Alessandra Arachi: La moglie di Baldoni: in nome di Enzo faremo camminare Mohamed

06 Settembre 2004
"Quella foto. Quel sorriso. È il sorriso di quando Enzo è felice, in sintonia col mondo". Non riesce a usare il passato Giusi Bonsignore. Guarda la foto di Enzo Baldoni, suo marito, con in mano i piedi spaiati del giovane Mohamed e anche i suoi occhi ridono, per un istante. "Enzo era rimasto in Iraq per lui, sarebbe tornato altrimenti. Si era slogato una spalla e mi aveva telefonato: ‘Giusi, sto tornando. Devo solo fare una piccola cosa prima’". Una piccola cosa: accompagnare in un ospedale di Emergency Mohamed, un giovane iracheno che aveva perso le gambe per via di una bomba. A lui un'associazione umanitaria aveva dato le protesi, due piedi, quelle che avevano: un 37 e un 38. I piedi spaiati, appunto. "Adesso è inutile guardarsi indietro. La verità è che non sappiamo che cos'è successo a Enzo. E purtroppo credo che non lo sapremo mai. Non davvero, perlomeno". Ha gli occhi asciutti di chi forse non riesce a trovare lacrime Giusi Bonsignore. Vicino a lei i suoi due figli Gabriella e Guido si impegnano a indossare i loro sorrisi più sereni. "È quello che avrebbe voluto il mio babbo", sussurra Gabriella, che ha 24 anni e lavora nelle scuole di Milano per favorire la fusione delle culture. "Avrebbe voluto che ci impegnassimo per trovare il risvolto positivo di tutta questa brutta storia. Lui era fatto così. A noi ha insegnato questo". Vicino Giusi annuisce. Anche lei vuol trovare la forza di andare avanti. "Prima, però, volevamo capire. Per questo abbiamo voluto incontrare i responsabili della Croce Rossa: un incontro intenso, li ho sentiti molto vicino in questo periodo. So che la Croce Rossa per Enzo ha fatto tutto quello che poteva. C'erano Maurizio Scelli e Giuseppe De Santis. Il mio amico Beppe, il mio istruttore negli anni di volontariato nella Croce Rossa a Milano. Volevamo sapere. Abbiamo ricostruito passo dopo passo quel viaggio di Enzo con il convoglio". Ma dubbi ne restano molti. "E credo che resteranno. In tanti, per esempio, hanno dubbi su Ghareeb, l'autista di Enzo. Io non so dire di lui più di tanto. Sono certa che Enzo si fidava di lui, ma come lo abbia conosciuto non lo so. Ma alla fine che senso hanno i dubbi su Ghareeb? Anche lui è stato trucidato. E da come è morto mi viene da pensare che abbia addirittura tentato di far scudo con il suo corpo per Enzo". C'è un silenzio irreale in questo agriturismo qui a Preci dove s'è riunita tutta la famiglia. "Stare insieme ci fa bene", stringe tra le mani alcune buste Giusi, lettere di amici e di sconosciuti. "Tante persone che amano Enzo. Che hanno amato Enzo", si corregge ora. E sospira. Enzo sarebbe tornato a casa se non fosse stato per Mohamed: ma non avrebbe voluto andare a intervistare Al Sadr, il leader degli sciiti? Giusi socchiude gli occhi: "Credo che l'intervista ad Al Sadr fosse più un gioco con Pino Scaccia, il suo collega. Certo, non ho dubbi: se l'avesse incontrato, non avrebbe esitato a fargli un'intervista. Come qualsiasi giornalista in Iraq. Ma lui davvero mi aveva detto che sarebbe tornato a casa dopo aver accompagnato Mohamed". Ad Al Sadr ora si pensa proprio per via di Ghareeb, l'autista: sembra fosse un fedelissimo del leader sciita. "E magari lo era. Di certo aveva molti contatti in Iraq: Enzo non avrebbe preso uno sprovveduto per girare. Ma sono certa: se Enzo fosse voluto andare a intervistare Al Sadr, me l'avrebbe detto". Anche Gabriella e Guido annuiscono. Sta arrivando il buio in questo casale di Preci, un'altra lunga notte per Giusi per scacciare fantasmi. "Ma lo troveremo il modo per andare avanti. Lo troveremo nelle piccole cose". In una piccola cosa: ridare le gambe e i piedi a Mohamed. "È certamente la prima cosa che faremo. Che Enzo avrebbe voluto che noi facessimo".

Alessandra Arachi

Alessandra Arachi, nata a Roma nel 1964, giornalista al “Corriere della Sera”, con Feltrinelli ha pubblicato: Briciole. Storia di un’anoressia (1994), da cui è stato tratto l’omonimo film per tv con la …