Marina Forti: Influenza aviaria e moderna caccia all'untore

05 Ottobre 2005
È un po' come l'attesa del big one, il terremoto che prima o poi, dicono, inghiottirà Los Angeles: e non è chiaro se sia previsione o leggenda. Qui però si tratta di influenza: medici ed epidemiologi sono convinti che prima o poi sorgerà un virus influenzale tale da provocare una nuova ‟pandemia” - magari come ‟la spagnola” del 1918, che aveva ucciso 40 milioni di persone. ‟Da tempo ci aspettiamo una pandemia di influenza, sappiamo che arriverà. Ma non sappiamo quando e neppure con esattezza quale virus la provocherà”, ha detto giorni fa il portavoce dell'Organizzazione mondiale per la sanità, Dick Thompson, a Ginevra. Stava parlando della cosiddetta ‟influenza aviaria”. Il virus H5N1 era comparso per la prima volta a Hong Kong. È ricomparso nel 2003, diffondendosi tra gli allevamenti di pollame di Cina e sud-est asiatico e costringendo le autorità sanitarie a far uccidere interi allevamenti, decine di milioni di pennuti. Ormai comincia a diffondersi in Europa; viaggia con gli uccelli migratori, a volte contagia gli umani: ed è per questo che l'‟influenza dei polli” è diventata una malattia ‟interessante”. L'ultimo paese coinvolto è l'Indonesia, dove in settembre due donne morte di sintomi influenzali sono poi risultate positive proprio all'H5N1. Il governo di Jakarta ha ordinato controlli a tappeto negli allevamenti. Nello zoo della capitale sono stati trovati 19 uccelli infettati ed è stato chiuso al pubblico. La ministra della sanità, Siti Fadilah Supari, ha dichiarato una ‟situazione straordinaria” e ha designato 44 ospedali a trattare la nuova malattia. Otto laboratori sono incaricati di analizzare campioni di sangue di chiunque abbia l'influenza, per determinare se si tratti di quella diffusa dagli uccelli. C'è un ‟pericolo di epidemia”, ha detto la ministra, e ha seminato il panico. Il consumo di polli è crollato, i venditorisono in rovina. Sui giornali si leggono storie di quartieri popolari dove chi ha uccellini in gabbia è costretto a ucciderli da vicini infuriati, come in una moderna caccia all'untore. Successivamente, la signora Supari ha cercato di stemperare l'allarme.
La ministra indonesiana non è stata la sola a esagerare. Il dottor David Nabarro, coordinatore speciale dell'Onu per l'influenza aviaria e umana, giorni fa ha sparato la previsione di 150 milioni di morti (umani) in una possibile pandemia di influenza. E' stato ripreso dal portavoce dell'Oms Thompson: ‟Una previsione di 7 milioni e mezzo è più realistica”. Ha aggiunto che è inutile sparare numeri: circolano stime che vanno dai 2 ai 360 milioni, ‟non possiamo lasciarci trascinare ulteriormente a creare terrore”. Per parlare di ‟pandemia” ci sono due criteri: uno è la proporzione di persone contagiate, l'altro è la proporzione di persone contagiate che morirà. Le normali influenze hanno un tasso di contagio tra il 5 e il 20%, ma un tasso di mortalità inferiore all'1%. Il timore è che un virus mutato, a cui gli umani non hanno avuto tempo di farsi anticorpi, sia più ‟aggressivo”. Il virus H5N1 è passato dal pollame agli umani: ma dal 2003 ha ucciso in tutto 65 persone (di cui 40 in Vietnam). Tutti i contagi sono avvenuti per diretto contatto tra uccelli e umani: non c'è conferma che il H5N1 sia passato da un umano all'altro. Certo: se succedesse sarebbe la prova che il virus è mutato. Ma anche così, sarebbe proprio quello a provocare la ‟pandemia” tanto paventata? Non è affatto certo. I laboratori farmaceutici di mezzo mondo sono al lavoro su un possibile vaccino - lo fanno ogni anno per la normale influenza, raddoppiano gli sforzi su quella aviaria. Gli Stati uniti hanno annunciato la scorsa settimana un'ordinazione per 100 milioni di dollari di un certo vaccino, non ancora sul mercato, a cui lavora la francese Sanofi-Aventis. Ma non si sa quale virus provocherà la prossima epidemia globale. ‟E' possibile che non sia affatto il H5N1”, faceva notare il portavoce dell'Oms, ‟o che il virus muti in modo tale che i vaccini ora allo studio non serviranno più”.

Marina Forti

Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …