Giorgio Bocca: L'opinione pubblica narcotizzata dalla tv

18 Marzo 2005
Flavia Vento, creatura televisiva, ha così spiegato il suo passaggio dalla sinistra al neofascismo di Francesco Storace, candidato alla presidenza della Regione Lazio: ‟Mi hanno chiamata e ho risposto”. Brava. Meglio dichiararsi voltagabbana tout court che inventare spiegazioni assurde e ipocrite per giustificare i salti della quaglia verso stipendi più confacenti alla propria autostima.
Quel che succede oggi in Italia non è una novità, anzi, e ha un inconfondibile marchio politico: il trasformismo. Ma ci sono aspetti di questo trasformismo che risultano incomprensibili. Fra essi il neoliberismo dei comunisti che, come confessa il sindaco di Roma, Walter Veltroni, "non lo sono mai stati", o degli altri che si aggregano ai Ferrara e simili apostati per ripetere con Silvio Berlusconi, che i partiti della sinistra sono i partiti dell'odio e che chi denuncia il regime autoritario che sale è un fazioso. Strano che non dicano un trotskista. Tot capita tot sententiae e guai agli intolleranti.
Ma i fatti sono fatti e a negare l'esistenza di un regime ci vuole una bella faccia tosta. Cronache degli ultimi giorni. La maggioranza che vota quel che vuole il padrone ha deciso che i palazzi del potere, le case e le ville del presidente del Consiglio, dei suoi collaboratori, amici e parenti godano di extraterritorialità, siano esenti da controlli. È un ritorno alla Francia del re Sole, all'Inghilterra ante Cromwell, a prima della democrazia borghese, a prima delle riforme socialdemocratiche.
L'opinione pubblica insorge? L'opinione pubblica non c'è più, l'ha sostituita la televisione dei quiz e dei festival canori.
Ma i fatti sono fatti. La fabbrica delle leggi imposte dal padrone lavora a getto continuo. Basta con i regolamenti edilizi e con la riscossione delle tasse. Per pagare la campagna elettorale continua, la fabbrica delle promesse impossibili si svende tutto, si ‟cartolarizzano” (ma dove lo inventano questo italiano truffaldino?) i pubblici edifici, si passa da un condono all'altro, finito uno legale se ne inventa un altro di fatto, ma è premiato chi non ha pagato le tasse, chi ha violato le leggi, chi ha costruito nelle riserve naturali, o a due passi da Trinità dei Monti, nei giardini del Quirinale.
Le pene per il falso in bilancio sono troppe alte? Le si diminuisce. Quelle per la corruzione di pubblico ufficiale portano in galera? Le si sostituisce con le altre che ti conservano in qualche alta carica dello Stato. È tutto un fiorire di leggi ad personam, una frenesia di leggi che assolvono i briganti e puniscono gli onesti. Non si fermano, non riposano quelli che Vittorio Alfieri chiamava gli infrangileggi, quelli che le leggi ‟possono farle, distruggerle, interpretarle, impedirle, sospenderle o anche solo eluderle con sicurezza di impunità”. E chi ha questo potere è un tiranno e ogni società che lo ammetta è tirannide, ogni popolo schiavo.
Non è un regime questo? Non è una tirannide del denaro questa in cui il capo del governo premia chi ha versato al suo partito 500 mila euro invitandolo in tribuna d'onore a una partita di calcio, che sembra una favola dei tempi di Riccardo cuor di leone?
Ma è proprio questo che vogliono molti buonisti della nostra sinistra, provare anche loro un po' di dolce vita. La pensano tutti un po' come Bettino Craxi. Lo informano che un suo capetto usa come bische le sezioni del partito e lui dice: lo so, ma io ho bisogno dei suoi voti, io prima voglio fare politica, arrivare al governo e poi darò la caccia ai ladri. Arrivò al governo, la caccia ai ladri non non la diede e un giorno la diedero a lui.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …