Giorgio Bocca: La paura di vincere

15 Settembre 2004
Più che un sospetto sembra una certezza: il centrosinistra vuole perdere le elezioni, confermare Berlusconi e il suo malgoverno, rinunciare alla sfida per la salvezza della democrazia dalla deriva neoconservatrice, ripulire l'Italia dai quaqquaraquà della nuova destra, dai Bondi, dai Cicchitto, dai La Russa. è ancora storicamente lecito sospettare una voglia di perdere. C'era stato un miracolo nella storia politica italiana: dopo i decenni della "necessità" democristiana, della conventio ad excludendum dei comunisti, del veto americano a ogni ingresso dei comunisti al governo, miracolosamente, quasi forzando una rassegnazione congenita, era spuntato un governo Prodi. Ed ecco che mancandogli un voto per sopravvivere un genio della sinistra rivoluzionaria glielo ha fatto mancare. Sospetto o certezza di un destino perdente? Sconfitta con le sue mani questa sinistra dà il via a una faticosa opera di ricostruzione e di trasformazione e trova, bello e fatto, l'uomo "fatale", il capo carismatico, il mandato dal Signore, il segretario del più grande sindacato italiano, il simpatico, popolare compagno Cofferati che ha diretto il più grande sciopero generale della nostra storia, portato in piazza milioni di italiani, creato anche fra i non comunisti un seguito enorme. E che fa? Lo acclama segretario del partito, capo ideale della alleanza di sinistra? No, lo sega, lo manda in provincia, lo obbliga a diventare sindaco di Bologna per battere un macellaio di nome Guazzaloca. Passano i mesi, gli anni, Berlusconi si distrugge con le sue mani, con le sue demagogie, con i suoi conflitti d'interesse, la gente non ne può più delle sue carnevalate, delle sue finte promesse, della compagnia di giro che lo segue, la gente comune, i democratici tout court, non gli perdonano di aver sdoganato i neofascisti, d'aver ridato fiato alla sottocultura reazionaria alla sua stampa gialla, ai cialtroni e ai profittatori. C'è una ripresa dell'opposizione, l'Ulivo rinasce con foglie e frutti spontanei, l'unità dei suoi rappresentanti, delle sue correnti più che d'obbligo è una questione di normalissimo buonsenso ma subito ripartono le divisioni, le gelosie, le antipatie, ultima quella fra Prodi e Rutelli oggi arrivata a un confronto assai poco persuasivo "i chiarimenti non sono mai definitivi, ma sono un passo avanti serio e lunedì convocheremo la federazione in modo di cominciare dai punti concreti". Lo ha detto Prodi al termine d'un incontro di due ore e mezza con i vertici della Margherita. Più che un sospetto sembra una certezza: sembra che la sinistra, l'opposizione democratica da noi e nel mondo abbiano paura di vincere e di mettersi sulle spalle dei fardelli pesantissimi: il mondo è ingovernabile, il capitalismo globale fallito, ha aumentato il numero dei ricchi ma non ha risolto i problemi dei poveri e la sua scelta militarista, il suo resistere vendendo la paura più che un progetto fattibile, è una cieca avventura. Ma si direbbe che i politici della sinistra preferiscano lasciare alla destra la gestione del presente e del prossimo futuro, la svendita della democrazia, i rischi di una guerra mondiale e aspettare un avvenire che forse non c'è. Che si può ricordare ai politici della sinistra che essi non sappiano benissimo ma che continuano a ignorare i fatti? Che la pubblica opinione, la gente si aspetta da loro una seria unità di intenti e non le polemiche e le punzecchiature retoriche di cui sono occasione feste di partito e convegni dove ognuno recita la parte della vittima innocente e dell'onesto tradito? È necessario ricordargli che i loro partiti di origine nella lotta contro il fascismo sopravvissero per la loro unità e che le loro pagine vincenti furono quelle del fronte unico in Spagna e in Italia e non quelle del socialfascismo staliniano nemico immaginario e ossessivo. Possibile che questi dirigenti dell'Ulivo non si rendano conto che le loro diatribe in apparenza ideologiche vengono accolte dalla gente come meschine lotte di potere, come voglie irresistibili di marcare un punto vincente anche a costo che il disegno generale vada alla malora? La destra italiana ha sempre rifiutato la realtà di una sinistra democratica unita, ha sempre accanitamente operato per descriverla come un campo di Agramante, faziosa, feroce con se stessa, e nel dopoguerra ha cercato di distruggerla di farla dimenticare. Non lo sanno i Prodi e i Rutelli che le loro polemiche, le loro punture di spillo, i loro chiarimenti che non chiariscono sono un regalo alla destra, che il Berlusconi con la bandana torna, grazie ad esse, ripresentabile? Solo i grandi uomini politici sanno che per andare lontano bisogna saper sacrificare a volte le ambizioni personali. Possibile che ne sia scomparsa la specie?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …