Marina Forti: India. Il bambù fiorirà, e sarà la fame
La carestia da bambù mautak ha un nome specifico: mautam. ‟I miei genitori dicevano che il raccolto di riso era abbondante, l'anno prima dell'invasione dei topi, e anche le piogge erano buone. Ma quando sono arrivati i ratti non è rimasto nulla”, racconta la signora Thangbawii, oggi 96 anni, ricordando la carestia del 1960: ‟Usavamo scavare tuberi per mangiarli, ma quando sono arrivati i ratti neanche quelli si trovavano più, neppure a tre metri sottoterra” (la testimonianza è stata raccolta da Down to Earth, autorevole magazine ambientalista indiano, che alla fioritura del bambù dedica un ampio servizio nell'ultimo numero). Nel 1959 e `60 la carestia è stata tremenda per la popolazione Mizo di quelle colline orientali, Dalle pianure dell'Assam, accusarono i Mizo, non arrivò aiuto. ‟Affamati, ribollenti di rabbia”, i contadini Mizo insorsero in armi. Nacque il Mizo National Famine Front (Fronte nazionale della fame Mizo). Infine nacque un nuovo stato all'interno dell'Unione indiana, il Mizoram, il cui chief minister (capo del governo) di oggi, il signor Zoramthanga, era allora e resta il leader del Fronte Mizo (oggi però è caduta la parola ‟fame”: si chiama Mizo National Front).
Il bambù resta dominante nel paesaggio di quelle colline - e nella loro economia. Quasi il 90% del territorio del Mizoram è coperto di foreste, per metà sono foreste di bambù; per tre quarti si tratta proprio del mautak, che è parte di un ciclo contadino tradizionale: i contadini usano tagliarlo in gennaio e febbraio, in marzo gli danno fuoco, e quelle ceneri sono il miglior fertilizzante per quei pendii ripidi e fangosi: ‟Senza mautak, nulla crescerebbe” spiegano gli agronomi locali a Down to Earth. Solo una piccola parte del bambù tagliato va in usi diversi: costruzioni, piccola produzione artigianale e da telaio. Una parte imprecisata va alle cartiere della Hindustan Paper Corporation Limited giù in Assam.
Oggi, dice la signora Thangbawii, ‟non credo che potrebbe tornare la fame”. No, certo: l'India ha ormai da decenni un sistema di distribuzione pubblico di derrate alimentari a prezzi calmierati per la popolazione sotto la soglia di povertà, che diventa la rete di distribuzione di razioni in caso d'emergenza. Gli stock ci sono, oggi l'India ha grandi surplus alimentari nei silos. E poi, il governo del Mizoram ha cominciato per tempo a preoccuparsi: nel 2000 ha istituito un comitato statale per il controllo dei roditori, nel 2002 ha commissionato un ‟piano per lo sviluppo del bambù” all'International Network for Bamboo and Rattan, organizzazione non governativa internazionale. Nel 2004 infine ha preparato un ‟piano di lotta alla fame e alla fioritura del bambù”, fondato su quattro misure di crisi: tagliare tutto il bambù possibile prima che fiorisca (e sparga i semi), preparare abbondanti stock di cereali per far fronte alla crisi, diversificare le colture e il reddito agricolo per diminuire la dipendenza dall'agricoltura di sussistenza. E poi, sviluppare l'industria del bambù. I dirigenti statali parlano di ‟trasformare il disastro in opportunità”.