Vivian Lamarque: Reparti a colori, anche l’ospedale diventa più accogliente

11 Gennaio 2005
Si possono fare settimane bianche su bianchi campi di sci o anche tra bianche corsie ospedaliere. A dire il vero, per fortuna, da qualche anno il piacere e l’energia che i colori sanno offrire sono entrati anche negli ospedali, almeno nei reparti ristrutturati. Pareti color del cielo e del sole, scorrimano rossi, lenzuola pastello, per cercare di alleggerire di un grammo il peso della degenza, delle malattie e degli anni. I degenti stessi, specie chi può muovere qualche passo, indossano indumenti meno deprimenti, ottantenni in tuta camminano lungo i corridoi forse un po’meno tristemente che indossando un pigiama a righe S. Vittore. Poiché le ristrutturazioni dei vecchi ospedali avvengono gradualmente, capita a volte ai malati di doversi trasferire da un piano all’altro, da un reparto nuovo a uno vecchio, ed è una vera doccia fredda, come passare dal purgatorio all’inferno in un percorso dantesco al contrario. L’illuminazione potrebbe fare molto: in attesa di future ristrutturazioni con abbassamenti di soffitti, faretti, ecc., sarebbe già d’aiuto sostituire le vecchie lampade al neon sfumatura obitorio, con i nuovi neon solari, caldi, luminosi. La luce è tutto, senza luce appassiscono e muoiono non solo le piante. Ma non si può parlare di ospedali senza parlare di chi i nostri malati ce li lava e rilava, ce li disinfetta, ce li fascia, ce li solleva, ce li sposta col peso di tutti i loro anni addosso, ce li punzecchia delicatamente e senza smarrirsi nel bosco delle loro sempre più fragili vene: intendo dire di quegli angeli, arcangeli e cherubini che a volte per meno di mille euro al mese e con una valorizzazione professionale pari a quella riconosciuta alle macchinette distributrici di bibite e caffé, corrono da una stanza all’altra, da un malato all’altro senza sosta, a causa dell’insufficienza di personale che è la loro croce. Eppure si lamentano quasi solo di una cosa, di non poter svolgere la loro professione con l’umanità che li ha spinti a sceglierla, potendo cioè dare al malato quel minuto in più, quella parola buona non meno curatrice di una medicina. Quando la professione diventa ingrata, diminuiscono naturalmente i lavoratori italiani e aumentano, dunque anche in corsia, gli stranieri. Nelle settimane scorse, con il virus della dissenteria che passeggiava per Milano, angeli e arcangeli italiani, romeni, croati, peruviani, senegalesi cambiavano e lavavano anche cinque sei volte al giorno o per notte lo stesso malato: montagne di pannoloni da mettere e togliere, queste le loro feste di Natale, le loro settimane bianche. Cosa aspetta la Sanità ad aumentare il numero degli organici, a dare a questi lavoratori maggiori incentivi e riconoscimento? Quante professioni sono più ingrate e indispensabili?

Vivian Lamarque

Vivian Lamarque è poetessa e autrice di numerosi libri per bambini.