Beppe Sebaste: Buste di plastica uccidono Burri

12 Dicembre 2005
Ho visto il documentario di Mimmo Calopresti realizzato con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Come si fa a non amare Pasolini? Appunti per un romanzo sull’immondezza. Il film mostra del materiale inedito realizzato da Pasolini in occasione dello sciopero del netturbini del 24 aprile 1970, che durò settandue ore nell’ostilità di gran parte della gente, inconsapevole e ignara delle loro ragioni. Gli spazzini lavoravano in condizioni disumane quanto a fatica e igiene, e chiedevano semplicemente di raccogliere l’immondizia per strada, non portarla giù dalle scale di casa per caricarla su carretti di metallo e poi, una volta alla discarica, issarla con badili di dodici chili sugli autocarri. Pasolini filmò volti e primi piani dei netturbini in assemblea, immagini struggenti del loro lavoro ai Mercati generali all’alba, e scrisse parole liriche sullo sciopero: ‟…l’Ordine degli Scopini è entrato nella storia; / bisogna essere contenti, come se gli angeli / fossero scesi sulla terra, a sedersi sulle panchine dei viali / e sui muretti della borgata ; / è giorno di Rivelazione; / è caduta ogni separazione tra il Regno d’Ognigiorno / e il Regno della Coscienza…”. È un film che non dà solo voglia di vederne di più, ma di riflettere sul ritorno di quel rimosso sociale che impressionò Pasolini – se da Giotto e le pale d’altare si rivolse con sguardo amoroso all’informe urbanistico, all’immondizia, al ‟basso materialismo” di Georges Bataille. A pensarci, però, con l’avverarsi del pasoliniano ‟neo-capitalismo”, anche l’‟eterologia” di Bataille, filosofia estrema votata al Tutt’Altro, all’inassimilabile e all’informe, che coniuga il sacro con lo scatologico, è ormai resa tecnologicamente obsoleta dall’utopia del riciclabile che interviene quasi ovunque, anche nel mondo dell’arte. Se alla ‟merda d’artista” di Manzoni seguirono i sacchi di iuta di Burri (gli stessi degli scopini!), oggi perfino le sue plastiche (bruciate) – materiale miracoloso della ricostruzione italiana del dopoguerra, il cui riversarsi in Europa coincise col piano Marshall, ma ecologicamente inassimilabile – oltre ad essere esposte nei musei si riversano sui nostri marciapiedi in appositi sacchetti trasparenti, glasnost che non rivela più buccia di banana o di patate, che non veicola germi, solo contenitori di Perlana o buste di merendine. La nostalgia data dalle immagini ‟sull’immondezza” di Pier Paolo Pasolini ha lo stesso nome del recente drammatrico libro di Serge Latouche, Sopravvivere allo sviluppo. Occorrerà riparlarne.

Beppe Sebaste

Beppe Sebaste (Parma, 1959) è conoscitore di Rousseau e dello spirito elvetico, anche per la sua attività di ricerca nelle università di Ginevra e Losanna. Con Feltrinelli ha pubblicato Café …