Marina Forti: Scontro in Iran sulla sospensione di tutte le "attività nucleari"
L'accordo tanto criticato dagli oltranzisti di Tehran stipula che l'Iran accetta di sospendere "tutte le attività relative all'arricchimento e riciclaggio dell'uranio; l'assemblaggio, installazione, sperimentazione o operazione di centrifughe di gas, ogni attività relativa alla separazione del plutonio, e ogni test o produzione negli impianti di conversione dell'uranio". L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) sarà invitata a verificare la sospensione, effettiva dal 22 di novembre, ovvero tre giorni prima che a Vienna si riunisca il direttivo dell'Aiea per valutare il "caso" Iran. In cambio, gli europei hanno offerto cooperazione economica e tecnologica, inclusa la fornitura di combustibile uranio per le centrali elettro-nucleari su cui Tehran ha investito tanti soldi. Gli europei appoggeranno la richiesta iraniana di entrare nell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), a cui qui ambiscono un po' tutti gli schieramenti.
Oggi qualcuno qui si chiede perché l'Iran non sia arrivata a questo esito (accettare ispezioni e sospendere l'arricchimento dell'uranio) un anno e mezzo fa, come era propenso a fare il governo Khatami, invece di trascinare il negoziato lasciando crescere legittimi sospetti sul reale scopo del suo programma nucleare.
Hassan Rowhani l'altra sera ha ribattuto ai critici dicendo che "la Repubblica islamica non ha ceduto sui suoi principi", ovvero sul diritto dell'Iran a possedere tecnologia nucleare compreso il ciclo del combustibile (l'uranio). L'accordo precisa che l'Iran accetta volontariamente di sottoporsi alle ispezioni e che i tre paesi europei "riconoscono che la sospensione è una misura volontaria di costruzione della fiducia e non un'obbligazione legale". Inoltre non è una "sospensione indefinita", ha sottolineato Rowhani. Frasi dirette alla scena interna: da un anno ormai i conservatori qui presentano il programma nucleare come una questione di "orgoglio nazionale".
Su una cosa "siamo d'accordo tutti", commenta Amir Moheb Bian, direttore del giornale ‟Resalat”, la voce più autorevole dei conservatori iraniani. "La tecnologia nucleare è una questione nazionale. Non si tratta solo di energia. È il simbolo della nostra indipendenza". Il Trattato di non proliferazione non vieta ai paesi firmatari di arricchire uranio come combustibile, dunque perché condannare l'Iran? "Abbiamo mostrato tutta la buona volontà. Abbiamo accettato il protocollo aggiuntivo e le ispezioni. Gli europei si preoccupano delle nostre intenzioni, gli americani chiedono l'intervento del Consiglio di sicurezza? Lo facciano. Al Consiglio di sicurezza sarà ancora più difficile per gli Stati uniti far votare sanzioni contro di noi".
Ieri il direttore dell'Aiea Mohammed el Baradei ha fatto circolare tra i 35 paesi membri dell'agenzia una versione confidenziale del suo rapporto: secondo qualche anticipazione afferma che l'Iran non ha condotto attività nucleari illegittime; aggiunge però che non può garantire che non ci siano attività non dichiarate. Si può immaginare dunque che il 25 novembre l'Aiea non denuncerà l'Iran al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma il dossier resta aperto, in attesa che entri in campo quello che Tehran vede come il vero interlocutore, gli Stati uniti, ancora pronti a dichiarare che l'Iran non ha rispettato i patti.