Vittorio Zucconi: A Kerry il voto della stampa Usa
Ma se il ‟New York Times” predica ai convertiti, a lettori in uno stato dove nelle elezioni presidenziali - diversamente da quelle locali - la maggioranza vota democratico, molte altre testate americane ieri si sono aggiunte alla lista degli endorsement, delle investiture a favore dell´avversario di Bush. Dei 54 quotidiani in tutti gli Stati Uniti che hanno già fatto le loro scelte editoriali (l´investitura di un candidato è responsabilità esclusiva del desk degli editorialisti in autonomia dalla direzione del giornale e dalla proprietà) 37 si sono schierati con JFK e 17 per W. Tra i 37 pro Kerry, sorprendono testate di quotidiani apparentemente minori, ma importanti in quei sobborghi e in quegli stati considerati di tendenza repubblicana, come il ‟Chicago Daily Herald”, il ‟Daytona Beach News”, l´”Akron Ohio Beacon”. Massiccio lo schieramento filo democratico dei giornali di quella Florida governata dal fratello, Jeb Bush, e considerata lo stato perno attorno al quale ruoterà il risultato. Si sono pronunciati per Kerry il ‟Miami Herald” ("la sua è stata una performance imbarazzante"), il più importante e diffuso dello stato, il ‟St. Petersburg Times”, e il ‟Palm Beach Post”. Persino nel suo Texas, dove i due giornali principali di Houston e Dallas hanno indicato disciplinatamente il loro conterraneo Bush, un´importante testata letta nei sobborghi di Dallas, il ‟Daily Herald” di Arlington, che nel 2000 aveva appoggiato il Texano, ha cambiato campo.
Gli editoriali di sostegno a Kerry, dal” San Francisco Chronicle” al ‟Minneapolis Star” ripetono tutti, sostanzialmente, le stesse ragioni per licenziare Bush: "inettitudine", "mendacità", "estremismo ideologico", "arroganza", che hanno fatto "pagare all´America un prezzo salatissimo in termini di vite, di prestigio internazionale e di disavanzo nel bilancio".
Giudizi senza appello, che confermeranno negli elettori di destra lo stereotipo del "giornalismo sinistrorso" per esorcizzare questa massiccia sconfitta sul fronte dei media, che neppure il conteggio delle testate pro o contro rende in tutta la sua imponenza. Sommando le vendite delle copie, risulta che i giornali che hanno indicato Kerry contano in tutto quattro milioni e mezzo di copie, quelli per Bush 850 mila. Se votassero i giornalisti americani, le elezioni del 2 novembre sarebbero già finite. Ma Bush può consolarsi ricordando che, nel tempo della tv, le investiture della carta stampata non vincono più le elezioni.