Boris Biancheri: I terroristi vogliono dividerci

07 Settembre 2004
La tragedia di Beslan ha prodotto infinite dichiarazioni di statisti, politici e intellettuali in cui ciascuno ha cercato di esprimere orrore e solidarietà in modo sincero e convincente. Ma dietro a queste dichiarazioni si vedono differenze profonde che contraddicono la determinazione, che tutti invece proclamano, di unità nella lotta al terrorismo. Anche dimenticando le improvvide parole del ministro olandese che, o per madornale errore o per madornale insipienza, ha chiesto a Putin "spiegazioni", è facile distinguere nel mondo occidentale due aree. L'una accorpa buona parte della sinistra, l'umanitarismo senza frontiere e il cattolicesimo militante - cioè, semplificando, l'area di coloro che vogliono cambiare il mondo - che vuole sempre e comunque il dialogo. L'altra accorpa i cosiddetti moderati - cioè coloro che si accontentano del mondo che c'è ma non vogliono almeno che peggiori - che chiede la forza. Intanto, creando questo solco, i terroristi ottengono notevoli risultati politici. Tra Russia e Unione Europea corrono parole grosse, tra America ed Europa si accrescono le distanze, Chirac tratta con i rapitori e litiga con il governo iracheno, Putin, per mobilitare il suo Paese usa termini di stampo zarista. E se, come sembra essere la tattica terroristica oggi, ogni nuovo attacco supererà o in crudeltà o in dimensioni quello precedente, è certo che queste fratture si approfondiranno. Uno dei problemi che stanno alla radice della nostra incapacità di realizzare una strategia comune è che si parla in modo indifferenziato di terrorismo, che è uno strumento di lotta politica (come l'arma atomica era uno strumento di guerra) ma che viene poi assimilato alle finalità politiche che persegue; ed è su queste finalità politiche che il giudizio non è unanime. Non per niente, malgrado infinite riunioni internazionali, non c'è una definizione di terrorismo accettata da tutti. Storicamente, il terrorismo nasce da due grandi filoni: quello della liberazione nazionale e quello della lotta di classe. Ad essi si è aggiunto ora un altro filone, di portata planetaria e anch'esso di carattere eversivo, quello della distruzione dell'Occidente e dei suoi valori, che ha una funzione di stimolo sugli altri. La presenza di queste diverse motivazioni è molto chiara nella situazione irachena, dove il senso di emarginazione, l'opposizione all'occupazione straniera e il radicalismo islamico agiscono separatamente ma sempre attraverso il terrorismo. Credo personalmente che, così come l'indipendenza cecena ha dato risultati disastrosi durante la sua breve vita post-sovietica sotto il profilo della criminalità comune, così darebbe oggi risultati anche peggiori con uno Stato islamico militante piantato nel mezzo del Caucaso e a fianco dell'Europa. Ma non è per questo che dobbiamo solidarizzare con la Russia. Dobbiamo farlo perché per ragioni etiche dobbiamo combattere ogni forma di terrorismo, quale che ne sia la finalità, rifiutando sempre il dialogo con chi ne fa o ne ha fatto uso e non vi rinunci definitivamente. Altrimenti non perderemo solo la guerra al terrorismo ma, fra distinzioni e ecumenismi, divideremo ancor più ciò che resta dell'Occidente.

Boris Biancheri

Boris Biancheri (1930-2011) è nato in Italia da padre ligure e da madre di origine russa. Ha girato il mondo e ha trascorso parte della vita in Grecia, Francia, Giappone, …