Vittorio Zucconi: Italia campione del Mondo. La rivincita più bella

10 Luglio 2006
Ridevano i nostri bambini azzurri, e piangevano gli adulti di Francia, sullo sfondo dei coriandoli mondiali che piovevano dalla notte di Berlino, e noi a gridare di gioia quei Franti che il mondo detesta, fischia, spernacchia e che perciò noi amiamo. Non perché sono bravi, ma proprio perché sono cattivi, giocano male, addirittura malissimo, perché sono odiati a scuola, spesso bocciati, ma sono nostri e ce li teniamo. È stata la rivincita degli asini sui professori, la favola di Pinocchio che resta quel meraviglioso discolo che faceva disperare Geppetto e disobbediva all’insopportabile grillo parlante. Ieri sera lo abbiamo potuto gridare la verità, che ha vinto il lupo, hanno perso i porcellini francesi, la strega cattiva ha sposato il principe, Cenerentola torna a casa e ora siamo secondi soltanto al Brasile nel numero di Coppe del Mondo vinte, quattro, più di quante ne abbiano tedeschi, inglesi, argentini, francesi per non parlare neppure degli eterni trombati, gli spagnoli. Tutti quei maestrini che ci rompono l’anima con le lezioni di bel gioco e di fair play e ieri sera ci guardavano festeggiare con in gola quel magone orrendo che noi avevamo da anni nel gozzo e avremmo avuto, se fosse finita al contrario. Un mondiale perfetto, perché brutto, storto e contorto come è il calcio di oggi che costringe atleti a gonfiarsi oltre ogni decenza per giustificare il vortice di soldi e a giocare tutto l’anno, ha avuto il finale perfetto che si meritava. Orrendo e delizioso. L’Italia che sbaglia sempre i rigori, la squadra di sadici coi piedi a banana che ci ha inchiodato per decenni alla croce di questi finali da inferno, tatuando i pali e le traverse di tre continente, è diventata campione del Mondo nella sola maniera in cui poteva diventarla nell’anno del teatro dell’assurdo calcistico 2006: con cinque rigori perfetti piazzati alle spalle dell’impotente Barthez trafitto definitivamente dall’uomo che non ha mai girato un spot, che il pubblico degli ipnotizzati dal marketing non venera e non osanna, ma ha portato questa squadra sulla cima dell’Everest. Quel Fabio Grosso al quale dovremmo dare una replica della Coppa da mettere sul caminetto, perché l’ha vinta lui più di ogni altro, e perché se la possa sbaciucchiare ogni sera, dopo la moglie e il figlio che gli sta per nascere, prima di coricarsi..
Ingiustizia è stata fatta, ieri sera, e ora si facciano tutti i processi che si devono fare fuori dal campo, non ai calciatori che sono bambini viziati dai pifferai poco magici, ma ai torvi burattinai del calcio italiano. Perciò giustizia è stata rispettata, nel mondo alla rovescia del pallone che tante volte ci aveva punito con altrettanta ingiustizia, che ha visto l’argentino naturalizzato anche lui francese nel nome del cinismo gallico da foot, Trezeguet che martella il pallone sulla traversa e lo guarda rimbalzare due dita fuori, esattamente come la cucchiaiata di Zidane era invece rimpallata dentro di una spanna.
Ora, cari amici francesi, gustatevi questa serata. Ora sapete come ci si sente, quando il rigore di Giggi di Biagio va a sbattere contro la traversa di Barthez, brocco con un sedere da Ribot, quando la meravigliosa volèè di Baggio sfiora il palo nei supplementari e voi scampate per dieci centimetri a quella idiozia del golden gol, quando si vince un titolo rubacchiandolo negli ultimi trenta secondi dopo che vi avevamo risparmiati i colpi di grazia. E ora potete rimettere in frigo quella bottiglia di champagne, con la quale ci avevate sfottuto nella Parigi del 1998 e nella Rotterdam del 2000, quando proprio Trezeguet fece il gol che ci stroncò, perché i Campioni del Mondo siamo noi e voi siete i primi degli sconfitti e questa volta il sedere di Barthez ha incontrato un sedere ancora più grosso del suo, di nome e di fatto.
Il calcio, che non è soltanto un sport, ma è una rappresentazione perfetta del grottesco e dell’ingiustizia della vita umana, salda sempre i propri conti, come purtroppo la vita fa raramente, almeno in questo mondo, doveva finire così. Senza lagne sull’arbitro, senza strazi di moviole, senza effimere rivincite di presunto campioni che non hanno vinto il Mondiale, ma sono saliti in sella ai bravi somari e si sono fatti portare al traguardo. Che meraviglia poter dire che siamo Campioni del Mondo grazie agli ultimi della classe, non ai cocchi della maestra, che sono stati Materazzi e Grosso a farci saltare con i nostri bambini azzurri in uno stadio di Berlino che ha visto la fine di un incubo, il nostro, e la morte di un sogno, in quella cornata da vecchio caprone irritato dalle provocazione che ha sporcato l’addio del più grande calciatore degli anni 90, Zinedine Zidane.
Io c’ero, a Pasadena, con mio figlio come ieri sera, a guardare Dunga e i brasiliani danzare con una coppa che avevano vinto esattamente come noi ieri sera, giocando pessimamente, e calciando meglio i rigori, mentre mio figlio, letteralmente, sveniva per lo shock. C’ero a Parigi, a soffrire per quella sconfitta, c’ero quando le cose ci andarono male e conosco il sapore di quello che oggi abbiamo fatto inghiottire agli altri. Abbiamo assistito all’umiliazione del calcio italiano quando si credeva il più bello del mondo e ora possiamo dire di averne vissuto l’estasi, quando è divenuto il calcio più inquinato del mondo. Con tanti saluti a quelli che tifavano Ghana e a quelli ‟che gli arbitri ce la faranno pagare” e ai francesi. Sarà stato prosecchino, il calcio di ieri sera, ma stasera pagano loro Carissimi Platini e Blatter, beccate e portate a casa. Da oggi si ricomincia a vivere nella realtà. Purtroppo.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …