Marina Forti: India. La lotta di Mehda contro la diga
Lo sciopero della fame di Medha Patkar aveva costretto la Delhi politica a prendere nota, dopo parecchi giorni di un sit-in di protesta passato più o meno inosservato. Gli attivisti del movimento di Narmada erano arrivati con una rivendicazione precisa: sospendere la decisione di alzare la diga di Sardar Sarovar, il maggiore di una serie di grandi sbarramenti che tagliano il fiume Narmada (1.300 chilometri attraverso tre stati del centro-nord dell'India). Il ‟progetto di sviluppo della valle di Narmada”, con trenta grandi dighe e centinaia di sbarramenti minori, è diventato un paradigma dei conflitti che possono sorgere attorno a una risorsa naturale come l'acqua. Presentato come un progetto per ‟il bene comune”, necessario a fornire acqua per irrigare la campagne aride del Gujarat (a valle) e produrre energia idroelettrica, ha già creato circa 400mila sfollati. E questi, accusa il ‟Narmada Bachao Andolan”, non ne hanno avuto in cambio nulla: né altre case e campi, né la possibilità di ricostruire l'autosufficenza e le relazioni sociali perdute.
La diga di Sardar Sarovar, nel territorio dello stato del Gujarat, ha creato un gigantesco lago artificiale a monte, in Maharashtra e in Madhya Pradesh. È cresciuta poco a poco, e più la diga saliva più si allargava l'area sommersa a monte, e nuovi villaggi si vedevano costretti a sfollare. Così, quando in marzo l'Autorità del fiume Narmada (l'ente di controllo di bacino) ha autorizzato ad alzare la diga dagli attuali 110 metri a 121,92 metri, il Narmada Bachao Andolan è insorto. Secondo dati ufficiali, 220 villaggi sparsi nei tre stati interessati saranno sommersi e 24mila famiglie (circa 122mila persone) entreranno nella categoria di dam affected people, da risistemare (vedi ‟Terra Terra”, 31 marzo). Ma la decisione è illegale, dicono gli attivisti di Narmada, perché viola una sentenza della Corte suprema che impone di risistemare prima tutte le future vittime con altre terre da coltivare, case e servizi essenziali. Per questo hanno presentato un ricorso alla Corte suprema, che terrà un'udienza il 17 aprile.
Negli otto giorni di digiuno, Medha Patkar aveva ricevuto numerose visite di solidarietà - tra gli altri di Nirmala Deshpande, anzianissima gandhiana. Aveva ricevuto anche appelli a desistere: tra gli altri dal primo ministro indiano Manmohan Singh, che ha inviato dagli attivisti di Narmada il ministro delle risorse idriche, Saifuddin Soz: è stato così concordato che un grupppo di 4 ministri federali visiterà nei prossimi giorni gli stati interessati alla diga e al suo lago artificiale, per constatare la situazione delle comunità sfollate. Nella delegazione saranno anche rappresentanti del movimento di protesta. Medha Patkar però aveva rifiutato di sospendere il digiuno: finché non sarà nota una decisione finale, aveva detto. Ora è in ospedale. Ma un risultato l'ha ottenuto: la valle di Narmada è tornata all'attenzione del governo.