Marina Forti: Vanuatu, primi profughi ambientali
Nel nuovo villaggio, chiamato Lirak, uno dei problemi sarà il rifornimento di acqua potabile: giù sulla costa Lateu aveva alcune fonti d'acqua dolce, durante la bassa marea. Sul plateau il problema è stato risolto per ora installando cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, compresi dei tetti spioventi e grondaie che raccolgono l'acqua nelle cisterne. ‟Almeno in questo caso sappiamo che la comunità è a posto per i prossimi 50 anni, protetta da ondate di marea, tsunami e inondazioni”, dice ancora Nakalevu. Il piano rientra nei programmi di ‟adattamento futuro” al riscaldamento globale del clima messi in cantiere dall'Unep (programma Onu per l'ambiente): uno dei temi discussi alla Conferenza sul clima in corso a Montreal, in Canada.
Vanuatu del resto non è l'unica nazione-isola del Pacifico minacciata da un oceano che sale. Tuvalu, piccola monarchia costituzionale in una nazione costituita da nove atolli alti al massimo 4,5 metri sul livello del mare, superficie di 26 chilometri quadrati e popolazione totale di 9.500 persone, ha già visto scomparire sott'acqua alcune sue isolette: e ha preso le sue contromisure, cioè ha ipotizzato una migrazione massiccia. Nel 2001 la Nuova Zelanda ha accettato di prendere una quota annuale di tuvalani come rifugiati, dopo che la stessa richiesta era stata rifiutata dal'Australia. Così, 75 famiglie tuvalane all'anno, per i prossimi trent'anni secondo le previsioni, emigreranno: anche loro rifugiati del clima.
Il caso di Vanuatu è tra quelli che sono stati illustrati durante un seminario che voleva mettere a confronto due delle popolazioni più vulnerabili agli effetti del cambiamento del cima: gli abitanti delle piccole isole negli oceani, e gli abitanti dell'Artico. Queste sono infatti le due regioni in cui l'impatto del riscaldamento dell'atmosfera è già visibile in modo più chiaro: l'innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacci polari e del permafrost (la crosta di terreno perennemente ghiacciato), la ‟trasmigrazione” verso nord di specie di flora e fauna più meridionali... E per le popolazioni coinvolte, tutto questo produce ‟la devastazione dell'intero loro modo di vita”, ha sottolineato il direttore esecutivo del'Unep, Klaus Toepfer. Ma ‟la situazione di queste persone dovrebbe suonare come un allarme per i governi riuniti a Montreal: dobbiamo sbrigarci se vogliamo evitare una catastrofe provocata dal cima, per la generazione presente e quelle future”.