Giuliana Sgrena: Iraq. Democrazia al fosforo

08 Novembre 2005
L'uso del napalm e del fosforo bianco nella guerra in Iraq era già noto. Purtroppo. Dei cadaveri carbonizzati ritrovati dopo la battaglia dell'aeroporto (aprile 2003) mi avevano raccontato gli abitanti di Falluja prima ancora di diventare profughi, dei volti scarnificati dal fosforo bianco mi avrebbero detto poi e l'avrebbero confermato i soldati americani impegnati sul campo di battaglia (anche in una intervista al ‟manifesto”, 25 settembre 2005). Ma questo orrore l'inchiesta di Rainews24 – Falluja. La strage nascosta - te lo sbatte in faccia. Volti irriconoscibili e bruciati di donne e bambini inerti nei loro abiti intatti (il fosforo bianco consuma solo le cellule che contengono acqua), parte di quella uccisione di massa riconosciuta persino dagli autori materiali del massacro, i soldati, che hanno testimoniato davanti alle telecamere. Ma non dai mandanti.
L'inchiesta di Rainews24 deve servire a squarciare il velo di omertà, ma soprattutto deve interrogare chi questa guerra l'ha sostenuta o ancora la sostiene con la presenza delle nostre truppe in Iraq. Bush non solo ha scatenato una guerra contro Saddam Hussein accusandolo di possedere armi di distruzioni di massa ben sapendo che non era vero, ma ha permesso che il suo esercito usasse contro gli iracheni micidiali armi bandite dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Proprio come aveva fatto Saddam nel 1988 contro i kurdi. Bush come Saddam, che quando ha gasato i kurdi era un fedele alleato degli americani. Le immagini dell'inchiesta di Rainews lo dimostrano e gli interessati lo confermano: il Pentagono ha ammesso l'uso del Napalm anche se sotto forma di Mk77 e il ministro della difesa inglese si è giustificato sostenendo che ignorava che gli Usa l'avessero usato. Del resto, quando i profughi di Falluja sono tornati a casa, gli stessi americani hanno detto loro di non mangiare la verdure e gli animali locali perché erano pericolosi e a raccomandare di disinfestare le case prima di entrarci. In quelle ancora abitabili, naturalmente.
E cosa fa la comunità internazionale? Tace. Ma non si può tacere di fronte a un simile orrore, senza diventare complici. E complici lo siamo restando in Iraq con le nostre truppe, sia che il fosforo bianco lo usiamo nei traccianti per illuminare il cielo o per bruciare i poveri abitanti di Falluja. Bruciati in modo tale da non poter essere riconosciuti e nemmeno contati: solo 700 delle migliaia di vittime di Falluja sono state seppellite con un nome.
E’ questa la democrazia esportata in Iraq e di cui si dimostra soddisfatto il presidente iracheno, il kurdo, Jalal Talabani? Chissà se durante la sua visita in Italia - in corso - butterà uno sguardo sulla nostra tv satellitare sentendo parlare di Iraq? Di certo non si lascerà commuovere da immagini che ben conosce mentre ha già chiesto alle truppe italiane di restare. Ottenendo il consenso del nostro governo, ma anche una nuova battuta d'arresto dei Ds. Fassino ha infatti dichiarato ieri che è necessario adeguare il calendario del ritiro delle truppe all'avanzamento del ‟processo democratico”. Quale democrazia, quella al fosforo bianco?

Giuliana Sgrena

Giuliana Sgrena, inviata de ‟il manifesto”, negli ultimi anni ha seguito l'evolversi di sanguinosi conflitti, in particolare in Somalia, Palestina, Afghanistan, oltre alla drammatica situazione in Algeria. Negli ultimi due …