Beppe Sebaste: Bondi, l’embrione e il robot

15 Marzo 2005
Sarà perché una delle mie letture preferite in questi giorni, nel senso del divertimento, sono i sudati mini-saggi di Sandro Bondi, il portavoce di Forza Italia, che nel vano tentativo di inseguire un dibattito tra sé e sé polemizza con Giovanni Sartori sull’embrione e cita San Tommaso nell’edizione Utet, ma ho cominciato anch’io a pormi qualche domanda. Non che abbia dubbi sul prossimo referendum, votare "sì" per abrogare la legge in vigore sulla procreazione e la fecondazione assistite - una legge raffazzonata e ingiusta che toglie libertà ai soggetti (soprattutto le donne) e pretende di decidere astrattamente sull’indecidibile. Ma mi chiedo di cosa sia segno questa - appunto - astrazione vertiginosa del dibattito in corso.
Non credo per esempio che la voga recente dei robot, dal cinema ai giochi per bambini, sia estranea al dibattito sull’embrione, né che le strategie dell’apprendimento e le politiche educative (la scuola) siano disgiunte da entrambi. La loro comune appartenenza alla sfera della bio-politica mostra che le frontiere di ciò che viene definito "umano", da secoli innalzate per differenziarlo dall’animale (e in generale dalle "anormalità" e devianze) si aprono invece smisuratamente nei confronti del post-umano, fino a poco fa categoria estetica dell’arte d’avanguardia. In parole povere, spostare la questione dell’embrione dal grembo materno, pontificare al posto della donna e del suo corpo mi sembra già un’enormità; e avrete notato che la parola "embrione" già nasconde, in qualche modo, la parola "feto": come se il dibattito sull’aborto già affrontato a suo tempo dal legislatore fosse regredito, e questa regressione è in realtà una progressiva astrazione, cioè de-realizzazione, del concetto di vita. E lo stesso si dovrebbe dire sull’astrattezza del concetto di conoscenza nelle attuali pratiche educative. La cosa che noto maggiormente è infatti la svalutazione, fino alla rimozione, del ruolo dei contesti, della fisicità e della carnalità nelle definizioni di "vita" da parte di chi si oppone, con argomenti "cattolici", alla libertà di fecondazione - per esempio eterologa, come ha da essere in generale tutto quanto pertiene alla sessualità e alla relazionalità. Colpisce il coincidere di cartesianesimo e fondamentalismo in chi difende un concetto di vita avulso e immunizzato: un concetto, appunto, post-umano, anche a parte le spericolate acrobazie sulla "coscienza di sé" del portavoce Bondi.
Post-umano è il robot, in tutte le sue forme, cioè il tentativo di isolare l’intelligenza dal corpo, di portare all’estremo il mito dell’intelligenza astratta avviato da Cartesio. Dalla solitudine del Cogito in poi, la vicenda dell’Occidente è un progressivo dualismo che si confonde fino a sovrapporsi con quanto Carl Marx ha descritto sul piano socio-economico: alienazione dell’individuo, poi della specie, a partire dallo spossessamento di sé nel lavoro e nei gesti, privi di finalità. Il soggetto di Cartesio implode nel soggetto descritto da Marx, e l’uomo contemporaneo è la sintesi di entrambi, tanto più sperduto quanto più arrogantemente convinto di essere padrone delle proprie azioni.

Beppe Sebaste

Beppe Sebaste (Parma, 1959) è conoscitore di Rousseau e dello spirito elvetico, anche per la sua attività di ricerca nelle università di Ginevra e Losanna. Con Feltrinelli ha pubblicato Café …