Giorgio Bocca: Il meridione dimenticato

24 Gennaio 2005
Accade un fatto, non diciamo nuovo ma insolito: un ministro della Repubblica dice senza perifrasi che la camorra gode a Napoli di un forte consenso, dice proprio le cose come stanno e non come è d’uso il loro contrario, che la guerra è la stessa cosa della pace e la distruzione della ricostruzione. Il ministro degli Interni Giuseppe Pisanu afferma: "Ho anche il dovere di dire che a Secondigliano i carabinieri sono stati aggrediti da molti, troppi cittadini, uomini e donne apertamente favorevoli alla camorra dalla quale ricevono quotidianamente pane e companatico. Illegalmente, ma è pur sempre pane". Anche il sindaco Rosa Russo Jervolino ha pubblicamente parlato di questo consenso: "Certamente preoccupa la reazione di Secondigliano. Bisogna stare molto attenti perché non ci sia alcuna saldatura tra ambienti malavitosi e il disagio di alcune zone della città". Ma questa saldatura c’è, scoperta, infrangibile dal tempo in cui Garibaldi, liberatore del Sud, dovette nominare capo della polizia a Napoli il capo dei camorristi. E si continua a campare, fra vaghe dichiarazioni di ottimismo e la constatazione fatta da un altro ministro della Repubblica, Giorgio Ruffolo, alla fine degli anni Ottanta: "Mai negli ultimi cinquanta anni l’obiettivo dell’unificazione economica e sociale dell’Italia è parso così amaramente lontano e frustrato". La storia del cane che si morde la coda va avanti dal tempo dei Borboni e probabilmente continuerà. Il ministro degli Interni come il sindaco devono anche stare dalla parte della politica ed è naturale che ne facciano una difesa di ufficio. Dice Pisanu: "Nessuno cerchi di trasformare problemi economici, sociali e culturali in problemi di sicurezza e ordine pubblico. Napoli versa in uno stato di disgregazione economica e sociale senza che i suoi gruppi dirigenti siano riusciti a fronteggiarli efficacemente". E la Jervolino parla della "saldatura fra ambienti malavitosi e il disagio di alcune zone della città". Le distinzioni fra il governo e i cittadini, fra i napoletani buoni e quelli disonesti dura da secoli. C’è un’economia del vicolo con le sue solidarietà camorriste, c’è la presenza forse unica nel Meridione di una folla enorme e ingovernabile come nelle metropoli dell’antichità, come a Roma, come a Babilonia, ma c’è anche uno Stato debole e corrotto che negli anni Ottanta e Novanta non si accorge, fa finta di non accorgersi che i camorristi stanno costruendo fortilizi sotterranei a Forcella, nel centro e che in periferia si forma una grande distribuzione clandestina che ha per fonte il furto sistematico dei Tir della grande distribuzione legale. C’è a Napoli la malavita organizzata che terrorizza con le armi la popolazione e la corrompe con il clientelismo. Ma c’è anche una sanità che costa negli anni Novanta cinquemila miliardi che vanno in stipendi per il 35 per cento, il 24 in farmaci, il 15 nel riacquisto di quanto viene rubato mentre la lavanderia costa il doppio che negli alberghi di lusso e dove il 90 per cento delle sale operatorie dovrebbero essere chiuse se si rispettassero i regolamenti sanitari. Questo giocare al cane che si morde la coda sempre più spesso rasenta l’insopportabile. Un giorno una cronista coraggiosa, la Gabanelli, racconta ciò che in Sicilia tutti sanno ma non raccontano, che la mafia impone a tutti la sua tassa, il suo pizzo implacabile, che se non la paghi muori come l’industriale Grassi. Il giorno dopo l’amabile presidente della Regione fa fuoco e fiamme, denuncia la diffamazione, chiede una riparazione subito concessa. "Ad ognuno le sue responsabilità", dice il ministro Pisanu. Dice bene, ma siamo nel 2005 e il Meridione sembra fuori dall’Europa, superato dal Sud della Spagna, dall’Irlanda, dal Portogallo, Paesi in cui non esistono malavite organizzate, istituzionalmente stabili e onnipotenti. Oggi non potremmo più ripetere la battuta di Edmondo De Amicis "quando incontro un greco o un portoghese gli butterei le braccia al collo: mi ricorda che non siamo gli ultimi in Europa". La Confindustria in un documento di quindici anni fa non smentito dagli anni seguenti dice: "Lo sviluppo di un Paese moderno è basato sulle sinergie fra imprese, società civile, istituzioni", quello che il presidente Montezemolo e un po’tutti i nostri maggiorenti chiamano "fare squadra". "Tali sinergie - conclude il documento - non esistono in nessuna area del Mezzogiorno". Questo governo aveva promesso e continua a sostenere di aver cambiato l’Italia. Certamente il Mezzogiorno non lo ha toccato, ha lasciato che andasse sempre più a fondo.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …