Gabriele Romagnoli: Olimpiadi. L'importante è finire

02 Settembre 2004
L'importante è finire, ma si congegnano cerimonie di chiusura troppo complesse e cariche, questo è paradossale, di aspettative. Nel 448 a.C. il pugile Diagora, medaglia d'oro sedici anni prima, ebbe l'onore di vedere campioni entrambi i suoi figli. Incoronati, lo sollevarono sulle spalle. Dalla folla gridarono: "Diagora, non sarai mai più felice di così, puoi anche andare in paradiso". Con un sorriso, quello spirò. Forse altri sedici anni senza trionfi sarebbero stati preferibili e anche sullo splendore del paradiso non c'è un profeta che sia stato convincente (pure le settantadue vergini, perché dovrebbero cambiare idea appena bussa un terrorista?). I riti finali sono inevitabilmente di morte e noi, benchè ce lo rinfaccino con disprezzo, fieramente amiamo la vita. La sigaretta olimpica si spegne in una cenere di metafore e richiami a un presente che viviamo male per colpa nostra e non del cielo. Perfino quel voltagabbana di Pellegrino il cinico volle chiudere alla grande, sotto le insegne del Sacrificio e degli Dei. In una notte di luna dell'anno 165 d.C. fece accendere una pira e, in abiti da mendicante, camminò verso il fuoco davanti a una folla in parte incredula, in parte eccitata. Al grido: "Dei delle fiamme, siate gentili con me!" si immolò. Lo scrittore Luciano assistè impassibile al suicidio, alla stupidità che lo precedette e a quella che lo seguì, allo spettacolo degli umani che si autoincensano e si autoincendiano. Serafico commentò: "Che cosa posso dirvi? A me viene da ridere".

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …