Giorgio Bocca: Calcio scandalo? E la normalità
09 Giugno 2006
Fra le varie cose assurde dello scandalo del calcio imperversante c'è lo stupore comune, il dispiacere di moltissimi, per la scoperta che ‟il più bel gioco del mondo” è corrotto, che attorno al calcio gira la solita compagnia di ladri, truffatori, corruttori, imbroglioni. Come se il perfido Luciano Moggi avesse smascherato le turpitudini di un mondo che tutti insistevano a pensare generoso, disinteressato, onesto e sportivo alla maniera retorica di De Coubertin: l'importante non è vincere, ma partecipare. Quando tutti sanno che è vero esattamente il contrario, che l'importante, il decisivo, è vincere.
Finisce contemporaneamente, con lo scandalo del calcio, l'auto-inganno in cui siamo vissuti per anni, concedendoci ogni domenica le favole sportive del campionato e imperversa, temporaneamente, la demonizzazione generale, il gusto di rivoltarci nel fango, di accusare tutti, di sospettare di tutti.
Lo spettacolo della dabbenaggine di massa è impressionante: siamo, restiamo, un gregge di creduloni e di voltagabbana pronti a credere tutto, e subito dopo a dubitare di tutto.
Molti in questi giorni confessano di non avere mai immaginato che lo sport potesse essere così marcio. Marcio perché? Marcio perché dominato dal denaro, gestito dai trafficanti, manipolato dai truffatori. Sinceramente stupiti, sinceramente delusi.
Ma questi delusi e stupiti, fra cui mi ci metto, non sapevano che cosa è la società umana senza distinzioni di razza, di ideologie, di latitudini? Non è stato detto e spiegato in tutte le lingue che in questa società l'importante, il decisivo, è vincere perché vincere è la promessa dello spettacolo, della pubblicità, dell'industria di materiali sportivi e anche della grande distribuzione, dei centri commerciali annessi agli stadi, della politica, delle elezioni, della organizzazione dei tifosi... E se l'importante e il decisivo è vincere, perché escludere che qualcuno si provasse ad ‟aiutare la fortuna” come diceva Casanova? Ed è stata proprio questa schizofrenia di massa, proprio questo rifiuto di massa a voler vedere le cose come stavano e come stanno, che ha incoraggiato, aumentato a dismisura, la corruzione, perché tutti i lestofanti grandi e piccoli, tutti gli imbroglioni in servizio effettivo o in pectore, hanno pensato di nascondersi dietro questo non voler vedere, questo non voler capire.
Anche oggi le biografie della maggior parte dei dirigenti del calcio sono notorie, pubbliche. Si tratta, e tutti lo sanno, di gente che lo fa per avere un vantaggio concreto, per nulla sportivo, nella politica, negli affari, persino nel commercio sessuale. E perché mai, occupandosi di calcio, dovrebbero dimenticare i loro appetiti e i loro interessi, che dallo sport contemporaneo sono ingigantiti?
Dicono che un calciatore rumeno abbia proposto a Moggi questo affare: "Fatti dare dalla Fiat quattrocento automezzi con lo sconto che li rivendiamo a prezzo pieno nel mio paese". Se non è vero è perfettamente credibile. Perché un giocatore di calcio cocainomane non dovrebbe fare una proposta così a un direttore generale che faceva la cresta sulle spese e sui contratti dei calciatori?
Capita nella storia che le leggi, le regole di una civile convivenza, si appianino, si scolorino, fino a scomparire. Il nostro è il paese in cui centinaia di deputati nazionali o regionali sono dei pregiudicati in attesa di un processo e di sentenze che si allontanano negli anni i quali possono legiferare e gestire il bene pubblico. Il presidente della Regione Sicilia, si legge sui giornali, ha decretato in pochi mesi un migliaio di assunzioni o di appannaggi.
Lo scandalo del calcio non è come si legge lo scandalo degli scandali, è la normalità.
Finisce contemporaneamente, con lo scandalo del calcio, l'auto-inganno in cui siamo vissuti per anni, concedendoci ogni domenica le favole sportive del campionato e imperversa, temporaneamente, la demonizzazione generale, il gusto di rivoltarci nel fango, di accusare tutti, di sospettare di tutti.
Lo spettacolo della dabbenaggine di massa è impressionante: siamo, restiamo, un gregge di creduloni e di voltagabbana pronti a credere tutto, e subito dopo a dubitare di tutto.
Molti in questi giorni confessano di non avere mai immaginato che lo sport potesse essere così marcio. Marcio perché? Marcio perché dominato dal denaro, gestito dai trafficanti, manipolato dai truffatori. Sinceramente stupiti, sinceramente delusi.
Ma questi delusi e stupiti, fra cui mi ci metto, non sapevano che cosa è la società umana senza distinzioni di razza, di ideologie, di latitudini? Non è stato detto e spiegato in tutte le lingue che in questa società l'importante, il decisivo, è vincere perché vincere è la promessa dello spettacolo, della pubblicità, dell'industria di materiali sportivi e anche della grande distribuzione, dei centri commerciali annessi agli stadi, della politica, delle elezioni, della organizzazione dei tifosi... E se l'importante e il decisivo è vincere, perché escludere che qualcuno si provasse ad ‟aiutare la fortuna” come diceva Casanova? Ed è stata proprio questa schizofrenia di massa, proprio questo rifiuto di massa a voler vedere le cose come stavano e come stanno, che ha incoraggiato, aumentato a dismisura, la corruzione, perché tutti i lestofanti grandi e piccoli, tutti gli imbroglioni in servizio effettivo o in pectore, hanno pensato di nascondersi dietro questo non voler vedere, questo non voler capire.
Anche oggi le biografie della maggior parte dei dirigenti del calcio sono notorie, pubbliche. Si tratta, e tutti lo sanno, di gente che lo fa per avere un vantaggio concreto, per nulla sportivo, nella politica, negli affari, persino nel commercio sessuale. E perché mai, occupandosi di calcio, dovrebbero dimenticare i loro appetiti e i loro interessi, che dallo sport contemporaneo sono ingigantiti?
Dicono che un calciatore rumeno abbia proposto a Moggi questo affare: "Fatti dare dalla Fiat quattrocento automezzi con lo sconto che li rivendiamo a prezzo pieno nel mio paese". Se non è vero è perfettamente credibile. Perché un giocatore di calcio cocainomane non dovrebbe fare una proposta così a un direttore generale che faceva la cresta sulle spese e sui contratti dei calciatori?
Capita nella storia che le leggi, le regole di una civile convivenza, si appianino, si scolorino, fino a scomparire. Il nostro è il paese in cui centinaia di deputati nazionali o regionali sono dei pregiudicati in attesa di un processo e di sentenze che si allontanano negli anni i quali possono legiferare e gestire il bene pubblico. Il presidente della Regione Sicilia, si legge sui giornali, ha decretato in pochi mesi un migliaio di assunzioni o di appannaggi.
Lo scandalo del calcio non è come si legge lo scandalo degli scandali, è la normalità.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …