Marina Forti: Iran. L'opzione militare
Il punto è che dietro alla retorica bellicosa ci sono piani d'attacco reali. La settimana scorsa sia il presidente Bush, sia il segretario alla difesa Donald Rumsfeld hanno smentito che l'amministrazione stia preparando piani d'attacco all'Iran: Rumsfeld ha definito ‟fantasyland” l'articolo di Seymour Hersh, che sul New Yorker parlava di eventuale uso di atomiche ‟tattiche”, per i siti nucleari (sotterranei) iraniani. Domenica però sul Washington Post l'esperto di questioni militari William Arkin spiega che i piani d'attacco per l'Iran non solo esistono, ma l'amministrazione ci sta lavorando già dal 2003: nome in codice Tirannt, ‟teatro Iran a breve termine”. E poiché ‟quando i militari inscenano attacchi simulati, avversari potenziali diventano nemici presunti”, il pericolo di guerra è realistico.
Questi sono gli scenari. L'immediato futuro dipende in gran parte dal Consiglio di sicurezza dell'Onu: il 29 marzo aveva dato un mese di tempo a Tehran per sospendere le attività di arricchimento dell'uranio, e aveva chiesto al direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Mohamed el Baradei, di riferire sulla risposta iraniana entro un mese. Dunque il 30 aprile el Baradei presenterà il suo rapporto: e se come probabile Tehran non avrà ottemperato alla richiesta - anzi, dice di aver cominciato ad arricchire uranio - Washington vuole una ‟risposta forte”, dice la segretaria di stato Condoleezza Rice.
I cinque paesi membri permanenti più la Germania si sono riuniti ieri a Mosca per discutere quale risposta. Non si attendeva una decisione definitiva, che infatti non c'è. Washington e le altre potenze occidentali chiederanno una risoluzione che invochi l'articolo 7 della Carta fondamentale dell'Onu, che tratta di ‟pericoli alla pace e alla sicurezza internazionale”: questo permetterà in seguito di invocare l'uso della forza, e nel frattempo permette di comminare sanzioni mirate (gli Usa hanno già sanzioni economiche molto ampie nei confronti dell'Iran e verso le aziende di altri paesi che abbiano affari in Iran, così che ora parlano di congelare beni, negare visti o cose simili). Sarebbe escluso da nuove sanzioni il petrolio, ha detto più volte la Casa Bianca, per ‟non creare difficoltà alla popolazione iraniana” (più verosimilmente per non rischiare ulteriori rialzi del prezzo del greggio, di cui l'Iran è il quarto produttore al mondo).
E' noto però che la Russia e la Cina si oppongono all'uso della forza verso l'Iran, e anche a sanzioni. Venerdì un viceministro degli esteri cinese è stato a Tehran; ieri il portavoce del ministero degli esteri di Pechino ieri ha detto che la Cina ‟è allarmata dai recenti sviluppi”, e continua ad auspicare ‟una soluzione diplomatica”.
Venerdì a Tehran arriverà una nuova missione di ispettori dell'Aiea guidata da Olli Heinonen, vice di el Baradei per le misure di sicurezza. Visiteranno tra l'altro l'impianto di Natanz, dove l'Iran dice di aver arricchito uranio (per ora l'Aiea non ha confermato che sia davvero successo). Chiederanno anche spiegazioni sulla frase pronunciata giorni fa dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadi Nejad, secondo cui l'Iran sta sperimentando le centrufughe P-2 (apparecchi molto più sofisticati di quelli finora installati, che potrebbero accelerare la produzione di uranio arricchito). L'Iran aveva dichiarato all'Aiea di aver sospeso 3 anni fa la ricerca su quelle centrifughe, così ora la Casa Bianca parla di ‟una ulteriore violazione” degli obblighi dell'Iran.