Giorgio Bocca: Vizi privati e pubbliche volgarità

07 Luglio 2006
L'Italia delle intercettazioni telefoniche è talmente laida e plebea che ti toglie la voglia di farci su una qualsiasi morale. Una latrina e basta.
Sembra che l'Italia del potere e degli affari abbia totalmente rinunciato a una scuola di normale educazione, appena si sentono protetti dall'inesistente anonimato telefonico i nostri rappresentanti, la nostra crème, i nostri ricchi svaccano, si rivoltolano nel brago.
E che lo faccia il discendente di una delle più antiche case reali d'Europa non è casuale: la buona società attuale parla come Alberto Sordi, è la società italiana intera che ama stare o si rassegna a questo livello.
Il calciatore romanesco Francesco Totti è famoso in Italia non tanto per le sue imprese sportive, quanto per un libro di barzellette grevi e idiote. Il calciatore Daniele De Rossi, arrivato da Ostia, quello che spacca a gomitate la faccia degli avversari, è adorato dai tifosi e il più lodato dalla stampa sportiva che pure sa che è un impunito, uno alla Tyson, votato alla scorrettezza, alla violenza. Non lo sapeva il gentleman Marcello Lippi che era fatto così e che non sarebbe mai cambiato?
Leggendo le imprese di questa Italia, i suoi vizi, il suo linguaggio, la sua impudenza, ci si chiede dove mai sia finita la scuola famigliare che per secoli ha garantito un minimo di civiltà del paese.
Non credo che la mia famiglia potesse essere considerata bigotta o baciapile. Era una famiglia della piccola borghesia d'ordine, di risorse economiche modestissime, di cento libri, di consumi limitati con i valori della Italia monarchica, ma quanto a educazione morale, quanto a buona educazione, intransigente, inconcepibile l'uso di un linguaggio volgare, l'esibizione sessuale. Faceva scandalo una nostra cugina che faceva la ballerina, che vedemmo al Valentino di Torino su un palcoscenico. Era una morale ipocrita, da piccoli borghesi? Certamente sì, ma più sopportabile del bordello generalizzato che ha il suo luogo nelle televisioni di Stato e private.
A leggere le intercettazioni telefoniche di principi, ministri, sottosegretari e notabili vari si ha l'impressione di un rompete le file generale, di una corsa di tutti al laido, all'illecito, al volgare.
Si è arresa anche la Chiesa: di fronte alle richieste pubblicitarie del maggiore ascolto, della clientela di massa, ha smesso di denunciare, di proibire, di regolare, ha persino lasciato che alcuni sacerdoti e membri di ordini religiosi diventassero personaggi di basso spettacolo. È riemersa una Chiesa borgiana, mondana, ipnotizzata dal piccolo schermo.
Il principe corrotto e puttaniere trova sui giornali una ospitalità che la dice lunga sul decadimento generale dei costumi e del gusto. Migliaia di pagine su conversazioni da caserma e da taverna. Per casa Savoia è una novità? Non del tutto. Il padre della patria Vittorio Emanuele II era di gusti popolari e di maniere così rozze da aver quasi sedotto la regina Vittoria.
Umberto I metteva in imbarazzo il barone Rattazzi scorreggiando sullo scalone del Quirinale quando rientravano da battute di caccia vergognose in cui avevan ucciso cento fagiani e una cinquantina di lepri. Ma ogni tanto si ricordavano anche di essere dei re, andavano a combattere a Villafranca o San Martino.
Questo loro erede non è neppure capace di stare in galera, cade dal letto a castello e nelle conversazioni con i suoi manutengoli è cento volte più villano e spudorato di loro.
L'eclisse della morale, certo, ma anche il decadimento del gusto che esso comporta. Abbiamo tutti una idea dello stato penoso, miserabile dello spettacolo televisivo. Ma pochi hanno potuto farsi un'idea di ciò che accade nelle piccole televisioni private. Lì il turpiloquio e la pornografia non hanno più limiti. È questa la modernità?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …