Vittorio Zucconi: Voli Cia. Il patto col diavolo

06 Dicembre 2005
C´era un segno di irritazione, di fastidio per la presunta ipocrisia degli Europei, nelle parole che il segretario di stato americano Rice ha voluto lanciare, come una sorta di proclama all´Occidente, prima di imbarcarsi ieri verso la Germania. ‟L´intelligence che abbiamo ricavato dalle nostre tattiche ha fermato attacchi terroristici e ha salvato vite umane anche in Europa” e ‟tocca ai vostri governi decidere se vogliono lavorare o no con noi per prevenire attentati”. In buona sostanza, fate poco gli schizzinosi, ci ha detto la signora che si è tolta i guanti e ha dissolto quella mistica di charme femminile che aveva usato tatticamente nel suo primo viaggio.
Noi faremo forse il lavoro sporco in questa guerra al terrore, ma dei successi beneficiate anche voi. La questione, che la presidenza Bush sembra aver risolto con se stessa ma non con il Congresso né con l´opinione pubblica americana, è quella della tortura, comunque si voglia foderare negli eufemismi del "legalese" questa parola impronunciabile, come la formula della "rendition", cioè la consegna extraterritoriale di sospetti. Tra ripetute assicurazioni pubbliche e smentite sdegnate venute da lei, anche ieri, e da Bush stesso, sul fatto che "noi non torturiamo", la realtà è ben diversa. Quando Washington afferma di "non torturare" dice una verità formale che nasconde una verità sostanziale, perché altre nazioni più disinvolte ricevono i prigionieri spediti dagli Stati Uniti attraverso i voli organizzati dalla Cia e li fanno parlare, magari raccontando panzane per non soffrire più. Per poter negare la tortura, di fatto questa amministrazione americana l´ha appaltata a terzi. Questo significa, in concreto, la "rendition".
La scoperta che la Cia utilizzava le basi della Nato per spedire i presunti terroristi nelle nazioni appaltatrici della tortura o addirittura nelle ex carceri sovietiche del Kgb, ha chiaramente imbarazzato questa presidenza. E´ stato, insieme con la necessità urgente di cominciare a discutere sul serio del dopo occupazione americana in Iraq e di ritiri scaglionati venduti come "vittorie", il motivo che ha spinto Condoleezza Rice a questa missione.
L´imbarazzo che l´asprezza della Rice tradisce con i toni ultimativi di un aut-aut, è su due fronti, quello degli alleati, ai quali va spiegata quella che la stessa Rice ha chiamato ‟una questione di sovranità” violata e il fronte interno, dove l´ex prigioniero di guerra in Vietnam, il senatore McCain insiste sulla sua legge per mettere al bando dai manuali militari la tortura. Ma la questione che la Rice ha posto e porrà soprattutto ai tedeschi infuriati, è molto più di un problema politico, in un momento nel quale Bush di tutto ha bisogno meno che di altri inciampi sulla strada di un ritiro graduale dall´Iraq in vista delle elezioni legislative negli Usa dell´autunno 2006. La Rice ha riproposto con il massimo di brutalità diplomatica il dilemma fondamentale che sta al cuore della cosiddetta ‟guerra al terrore” dai giorni del settembre 2001: quali mezzi siano accettabili per raggiungere il fine della sconfitta di un avversario che si presenta come mai nessun altro nemico, il terrorismo globale.
La Presidenza Bush, e la sua emissaria nel mondo, non diranno mai che la tortura sia uno strumento accettabile di interrogatorio, perché soltanto pochi fanatici sarebbero disposti ad acconsentire a una violenza così esplicita ai principi e alle pratiche della "civiltà occidentale". Dicono qualcosa di più sottile e insidioso, che i metodi straordinari sono necessari per affrontare una guerra fuori dall´ordinario. E chi trae vantaggi da questi "metodi", come noi europei ne avremmo tratti nella indimostrabile affermazione delle "vite salvate" non può nascondersi dietro le condanne di immoralità, godendo poi i frutti della immoralità stessa.
La risposta etica, che McCain negli Usa, i sondaggi, il Senato tutto con 90 voti contro sette, gli editorialisti ed opinionisti più equilibrati danno è un "no", perché accettare un poco di tortura per ottenere un poco di sicurezza in più è la classica "slippery slope", la discesa scivolosa sulla quale si precipita verso l´abisso. Ma la risposta pratica, che la Rice sbatte in faccia agli Europei, è diversa: se preferite salvarvi la coscienza e rischiare la vita, fatecelo sapere e noi non collaboreremo più con i vostri servizi. La "rendition", l´appalto dei prigionieri ad altre nazioni, ‟toglie terroristi dalla circolazione”.
E´ il proverbiale e seducente "patto col diavolo", vendersi l´anima per salvare il corpo, quello che ci viene proposto e che, secondo la signora, noi europei abbiamo accettato finora tacitamente e ipocritamente. Ora il patto è venuto a galla, e l´amministrazione Bush non tenta neppure più di nasconderlo.
Il contratto è sui nostri tavoli e sta a noi firmarlo in pubblico o respingerlo. Magari rammentando, secondo la saggezza popolare, che quando si firma un patto col diavolo, è sempre il diavolo che decide quando scioglierlo.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …