Efraim Medina Reyes: Morire in paradiso

11 Luglio 2006
A due ore da Cartagena de Indias c'è un'isola chiamata Paraíso. Sulla spiaggia, nella sabbia bianca come la neve, le tartarughe vengono a deporre le uova. Nell'acqua trasparente, ricca di sfumature azzurre e verdi, migliaia di pesci e di creature marine si muovono tranquillamente sotto il sole infuocato. È una riserva naturale e la presenza umana, come dev'essere in un vero paradiso, è proibita.
Paraíso fa parte dell'arcipelago El Rosario: in totale sono ventisette isole, e la maggior parte è di proprietà di privati che ci trascorrono le vacanze o gestiscono degli alberghi. A differenza di buona parte della Colombia, quest'area dei Caraibi non è stata contaminata dalla guerra o dalla violenza indiscriminata; per questo ai pescatori sembrò strano trovare il cadavere di una bambina impigliato tra le radici acquatiche delle mangrovie, non lontano da Paraíso.
Strano soprattutto perché gli isolani si conoscono tutti e quella bambina non era di quelle parti, e inoltre non avevano sentito di qualcuno che la stesse cercando. I pescatori la portarono a Cartagena e consegnarono il corpo alle autorità. Le indagini rivelarono che la bambina si chiamava Analinda, aveva quattordici anni e veniva da un'umile famiglia della periferia di Cartagena. La madre disse alla polizia che Analinda era partita quindici giorni prima per frequentare un corso per modelle a Milano.
"Un signore italiano con i capelli bianchi è venuto a cercarla e ha detto che con la sua bellezza poteva far carriera e mantenere tutta la famiglia", ha raccontato la madre tra le lacrime. Quell'uomo le aveva lasciato anche una bella somma di denaro. La storia di Analinda non è nuova. Circa 1.200 bambini sono obbligati a vendere il loro corpo nel circuito della prostituzione infantile di Cartagena e i clienti più assidui sono italiani e spagnoli. Come avrebbe rivelato in seguito l'autopsia, Analinda non era morta per un incidente.
I lividi e i graffi sul corpo e sulla testa facevano pensare che qualcuno molto grande e forte l'avesse tenuta sott'acqua fino ad annegarla. Sotto le unghie di Analinda furono trovati resti di pelle che vennero inviati al laboratorio per stabilire il Dna dell'assassino. Le ragioni del crimine restano ancora un mistero.
Una settimana fa sono stato a Cartagena e ho deciso di visitare quell'isola. Un mio amico, un biologo marino, ha ottenuto il permesso con la scusa di fare un servizio sulla fauna di Paraíso. Siamo arrivati con la sua lancia e siamo rimasti sorpresi di vederne un'altra ormeggiata davanti alla spiaggia. Siamo scesi e ci siamo addentrati nella piccola isola, che era ancora più bella di quanto ricordassi. Poco distante, sulla spiaggia, c'erano varie coppie formate da bambine mulatte e uomini bianchi, grassi e calvi, e in acqua ce n'erano altre.
Il mio amico ha tirato fuori dall'acqua una stella marina calpestata e ha maledetto quei turisti. Uno dei tizi in acqua ha gridato qualcosa alla bambina accanto a lui; parlava spagnolo con un forte accento romano. Lei ha fatto cenno di no con la testa, sembrava spaventata. Il vecchio ha continuato a parlarle a bassa voce. Sono entrato in acqua per ascoltarlo e ho capito che quel vecchio romano, calvo e grasso, voleva che la bambina s'immergesse sott'acqua per praticargli del sesso orale.
Lei ha cercato di spiegargli che non poteva trattenere il respiro per tanto tempo, e lui le diceva che era una stupida puttana. È arrivato un altro romano e ha cercato di calmare il suo amico. Ho pensato ad Analinda e mi sono venuti i brividi. Sono uscito dall'acqua e sono andato a cercare il mio amico che stava parlando con i proprietari delle lance.
Loro sostenevano di avere il permesso di stare a Paraíso, e il mio amico replicava che quella era una riserva naturale e che si sarebbero cacciati in un casino. Ho chiamato il mio amico e gli ho detto che dovevamo avvisare la polizia. Lui ha sostenuto che era inutile, che avevano delle sentinelle e che prima che fosse arrivata la polizia se ne sarebbero andati.
"La più grande di queste bambine non ha più di quindici anni", ho insistito. "Il padre di tre di loro è il proprietario della lancia", mi ha risposto, "e l'altro è il fratello delle altre due. Se arriva la polizia diranno che stanno solo passeggiando con degli amici stranieri. Hanno programmato tutto".
Ho sentito di nuovo quell'accento romano: il vecchio stava gridando ancora alla bambina. Sono sceso dalla lancia e sono andato verso la spiaggia. La bambina si era immersa. Al vecchio non sembrava importare che lo stessi guardando. La bambina ha tirato fuori la testa e gli ha detto che non ce la faceva più; mi sono accorto che non era la stessa di prima. Sono entrato in acqua e ho detto al vecchio che quella ragazzina poteva essere sua nipote.
Lui, seguito dalla bambina, si è riunito al resto del gruppo. Sono andato fino alla spiaggia e sono rimasto a guardarli. Dopo un po' il gruppo di vecchi italiani è salito sulla lancia insieme alle ragazze; la barca poteva portare dodici persone e loro in tutto erano diciassette. Quella scatoletta di sardine è partita e dalla coperta le ragazzine hanno fatto gesti osceni. Il mio amico si è avvicinato con un'espressione rassegnata e con lo sguardo fisso sul mare, e mi ha detto: "Da questi figli di puttana non si salva neanche il paradiso".

Efraim Medina Reyes

Efraim Medina Reyes è nato nel 1967 a Cartagena e vive tra la Colombia e l’Italia. Nel 1995 ha vinto il Premio nazionale per il racconto con la raccolta Cinema …