Vivien Lamarque: Il Televisorino e la Neve. La fiaba

19 Dicembre 2005
Era un televisore-bambino che guardava tanto i bambini. Li guardava ore e ore. La sua mamma lo sgridava sempre: ‟Quante volte devo dirti che non ti fa bene guardare così tante ore i bambini?”. Ma lui era un televisorino disubbidiente e appena la mamma usciva ricominciava a guardarli. Li guardava giocare, saltare, cantare, li guardava ridere, piangere, litigare. Li guardava guardare. Guardare lui che li guardava. ‟Almeno guardali quando studiano”, gridava la mamma. ‟Ma non studiano quasi mai - rispondeva il televisorino - che colpa ne ho io? Comunque quando capiterà li guarderò, te lo prometto”. ‟E non guardarli così da vicino che ti rovini la visione!”, gridava la mamma. Tra madre e figlio erano battibecchi continui.
Vennero le vacanze di Natale e la situazione peggiorò. I bambini non andavano a scuola, fuori faceva freddo, loro stavano tutto il giorno lì a guardare il televisore e il televisore stava tutto il giorno lì a guardare i bambini. Loro guardavano gli alberi di Natale degli spot televisivi, lui guardava l’albero di Natale dei bambini. Aveva una passione per le luci intermittenti azzurrine e per i fili d’oro e d’argento. Sotto l’albero c’era un presepe con un laghetto fatto di specchio e una luna fatta di carta che ci si specchiava. Il televisore credeva che fosse un vero laghetto con una vera luna, era un televisorino romantico. In prima fila c’erano i bambini, dietro i bambini c’era l’albero di Natale, dietro l’albero di Natale c’era una finestra con una luna vera. Ma il televisore credeva che fosse una luna finta perché non si rifletteva in nessun laghetto.
‟Guarda almeno cose educative - continuava a ripetere la mamma - guarda i bambini che studiano”. Ma lui preferiva guardare i bambini scatenati, quelli che saltavano come cavallette sui divani, e poi i bambini studiavano sempre di meno, e durante le vacanze per niente. Certe volte cantavano una canzone che gli piaceva tanto, cominciava con le parole Stille Nacht, heilige Nacht.
Poi, un giorno, il televisore vide un grande via vai di borse e valigie, i bambini saltavano felici, stavano partendo per la montagna, sentì la parola Svizzera. ‟Mamma, noi prendiamo la Svizzera?”, chiese il televisorino alla sua mamma. ‟No figliolo, un tempo sì, ora non più”. Era disperato. Non poteva seguire i bambini con lo sguardo. E la casa era rimasta vuota. Guardava fisso il divano disabitato. Guardava fisso l’albero rimasto senza luci azzurrine, per fortuna c’era sempre il laghetto del presepe con dentro la luna. Era un televisorino romantico. ‟Sei sicura mamma che non prendiamo la Svizzera?”. ‟Ti ho detto di no, un tempo sì, ora non più”. ‟Se prendevamo la Svizzera potevo vederli”. ‟Ma non la prendiamo”.
Per di più, prima di partire avevano anche staccato la spina. Al televisore non mancavano solo i bambini, mancava anche se stesso. Non poteva più trasmettere. Che spleen. ‟Sto male. Mi manco. Mi manco tanto”, diceva. Dall’appartamento vicino abitato da una vecchina che teneva il volume alto gli arrivavano suoni e voci. Le sigle dei tiggì lo facevano piangere di nostalgia. Che bello quando entravano in casa e mi accendevano e mi davano voce. Io amò la mia voce. Io mi amo. Non posso stare senza di me. ‟Smettila di dire sciocchezze” gli diceva la mamma. Dal muro arrivava la sigla delle previsioni del tempo, la sua preferita. Gli veniva da piangere. Venti per lo più deboli, mari quasi calmi o poco mossi. ‟Di neve non ha parlato?”, chiedeva la mamma che amava la neve. ‟Sì, al di sopra dei settecento metri. La Svizzera è al disopra, mamma?”. ‟Sì, figliolo, la Svizzera è al di sopra. Ma guarda fuori dalla finestra, che bello, anche qui in pianura sta nevicando”.
Era vero, stava nevicando. ‟Come è bella la neve”, pensò il televisorino. ‟Forse tra poco nevicherà anche sull’albero di Natale, anche sul laghetto del presepe, anche sulla sua luna. Poi le vacanze finiranno e loro ritorneranno, sentirò l’ascensore sul pianerottolo, sentirò la porta aprirsi, di solito si precipitano subito a mettere la spina, mi accenderanno, mi accenderò. Li guarderò guardarmi. Ci guarderemo tanto”.

Vivian Lamarque

Vivian Lamarque è poetessa e autrice di numerosi libri per bambini.