Gianni Rossi Barilli: Zapatero. Sì ai matrimoni gay

26 Aprile 2005
José Luiz Zapatero sta rispettando il suo ‟contratto” con gli spagnoli con una puntualità inquietante e davvero poco comune in politica. Sarà magari per questo che il suo paese lo segue con entusiasmo ben maggiore di quanto il nostro ne dimostri ormai verso le promesse appassite di Berlusconi. Non si è fermato di fronte a Bush sull'impegno di uscire dall'Iraq ed è pronto a fare altrettanto, come ha fatto sapere l'altro ieri, anche di fronte alle proteste della chiesa cattolica per la riforma del codice civile che consente il matrimonio alle coppie omosessuali. L'aveva promesso agli elettori. Zapatero ha sempre detto con molta semplicità che il suo sì ai matrimoni gay significa voler garantire pari diritti e dignità a tutti i cittadini, sanando una discriminazione già durata troppo a lungo. Guardando la faccenda sotto il profilo dell'uguaglianza non ci sono scuse: meglio una parità a tutti gli effetti per le famiglie di fatto omosessuali che desiderano una tutela legale anziché un regime separato e di serie B (unioni civili o pacs che dir si voglia) che garantisca il buon nome del matrimonio eterosessuale e continui perciò in qualche misura a discriminare. Serve tra l'altro a stabilire una volta per tutte che la famiglia, come la vita di tutti i giorni ci rivela continuamente, non è più il luogo di riproduzione (se mai lo è stato) di un unico modo di essere e di pensare.
Spostandoci in Italia e sostituendo la lente del buonsenso con quella del realismo, tocca ammettere però che qui non abbiamo Zapatero ma Berlusconi e Ratzinger. E per bene che ci vada avremo la facoltà tra qualche tempo di sostituire solo il primo con Romano Prodi, che non ha ancora un programma di governo ma intanto ha già detto che di matrimoni gay non se ne parla. È chiaro quindi che da noi la legge sui pacs sarebbe già una novità politica di portata incalcolabile. Ma anche tenendo conto del deplorevole stato dei rapporti di forza culturali, fa impressione vedere in questi giorni una sinistra impegnatissima a prendere le distanze dal sovversivo Zapatero e a garantire che in Italia la questione dei matrimoni omosessuali non si pone proprio.
”Credo sia più utile il `Patto civile di solidarietà'”, ha dichiarato per esempio Livia Turco dei Ds, aggiungendo anche che ‟è una bellissima proposta di legge” e ribadendo quella che è la linea comune di tutte le forze dell'Unione a sinistra della Margherita. Nessuno però entra nel merito delle questioni etiche e politiche sollevate dai matrimoni gay e si mette a discutere dei ‟valori” in gioco, come fanno invece i cattolici veri e di facciata. Sembra proprio che di pensieri e valori suoi su libertà e felicità delle persone la sinistra non ne abbia, e che preferisca lasciarne il monopolio agli alleati di centro con cui spera di tornare al governo. E questo non è certo un problema solo per i gay.
L'onda lunga di Zapatero, comunque, colpisce volere o volare anche le nostre pigre lande e costringe a prendere posizione. Bene fa la destra papista a martellare Prodi, Rutelli e Fassino per sapere cosa intendano fare delle coppie omosessuali una volta al governo. Farà un favore anche al movimento gay e lesbico che tanto per sapersi regolare in vista delle elezioni lo chiede già da un po’ senza ricevere risposte chiare. Fassino dice che farà di tutto per avere la legge sul pacs nel futuro programma di governo, ma la Margherita va in ordine sparso e parecchi dei suoi esponenti si stanno allineando dietro una pericolosa linea del Piave di ‟difesa della costituzione” insieme alla destra. Sostenendo che la costituzione impedirebbe di legalizzare unioni non eterosessuali perché all'articolo 29 ‟riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Solo chi continua a considerare eterosessualità e natura due perfetti sinonimi può pensare che occorrerebbe cambiare la costituzione per approvare i matrimoni gay, non considerando peraltro il fatto che l'articolo 29 riconosce qualcosa e non vieta nient'altro.

Gianni Rossi Barilli

Gianni Rossi Barilli, nato a Milano nel 1963, giornalista, partecipa da vent’anni alle iniziative del movimento omosessuale, come militante, scrivendo, discutendo e anche litigando. Ha lavorato a “il manifesto” dal …