Marina Forti: India. Bhopal, risarcimenti vent'anni dopo
Dal 15 novembre, le autorità cominceranno dunque a distribuire i risarcimenti. È triste che ci sia voluta una sentenza della Corte suprema per arrivare a questo esito. Due sentenze, per la precisione: alla fine dello scorso luglio la Corte aveva ordinato al governo di distribuire una somma di denaro pari a 343 milioni di dollari (o 270 milioni di euro). Rispondeva alla petizione presentata nel marzo del 2003 da Rashida Bee e Champa Devi Shukla, due straordinarie donne che dopo aver subìto la tragedia hanno saputo reagire e hanno fondato un sindacato di donne vittime della Union Carbide, e di altri 34 sopravvissuti, ciascuno in rappresentanza di una delle circoscrizioni municipali di Bhopal colpite dal gas. I soldi in questione sono ciò che resta della somma versata dalla Union Carbide nel 1989, dopo un patteggiamento con il governo indiano (accordo allora molto criticato: la multinazionale Usa se l'era cavata con 470 milioni di dollari, sette volte meno di quanto New Delhi aveva chiesto in principio in rappresentanza delle vittime; il governo indiano inoltre rinunciava a ogni futura azione civile contro l'azienda). Quei soldi furono messi in un conto in dollari presso la Banca centrale indiana, sotto il controllo della Corte suprema, e distribuiti tra i sopravvissuti: ci volle tempo, ma tra il 1995 e il `96 poco più di mezzo milione di persone ha ricevuto la somma una tantum di circa 15mila rupie a testa, pari 400 dollari di allora. Non era molto: l'equivalente di 5 anni di cure mediche per persona. Così fu distribuita appena metà della cifra versata da Union Carbide. E i soldi rimasti nel conto in dollari nel frattempo producevano interessi, senza contare che i risarcimenti erano stati distribuiti in rupie in un momento in cui il valore del dollaro era salito parecchio. Insomma: gli attivisti che si sono battuti per fare giustizia a Bhopal calcolavano un paio d'anni fa che presso la Banca centrale indiana dovevano restare 327 milioni di dollari (ora diventati 343): e hanno deciso di presentare la petizione.
La sentenza di luglio scorso dava loro ragione, ma poi tutto è sembrato di nuovo perdersi tra burocrazia e ricorsi legali. Tanto che qualche giorno fa ben duemila persone sono partite da Bhopal per andare a New Delhi e protestare davanti alla sede del parlamento dell'Unione indiana: soprattutto donne, in testa Rashida Bee e Champa Devi e tante altre come loro che avevano mariti operai in quella fabbrica e sono rimaste vedove o capofamiglia di fatto. Erano là accampate davanti al parlamento, martedì, quando hanno avuto notizia della seconda sentenza della Corte suprema: respinti alcuni ricorsi, gli alti magistrati hanno ordinato di distribuire i risarcimenti senza altri indugi. Questa volta sarà l'equivalente di 650 dollari ciascuno: non è la manna, come non lo fu il primo risarcimento, ma saranno utili.