Giorgio Bocca: Viva gli sposi con i nostri soldi

28 Agosto 2006
Nessun scandalo a Ceppaloni, il solito matrimonio di figli di ministri o notabili o capobastone. A spese dello Stato, della Regione, della Provincia, insomma del pubblico denaro. Le orchestrine e i cantautori che si sono alternati per l'allegria del borgo beneventano, la Oxa, Gigi D'Alessio, Lucio Dalla, avevano il disturbo pagato dalla Iside Nova, una associazione dei Mastella sponsorizzata dalla Regione Campania del presidente Bassolino. Concertini para istituzionali ora per un matrimonio ministeriale ora per il battesimo del figlio di un padrino della Camorra, e anche questa è una storia risaputa, tradizionale. Dove sta lo scandalo? Dove sta se per il matrimonio del figlio di un ministro si restaura la chiesa, si costruisce un posteggio, si mobilitano il Comune e i vigili urbani? Che novità è?
Negli anni Settanta ho assistito a Roma al matrimonio del figlio di un sindaco, neppure ministro, uno dell'alta borghesia vaticana. Arrivarono tutti i notabili della Balena bianca, centinaia di notabili romani o provinciali, tutti su auto blu dello Stato, tutti preceduti da aitanti segretari che portavano i regali, anzi i regaloni, che tutti li vedessero vasi e piatti d'argento enormi, rilucenti da riempire un salone della villa per la svendita successiva ad antiquari e gioiellieri, a prezzo ridotto, ma sempre un bel malloppo, che lo Stato succube regalava ai suoi padroni, anzi ai figli dei suoi padroni.
Quella ‟indennità matrimoniale” non stupiva nessuno, c'erano quelli dei cinegiornali a riprendere la festa, c'erano i giornalisti amici di famiglia, i nuovi Bel ami, quelli che raccolgono gli avanzi e si fanno pure pagare come spie. E così era andata nella Roma dei papi e in quella del cavaliere Benito Mussolini e poi degli onorevoli eletti dal popolo. E allora, lo scandalo dove è? Per quale astrusa ragione bisogna continuare a fare del moralismo? Non li leggiamo i giornaletti pagati dallo Stato, sovvenzionati dai politici proprio perché continuino a scrivere che così fan tutti, che solo gli ipocriti fingono di sdegnarsi, che non esiste professione che possa vivere se non mente, inganna, ruba? I Savoia non godono di buona stampa, i loro eredi fanno a gara a diffamarsi e a diffamarli, ma se il Risorgimento i loro antenati lo hanno pur fatto è perché avevano capito che per l'opinione pubblica, per la morale pubblica, il modello doveva essere quello di Monsu Travet, l'impiegato onesto e attento al bene pubblico fino alla esagerazione e magari al ridicolo. E persino il fascismo del cavalier Mussolini lo aveva capito, ogni giorno il Duce sfogliava una ventina di giornali e segnava a matita rossa gli episodi di malcostume e non è certo per questo che il fascismo venne abbandonato agli italiani.
Ma possibile che uomini di educazione, costumi e gusto come Romano Prodi, Giuliano Amato, Francesco Rutelli non capiscano che il mastellismo è un cattivo compagno di strada e che non avrà vita lunga una democrazia i cui cittadini ogni santo giorno aprono la radio, le televisioni e i giornali per sapere che gli amministratori hanno rubato, i servitori dello Stato lo hanno tradito, i grandi poliziotti erano d'accordo con i grandi mafiosi e che tutto ciò accade non solo e non tanto per le ambizioni politiche, di egemonia, di prestigio, ma per i soldi per la esibizione cafonesca del denaro?
Conosco da anni a Milano uno che avrebbe potuto essere un amico, ma che è più amico dei soldi. Lo seguo nei suoi tentativi di giustificare il tipo di vita che ha scelto. Le solite giustificazioni consumistiche, è passato dalla villa all'elicottero, al jet, alla barca da 20 e poi 50 e poi cento metri, e vorrebbe raccontarlo ai suoi amici, ma come fa se di amici non ne ha più?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …