Giulietto Chiesa: Senza Putin addio alla Russia. Colloquio con Mikhail Gorbaciov
28 Novembre 2005
Una delle sue ultime letture è stato il ponderoso (quanto a numero di pagine) libro di Elena Tregubova, I mutanti del Cremino. Le è piaciuto, Mikhail Sergheevic? ‟L'ho letto in due giorni e mi sono molto divertito”. Mikhail Gorbaciov ammicca con un largo sorriso e un'occhiata che è un caleidoscopio di sfumature. Elena, affettuosamente Lenochka per i ‟mutanti” ex suoi amici del Cremino, ha raccontato per filo e per segno chi sono gli occupanti dell'attuale potere a Mosca, e anche quelli che fecero parte della grande Famiglia di Boris Eltsin. Lei ci sguazzava dentro, in mezzo ai mutanti, con grande agio e passioni, sicuramente di ogni tipo. Poi l'hanno espulsa dal giro e lei è diventata molto cattiva: li ha raccontati. Unico neo: si ritiene un'eroina della libera stampa e non sembra aver capito molto di ciò che la circondava, né dell'etica giornalistica, che nella sua piccola mente significava (e significa ancora adesso), mettersi a disposizione di questo o di quello per favorirne gl'intrighi.
Gorbaciov non intende dirmi perché si è divertito. Ma capisco perché si è divertito.
Elena Tregubova, nella sua completa naiveté , lo ha vendicato raccontando di che pasta furono fatti quelli che l'Occidente considerava ‟riformatori” e che - come dal libro appare clamorosamente - furono invece i liquidatori del loro paese, piccoli affaristi senza scrupoli, divenuti miliardari per decreto, criminali senza idee, pronti a vendersi al migliore offerente.
E adesso, Mikhail Sergheevic, che ne pensa di Vladimir Putin? L'ex presidente sovietico non deve pensarci molto, perché la risposta arriva pronta: ‟Lo sostengo”. Deve averci pensato molto, e per tempo, e immagino che qualche sacrificio gli sia costato giungere a questa conclusione. Perché lo sostiene? ‟Perché ha posto fine alla disgregazione del paese. Eltsin aveva portato le cose a un punto tale che, dopo l'Unione sovietica, anche la Russia sarebbe finita in pezzi, frantumata da quella nuova classe di avventurieri che se n'erano impossessati”.
Già, questo è vero, forse. Ma a che prezzo? Putin ha liquidato la Duma, trasformandola in una dependance del Cremino, ha praticamente chiuso il Consiglio della Federazione (la Camera alta), trasformandolo in un organismo da lui stesso nominato, cioè privo di ogni indipendenza. Un tempo era organismo eletto dal popolo. Come fosse eletto lo sappiamo e non era un bello spettacolo, ma almeno esisteva la finzione; adesso è in pratica un'assemblea di consiglieri e di fidati del presidente. Il principe si è dotato di un'intera camera di lacchè ai suoi servizi. E, infine, Mikhail Sergheevic, lei non negherà che la magistratura russa somiglia come una goccia d'acqua a quella sovietica. Nel senso precipuo che non ha alcuna autonomia dal potere politico e presidenziale. Diciamo che risponde al telefono....
Gorbaciov ride alla battuta che allude allo ‟stato di diritto ... telefonico”, ma si stringe nelle spalle con un certo disagio. Così almeno a me pare. ‟Non dimenticare (siamo vecchi amici e lui mi da del tu, mentre io gli do del voi secondo l'usanza russa, ndr) che cosa ha trovato quando è arrivato al potere cinque anni fa. Il disastro era allo stadio terminale”. E il discorso, su questo punto, si chiude qui.
Si sono visti, con Vladimir Putin, due mesi fa. E non hanno rilasciato dichiarazioni in merito, né l'uno, né l'altro, e questo dice già quasi tutto sullo stato dei loro rapporti, che non dev'essere entusiasmante.
Gorbaciov è a Roma per la riunione annuale dei Nobel per la pace, quest'anno dedicata ai problemi dell'Africa che affonda. E intrattiene con l'Italia i rapporti più stretti. Al primo posto, perfino davanti agli Stati uniti. L'altra sua grande iniziativa italiana è il Forum della politica mondiale, sede a Torino, sotto il patrocinio della Regione Piemonte, in prospettiva un Forum mondiale sulla governance dei processi di globalizzazione, con una cinquantina di ex capi di stato e di governo, ministri degli esteri e politologi di fama internazionale di tutti i continenti. Il prossimo incontro torinese su cosa centrerà l'attenzione? ‟Sulla nuova architettura mondiale. Abbiamo celebrato a marzo di quest'anno i 20 anni della perestrojka, giungendo tutti insieme alla conclusione che questi 20 anni sono stati perduti e che il mondo, invece di andare verso un nuovo ordine fondato sulla pace e sulla distribuzione equa delle ricchezze, è andato indietro verso la guerra e la disuguaglianza”.
Di nuovo insisto per avere lumi sulla politica della Russia attuale. Cha fa la Russia? Qui la risposta è più sciolta. Il Putin della politica estera è più digeribile di quello ‟interno”. Sull'Iraq piuttosto bene perché ‟ha svolto una funzione moderatrice verso gli Stati uniti di Bush”. Su Kyoto, altrettanto, così come sul dialogo russo-cinese e, in generale, sulla politica asiatica di Mosca. Gorbaciov vede di buon occhio una crescita del ruolo mondiale della Russia.
Ma siamo lontani mille miglia dalle necessità del momento. ‟La politica mondiale è rimasta complessivamente quella della guerra fredda: una politica vecchia, al di sotto delle esigenze e delle sfide contemporanee. L'unilateralismo americano è la prova più lampante che gli Stati uniti non sono attualmente in grado di capire che il secolo XXI non può essere un altro secolo americano, come lo fu l'intera seconda metà del secolo XX. Anche il mio amico Bill Clinton, quello che a Denver descrisse gli Usa come il nuovo Principe del mondo, adesso capisce che non avrebbe potuto esserlo. Neanche se Clinton fosse stato al potere in tutti questi anni. Con Bush è chiaro. Sarebbe molto meglio per tutti se gli Stati uniti cambiassero politica. Cominciando a ritirarsi dall'Iraq. Non credo che lo faranno. Per questo sono preoccupato”.
Gorbaciov non intende dirmi perché si è divertito. Ma capisco perché si è divertito.
Elena Tregubova, nella sua completa naiveté , lo ha vendicato raccontando di che pasta furono fatti quelli che l'Occidente considerava ‟riformatori” e che - come dal libro appare clamorosamente - furono invece i liquidatori del loro paese, piccoli affaristi senza scrupoli, divenuti miliardari per decreto, criminali senza idee, pronti a vendersi al migliore offerente.
E adesso, Mikhail Sergheevic, che ne pensa di Vladimir Putin? L'ex presidente sovietico non deve pensarci molto, perché la risposta arriva pronta: ‟Lo sostengo”. Deve averci pensato molto, e per tempo, e immagino che qualche sacrificio gli sia costato giungere a questa conclusione. Perché lo sostiene? ‟Perché ha posto fine alla disgregazione del paese. Eltsin aveva portato le cose a un punto tale che, dopo l'Unione sovietica, anche la Russia sarebbe finita in pezzi, frantumata da quella nuova classe di avventurieri che se n'erano impossessati”.
Già, questo è vero, forse. Ma a che prezzo? Putin ha liquidato la Duma, trasformandola in una dependance del Cremino, ha praticamente chiuso il Consiglio della Federazione (la Camera alta), trasformandolo in un organismo da lui stesso nominato, cioè privo di ogni indipendenza. Un tempo era organismo eletto dal popolo. Come fosse eletto lo sappiamo e non era un bello spettacolo, ma almeno esisteva la finzione; adesso è in pratica un'assemblea di consiglieri e di fidati del presidente. Il principe si è dotato di un'intera camera di lacchè ai suoi servizi. E, infine, Mikhail Sergheevic, lei non negherà che la magistratura russa somiglia come una goccia d'acqua a quella sovietica. Nel senso precipuo che non ha alcuna autonomia dal potere politico e presidenziale. Diciamo che risponde al telefono....
Gorbaciov ride alla battuta che allude allo ‟stato di diritto ... telefonico”, ma si stringe nelle spalle con un certo disagio. Così almeno a me pare. ‟Non dimenticare (siamo vecchi amici e lui mi da del tu, mentre io gli do del voi secondo l'usanza russa, ndr) che cosa ha trovato quando è arrivato al potere cinque anni fa. Il disastro era allo stadio terminale”. E il discorso, su questo punto, si chiude qui.
Si sono visti, con Vladimir Putin, due mesi fa. E non hanno rilasciato dichiarazioni in merito, né l'uno, né l'altro, e questo dice già quasi tutto sullo stato dei loro rapporti, che non dev'essere entusiasmante.
Gorbaciov è a Roma per la riunione annuale dei Nobel per la pace, quest'anno dedicata ai problemi dell'Africa che affonda. E intrattiene con l'Italia i rapporti più stretti. Al primo posto, perfino davanti agli Stati uniti. L'altra sua grande iniziativa italiana è il Forum della politica mondiale, sede a Torino, sotto il patrocinio della Regione Piemonte, in prospettiva un Forum mondiale sulla governance dei processi di globalizzazione, con una cinquantina di ex capi di stato e di governo, ministri degli esteri e politologi di fama internazionale di tutti i continenti. Il prossimo incontro torinese su cosa centrerà l'attenzione? ‟Sulla nuova architettura mondiale. Abbiamo celebrato a marzo di quest'anno i 20 anni della perestrojka, giungendo tutti insieme alla conclusione che questi 20 anni sono stati perduti e che il mondo, invece di andare verso un nuovo ordine fondato sulla pace e sulla distribuzione equa delle ricchezze, è andato indietro verso la guerra e la disuguaglianza”.
Di nuovo insisto per avere lumi sulla politica della Russia attuale. Cha fa la Russia? Qui la risposta è più sciolta. Il Putin della politica estera è più digeribile di quello ‟interno”. Sull'Iraq piuttosto bene perché ‟ha svolto una funzione moderatrice verso gli Stati uniti di Bush”. Su Kyoto, altrettanto, così come sul dialogo russo-cinese e, in generale, sulla politica asiatica di Mosca. Gorbaciov vede di buon occhio una crescita del ruolo mondiale della Russia.
Ma siamo lontani mille miglia dalle necessità del momento. ‟La politica mondiale è rimasta complessivamente quella della guerra fredda: una politica vecchia, al di sotto delle esigenze e delle sfide contemporanee. L'unilateralismo americano è la prova più lampante che gli Stati uniti non sono attualmente in grado di capire che il secolo XXI non può essere un altro secolo americano, come lo fu l'intera seconda metà del secolo XX. Anche il mio amico Bill Clinton, quello che a Denver descrisse gli Usa come il nuovo Principe del mondo, adesso capisce che non avrebbe potuto esserlo. Neanche se Clinton fosse stato al potere in tutti questi anni. Con Bush è chiaro. Sarebbe molto meglio per tutti se gli Stati uniti cambiassero politica. Cominciando a ritirarsi dall'Iraq. Non credo che lo faranno. Per questo sono preoccupato”.
Giulietto Chiesa
Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …