Marina Forti: I veleni (chimici) del Kosovo

06 Settembre 2004
Dardhishte, villaggio ad appena 7 chilometri a nord-ovest di Pristina, in Kosovo, ha perso il 40% della sua popolazione dal 1999, l'anno della guerra. Il motivo dell'esodo però, almeno in questo caso, non sono faide etniche: a far fuggire gli abitanti di Dardhishte è Kosova A, con le sue ciminiere di cemento che dominano il villaggio: camini alti 70 metri che ruttano nuvole di fumo denso e giallastro. Kosova A è una delle due centrali elettriche dell'Azienda energetica del Kosovo (Kek), e brucia carbone. Un reportage pubblicato ieri dall'Institute for War and Peace Reporting (www.iwpr.net) descrive un villaggio dalle vie deserte, i tetti coperti da spessi strati di polvere rosso scuro, gli abitanti demoralizzati: si considera fortunata la famiglia in cui nessuno ancora è morto o malato di cancro. Difficile dar loro torto. Un rapporto pubblicato nel maggio del 2003 dal ministero dell'ambiente del Kosovo dice che Kosova A emette 2,5 tonnelate di polveri all'ora, 74 volte più della soglia considerata amissibile dalle norme dell'Unione europea. Lo stesso rapporto conclude che nella zona di Obiliq-Kastriot, dove si trova la centrale a carbone, l'inquinamento dell'aria è responsabile del 63% delle morti infantili e del 48% dei casi di nati-morti. Le polveri sparate da quelle ciminiere contengono composti di piombo, anidride solforosa e altre particelle assai tossiche che vanno a contaminare l'aria ma anche il terreno e le acque. Nelle acque di scarico dai depositi di ceneri si ritrovano fenoli, composti chimici responsabili di diversi tipi di tumori e di disordini neurologici nei neonati. Questi scarichi vanno a finire nei corsi d'acqua che attraversano il villaggio, penetrano nei terreni, sono portati dalle piogge, vanno a inquinare i pozzi da cui gli abitanti traggono l'acqua da bere. Non esistono misurazioni precise dell'inquinamento provocato dalla centrale di Kosova A: "Quando vediamo il colore delle acque scaricate da quella centrale sappiamo perfettamente che contengono materiali tossici: ma non abbiamo le strumentazioni per misurarli", si lamenta un dirigente di Inkos, l'istituto di misurazioni ambientali del ministero dell'ambiente. E però le polveri, il colore delle acque di scarico, e l'incidenza dei tumori parlano da sé: chi può ha lasciato Dardhishte. Sono rimasti coloro che non saprebbero dove andare, o non sono riusciti a vendere casa: chi comprerebbe case e terre laggiù? E non solo gli abitanti di Dardhishte dovrebbero preoccuparsi: le polveri, portate dal vento, investono la stessa Pristina.
Una centrale a carbone non è mai un buon vicino di casa, ma il problema di Kosova A (e della sorella Kosova B) è che la manutenzione degli impianti è scarsa. A Kosova A, in particolare, sono installati dei vecchi filtri di fabbricazione sovietica che funzionano solo a metà. Non solo: il reportage del'Iwpr cita dei tecnici della centrale per dire che spesso i filtri vengono semplicemente disattivati. Per la pigrizia degli addetti dei turni di notte, spiega qualcuno, così non c'è bisogno di andarli a ripulire. Altri spiegano che i filtri riducono la capacità di produzione della centrale, così vengono disattivati di notte - quando nessuno vede cosa esce dalle ciminiere. L'istituto Inkos ha ispettori nella centrale solo di giorno, così non sa confermare la storia dei filtri rimossi la notte. Un portavoce della Kek cade dalle nuvole, se fosse vero che gli addetto rimuovono i filtri sarebbe ingiustificabile. Lui aggiunge che l'azienda è consapevole dell'inquinamento provocato: è questione di soldi, l'azienda non si può permetere l'acquisto di nuovi filtri - ma non si può permettere neppure di spegnere la centrale A, il Kosovo è già in deficit energetico.
Energia elettrica o salute umana? Zeqir Veseli, un consulente del ministero dell'ambiente di Pristina, interrogato dal reporter del Iwpr si dice pessimista: sappiamo che ogni dipendente di quella centrale ha qualche malattia delle vie respiratorie ma non possiamo chiedere alla Kek di fermare le turbine. È questione di soldi, dice: mancano le insfrastrutture legali e le capacità tecnologiche per ripulire quelle centrali, e soprattutto mancano i fondi per farlo.

Marina Forti

Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …