo, l'Arci nissena e gli altri, e dagli stessi amministratori locali che sono stati al loro fianco). Infine ha agito drasticamente, dopo aver verificato che una vera e propria mobilitazione civile stentava a prodursi davvero (il caldo, la stagione, altre priorità, altri impegni: tutto quello che si vuole, ma il risultato è stato questo, come troppo spesso in verità avviene in Italia quando ci si deve mobilitare sull'immigrazione). Intorno al caso della Cap Anamur è andata in effetti in scena la versione della politica europea sull'immigrazione che rischiamo di vedere durevolmente in azione nei prossimi anni. Un mix di generale indifferenza ai diritti umani, di pelose solidarietà «compassionevoli» e limitate, di inganni, di sostanziale durezza e di ricerca dell'effettaccio nelle dichiarazioni. I due milioni pronti a invadere l'Italia dalla Libia esistono solo nei calcoli demagogici del governo, ovviamente. Ma intanto basta evocarli - e confidare nella grancassa dei media - per coprire la crudeltà e l'illegittimità del provvedimento contro i passeggeri della Cap Anamur, culmine di un numero infinito di illegalità commesse a loro danno in questi giorni. Giorni nei quali, davvero, Pian del Lago, il Cpt di Caltanissetta, è stato una specie di piccola Guantanamo europea, con la sospensione dei diritti primari, a cominciare dal pieno esercizio del diritto di difesa e dalla violazione delle libertà personali.
Proprio nel momento in cui la legge Bossi-Fini veniva colpita al cuore dalla Consulta, la costituzione materiale del diritto sull'immigrazione continuava a venir prodotta dai comportamenti pratici degli organi di governo reale. L'arbitrio, la volontà di lucrare politicamente sulla vicenda hanno fatto dei passeggeri della Cap Anamur degli ostaggi senza diritti in mano a politicanti che ne giostravano le sorti tenendo conto da un lato di opportunità tattiche (ad esempio, dare contentini alla Lega di Bossi: uno dei promotori del nuovo «razzismo italiano»,come ha giustamente ricordato Edmondo Berselli su ‟la Repubblica”) e dall'altro lato di esigenze strategiche, cioè mantenere il pieno controllo sulla forza lavoro extracomunitaria, produrne la strutturale precarietà e inermità al fine di creare un immenso esercito industriale (e post-industriale) nemmeno più «di riserva» bensì direttamente al lavoro ma in condizioni totalmente non garantite. Questo è il fine pratico delle norme e delle politiche attuali sull'immigrazione. Inevitabile che servano delle Guantanamo anche in Europa, magari «all'italiana» cioè cialtronesche e infide. Non mancano i candidati gestori. Manca, piuttosto, un'opinione pubblica, una grande forza civile, culturale, politica capace di indignarsi e ribellarsi.
Capace di capire che sulla Cap Anamur viaggia o naufraga il futuro del diritto e delle libertà d'Europa.

Gianfranco Bettin

Gianfranco Bettin è autore di diversi romanzi e saggi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, Sarajevo, Maybe (1994), L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero (1992; 2007), Nemmeno il destino (1997; 2004, da cui è …