Giorgio Bocca: Norimberga. Un tribunale per la storia
04 Novembre 2005
Possiamo datare la fine del nazismo con la cattura grottesca di Himmler, il capo delle SS, il principale artefice dell´Olocausto. Il 23 maggio del ´45 il governo Doenitz costituitosi dopo la morte di Hitler viene sciolto dagli alleati. Manca Himmler che si è tagliato i baffi, si è coperto l´occhio sinistro con una benda nera e ha indossato un´uniforme dell´esercito. Lo arrestano ad Amburgo assieme a undici ufficiali delle SS con cui cerca di fuggire, lo perquisiscono ma non trovano la capsula di cianuro nascosta in bocca. Lui la morde e muore sottraendosi al processo che si terrà a Norimberga in novembre, ai 21 alti gerarchi nazisti che gli alleati considerano criminali di guerra. Lo spettacolo di questi uomini che per un decennio hanno terrorizzato il mondo, sterminato milioni di persone è quello esemplare della punizione del male: il maresciallo Goering si è come afflosciato. Ha perso cinque chili, ma è ancora il capo di quei superstiti, rifiuta il giudizio dei vincitori, considera traditori l´architetto Speer e gli altri che lo accettano.
Ribbentrop, l´altero ministro degli Esteri, è uno straccio, pallido, curvo, Julius Streicher che passeggiava per Norimberga, la sua città, roteando una frusta, appare come un vecchio decrepito, suda, trema. Il feldmaresciallo Keitel sta ancora impettito sulla sua sedia, ma lui come gli altri sembrano non aver capito perché si trovano lì.
Cercherà di spiegarglielo, all´apertura del processo, il giudice americano Jackson: ‟Le ingiustizie che noi cerchiamo di condannare e di punire sono state così premeditate, così malefiche e devastanti che la civiltà non può permettersi di ignorarle perché essa non potrebbe sopravvivere se quelle ingiustizie si ripetessero... Gli imputati sono sottoposti a una dura pressione ma non vengono maltrattati. Se è vero che questi uomini sono i primi di una nazione sconfitta in guerra a essere processati essi sono anche i primi a cui è data una possibilità di difendersi in nome della legge. Vogliamo anche chiarire che non abbiamo intenzione di incriminare l´intero popolo tedesco. Se la popolazione tedesca avesse accettato volentieri i piani del nazismo non ci sarebbe stato bisogno delle SS, né dei campi di concentramento né della Gestapo. La civiltà non si aspetta da voi, onorevoli giurati, che riusciate a rendere impossibile la guerra. Ma si aspetta che la vostra azione giudiziaria ponga le norme e soprattutto le sanzioni del diritto internazionale contro di essa”. Il discorso di Jackson venne universalmente lodato, ma già si era capito che quel processo era il classico processo dei vincitori, l´unico possibile, ma non il giudizio perfetto.
Si pose subito il problema della difesa affidata ad avvocati tedeschi, che non vennero mai pienamente accettati come colleghi dai pubblici accusatori e spesso trattati come coimputati. Il secondo problema era che i vincitori non avevano alcuna intenzione di lasciare che venissero alla luce anche i loro misfatti. Ogni volta che un avvocato difensore chiedeva di rendere noti i documenti di questi misfatti, la corte rispondeva dicendo che erano introvabili o irrilevanti. Eppure fra i giudici sedevano i sovietici che avevano invaso la Polonia in accordo con i nazisti e deportato i cittadini dei paesi baltici con altrettanta brutalità dei nazisti. Sedevano anche i rappresentanti della Gran Bretagna che avevano ordinato i bombardamenti incendiari delle città tedesche. Le contraddizioni del processo dei vincitori erano evidenti: non era logico imputare all´ammiraglio nazista Raeder l´invasione della Norvegia quando essa aveva preceduto solo di pochi giorni quella che era stata preparata dagli inglesi. I sovietici con il loro cinismo stalinista erano arrivati al punto di inserire nell´atto di accusa il massacro di Katin di migliaia di cittadini polacchi come un crimine di guerra tedesco, quando già allora era noto e provato che i responsabili erano stati loro, i sovietici. Nel processo si decise di ascoltare sul caso tre testimoni della difesa e tre di parte sovietica ma il tribunale di Norimberga evitò di prendere una decisione. Il processo era il processo dei vincitori e dei loro interessi politici, in molte occasioni la corte intervenne per mettere a tacere i testimoni dei comportamenti criminali delle grandi potenze.
La pubblica opinione comunque si schierò, comprensibilmente, dalla parte dei vincitori. Il terrore nazista aveva lasciato segni profondi e alla stragrande maggioranza dei sopravvissuti parve un giusto e inevitabile processo. Non ricordo di aver letto o sentito in quel lontano 1945 qualcuno che si lamentasse del doppio trattamento imposto ai vinti la forca per i tedeschi, gli onori della permanenza sul trono ai giapponesi, responsabili in egual misura di atrocità e di stragi. Ero nel ´64 all´apertura delle Olimpiadi di Tokyo e in una corrispondenza scrissi che mi faceva un certo effetto vedere l´imperatore giapponese, criminale di guerra, assistere dall´alto alla sfilata delle rappresentative dei paesi che lo avevano sconfitto. Protestarono fieramente le associazioni d´arma giapponesi, ma anche dal Comitato olimpico italiano mi venne una dura censura. Chi vince sempre è la ragion di Stato.
Alle ore 1.11 della notte del 16 ottobre 1946 Ribbentrop salì sul patibolo nella prigione di Norimberga. Seguirono Keitel, Kaltenbrunner, Rosenberg, Frank, Frick, Streicher, Seyss-Inquart, Sauckel e Jodl. Non Goering che inghiottì una fiala di veleno. Né Bormann, che era stato processato in contumacia. Sette, fra cui Speer, furono condannati alla reclusione, tre assolti.
Ribbentrop, l´altero ministro degli Esteri, è uno straccio, pallido, curvo, Julius Streicher che passeggiava per Norimberga, la sua città, roteando una frusta, appare come un vecchio decrepito, suda, trema. Il feldmaresciallo Keitel sta ancora impettito sulla sua sedia, ma lui come gli altri sembrano non aver capito perché si trovano lì.
Cercherà di spiegarglielo, all´apertura del processo, il giudice americano Jackson: ‟Le ingiustizie che noi cerchiamo di condannare e di punire sono state così premeditate, così malefiche e devastanti che la civiltà non può permettersi di ignorarle perché essa non potrebbe sopravvivere se quelle ingiustizie si ripetessero... Gli imputati sono sottoposti a una dura pressione ma non vengono maltrattati. Se è vero che questi uomini sono i primi di una nazione sconfitta in guerra a essere processati essi sono anche i primi a cui è data una possibilità di difendersi in nome della legge. Vogliamo anche chiarire che non abbiamo intenzione di incriminare l´intero popolo tedesco. Se la popolazione tedesca avesse accettato volentieri i piani del nazismo non ci sarebbe stato bisogno delle SS, né dei campi di concentramento né della Gestapo. La civiltà non si aspetta da voi, onorevoli giurati, che riusciate a rendere impossibile la guerra. Ma si aspetta che la vostra azione giudiziaria ponga le norme e soprattutto le sanzioni del diritto internazionale contro di essa”. Il discorso di Jackson venne universalmente lodato, ma già si era capito che quel processo era il classico processo dei vincitori, l´unico possibile, ma non il giudizio perfetto.
Si pose subito il problema della difesa affidata ad avvocati tedeschi, che non vennero mai pienamente accettati come colleghi dai pubblici accusatori e spesso trattati come coimputati. Il secondo problema era che i vincitori non avevano alcuna intenzione di lasciare che venissero alla luce anche i loro misfatti. Ogni volta che un avvocato difensore chiedeva di rendere noti i documenti di questi misfatti, la corte rispondeva dicendo che erano introvabili o irrilevanti. Eppure fra i giudici sedevano i sovietici che avevano invaso la Polonia in accordo con i nazisti e deportato i cittadini dei paesi baltici con altrettanta brutalità dei nazisti. Sedevano anche i rappresentanti della Gran Bretagna che avevano ordinato i bombardamenti incendiari delle città tedesche. Le contraddizioni del processo dei vincitori erano evidenti: non era logico imputare all´ammiraglio nazista Raeder l´invasione della Norvegia quando essa aveva preceduto solo di pochi giorni quella che era stata preparata dagli inglesi. I sovietici con il loro cinismo stalinista erano arrivati al punto di inserire nell´atto di accusa il massacro di Katin di migliaia di cittadini polacchi come un crimine di guerra tedesco, quando già allora era noto e provato che i responsabili erano stati loro, i sovietici. Nel processo si decise di ascoltare sul caso tre testimoni della difesa e tre di parte sovietica ma il tribunale di Norimberga evitò di prendere una decisione. Il processo era il processo dei vincitori e dei loro interessi politici, in molte occasioni la corte intervenne per mettere a tacere i testimoni dei comportamenti criminali delle grandi potenze.
La pubblica opinione comunque si schierò, comprensibilmente, dalla parte dei vincitori. Il terrore nazista aveva lasciato segni profondi e alla stragrande maggioranza dei sopravvissuti parve un giusto e inevitabile processo. Non ricordo di aver letto o sentito in quel lontano 1945 qualcuno che si lamentasse del doppio trattamento imposto ai vinti la forca per i tedeschi, gli onori della permanenza sul trono ai giapponesi, responsabili in egual misura di atrocità e di stragi. Ero nel ´64 all´apertura delle Olimpiadi di Tokyo e in una corrispondenza scrissi che mi faceva un certo effetto vedere l´imperatore giapponese, criminale di guerra, assistere dall´alto alla sfilata delle rappresentative dei paesi che lo avevano sconfitto. Protestarono fieramente le associazioni d´arma giapponesi, ma anche dal Comitato olimpico italiano mi venne una dura censura. Chi vince sempre è la ragion di Stato.
Alle ore 1.11 della notte del 16 ottobre 1946 Ribbentrop salì sul patibolo nella prigione di Norimberga. Seguirono Keitel, Kaltenbrunner, Rosenberg, Frank, Frick, Streicher, Seyss-Inquart, Sauckel e Jodl. Non Goering che inghiottì una fiala di veleno. Né Bormann, che era stato processato in contumacia. Sette, fra cui Speer, furono condannati alla reclusione, tre assolti.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …