Un film sulla vita di Carlo Urbani. Parla la moglie: "Mio marito medico di pace, non eroe"
Se le case raccontano qualcosa di chi le abita, la villetta dove vive Giuliana Urbani con i tre figli Tommaso, Luca e la piccola Maddalena, ispira un senso di serenità. Stoffe etniche alle pareti, mobili laccati, un angolo di Vietnam nel cuore delle Marche. Nel 2000 si erano trasferiti con Carlo ad Hanoi "una casa che abbiamo amato, Tommaso e Luca andavano alla scuola francese, si erano fatti dei nuovi amici", e lui, il medico del mondo, aveva continuato le sue missioni in Cina, Laos, Cambogia e Filippine. Le foto alle pareti, nelle cornici d´argento, scandiscono le tappe di una famiglia come tante. Ma la famiglia Urbani non è una famiglia come tante: lo dimostrano le testimonianze d´amore che continuano ad arrivare via mail, i premi e gli incontri intitolati a lui, le lettere. "Tengo i contatti con tutti, qui la porta è sempre aperta" racconta Giuliana "arrivano persone da ogni parte del mondo. Sono gli amici di Carlo, medici che hanno condiviso la sua passione civile. Chiunque arrivi in Italia passa a Castelplanio a trovarci. Carlo era un pacifista, s´interessava a quello che accade nel mondo, si emozionava per i colori di un tramonto, faceva foto bellissime, era anche un gran cuoco. Certe volte mi faceva quasi rabbia, riusciva a fare tutto con naturalezza. Se avevano bisogno di lui non si voltava dall´altra parte: diceva sempre che un morto afghano non valeva meno di un morto americano".
La signora Scaglione sorride: "Carlo era un entusiasta, un trascinatore. I suoi amici dicevano che era pericoloso’. Dopo cinque minuti che parlava della mancanza di medicine, che si arrabbiava perché i bambini morivano di diarrea ‟basterebbe una pillola, capite?”, aveva già convinto dieci persone a partire per l´Africa. Era un gran figlio. Ha educato’ anche noi, ha coinvolto i fratelli: le idee nascevano parlando a tavola. È sempre stato così". "Per questo" le fa eco Giuliana "ci siamo convinte che era importante far conoscere il suo esempio, perché l´altruismo è contagioso, vedere una persona che non si arrende ti fa venire voglia di fare. La sua testimonianza è patrimonio di tutti. E in un momento come questo, è bello invitare i giovani a non rinunciare ai propri sogni. Carlo era un cattolico impegnato nel sociale, ha dedicato la vita ai più poveri: la medicina dovrebbe essere un bene di tutti, no? Diceva: Mi faccio solo gli affari degli altri’. È la frase che lo definisce meglio. È morto sereno. Lo ripeteva: Ho fatto dei miei sogni la mia vita e il mio lavoro’. Sono stata felice con lui".
Anche oggi in casa Urbani si segue con ansia la situazione in Iraq: "I terroristi hanno superato ogni limite, gli iracheni sono grati ai volontari per il lavoro che svolgono" dice Giuliana "Se le Ong abbandonano il paese per la popolazione è finita. La presenza sul campo, Carlo insegna, è fondamentale".