Giorgio Bocca: Facchetti. Nel mondo degli urlatori del calcio lui aveva una gran dote, il silenzio
14 Settembre 2006
Era appena nato, inconsapevole, e i genitori gli imposero il nome Giacinto, un nome candido che può far violenza tutta la vita a un violento. Per fortuna era un mansueto, andava d’accordo con il suo nome. Poi arrivò all’Inter come calciatore e l’allenatore Herrera che non conosceva il suo nome gli affibbiò il primo che gli venne sulle labbra Cipe, e Cipe fu chiamato dai compagni negli anni della sua lunga e fortunata carriera. Un uomo che si lascia fare? Un lombardo algido, delle campagne del riso e del latte, di quelli che non gridano e non si sa se perché non vogliono o perché sono afoni. Sui giornali si legge negli epinici sportivi che era uomo ‟dall’inimitabile fascino”. Già, ma quale, visto che non usciva quasi mai dal suo altissimo corpo? Nelle fotografie di gruppo era bello e senza protagonismo, come i cortigiani belli e senza nome che appaiono negli affreschi dei Gonzaga, il marchese padre, la marchesa madre e poi lui, un gentiluomo bello ma senza nome. Era il presidente dell’Inter pro forma per riparare a un vizio del padrone Moratti che ogni tanto dava le dimissioni. L’estroverso Moratti aveva bisogno dell’introverso Giacinto e in morte sua ha rievocato un aneddoto che è la confessione della comune paura del mondo. ‟Gli chiesi se poteva trovarci un arbitro che proteggesse la nostra squadra e lui mi rispose che non riusciva neanche a pensarci”. Il padrone che non aveva il coraggio della corruzione e il dirigente che non riusciva neppure a immaginarla. I giocatori delle grandi squadre milanesi si dividono fra quelli che abitano in condomini di lusso, di solito edificati da Ligresti dalle parti di San Siro. Arrivano dal Brasile o dall’America del Sud, si trovano la sera a mangiare bistecche o fasoladas con un giro di modelle bellissime, e quelli lombardi che di solito abitano nei paesi nativi fra il Ticino e l’Oglio. La loro vita è lombarda dalla nascita alla morte, da una villa, (toh si era fatto una villa con parco) a una palazzina, da Vaprio d’Adda a Lodi a Buccinasco, da Peschiera Borromeo a Bovisio Masciago. Facchetti sarà sepolto a Treviglio che più che una città è il grande snodo ferroviario della Lombardia dei pendolari, treni che partono all’alba da tutti i borghi delle valli lecchesi, comasche, bergamasche, bresciane e giunti a quel punto centrale della pianura lombarda, su per giù quella della fuga a Bergamo di Renzo Tramaglino, svoltano a destra o a sinistra, per Lambrate, la Centrale o Novara incrociando là la linea dell’alta velocità che si farà quando sapremo se abbiamo o meno i soldi per farla. Un popolo di caciaroni di bassa statura ha sempre provato ammirazione e rispetto per i taciturni alti e biondi alla tedesca come Facchetti senza curarsi troppo di conoscerli bene, di capire se sono timidi o modesti, prudenti o afasici. Facchetti aveva certamente l’arte dell’ascoltare e del parlar poco, in direzione parlavano gli avvocati e gli imprenditori, i Prisco e i Tronchetti Provera, i Moratti. Non sempre a caso perché a volte il tacere fa più carriera che il parlare. Avevo un cugino politico che stava nella direzione del Partito socialista e non parlava mai salvo una volta che gli chiesero un parere sulla Turco, deputata di Morozzo e sua rivale e lui disse "na stupida" e non andò più innante. Ebbene con quel silenzio era diventato capogruppo, un’autorità, consultato da Craxi. Era popolare Giacinto Facchetti? Popolarissimo nei necrologi sul "Corriere" che hanno occupato una pagina. La sua dote più ammirata risulta essere per l’appunto il silenzio, da tutti preso come omonimo di saggezza e signorilità. Un vero signore che non urlava, non gridava e per questo stimato da tutti gli urlatori del calcio, i presidenti di società, di cooperative, di polisportive, di bar sport che del calcio amano la violenza e il turpiloquio ma che in morte di Giacinto si sono riscoperti ammiratori della lealtà, signorilità, onestà del campione nello sport e soprattutto nella vita. Cosa c’è dietro la popolarità dei campioni dello sport come Facchetti? A Cassano d’Adda dove abitava sono giunte migliaia di persone, campioni dello sport, amici, parenti di uno che ‟era nel cuore di tutti”, ma anche la gente comune, i suoi coetanei e giovanissimi ‟affezionati a Giacinto per il suo inimitabile stile”, bambini che indossavano la maglia dell’Inter, pensionati, sportivi dilettanti, impiegati e lavoratori di ogni tipo. Amici e ammiratori che lo hanno pianto ma anche la nuova folla metropolitana che assiste a tutto, vede tutto come in uno spettacolo senza fine, il funerale di Facchetti come il passaggio del sommergibile Toti, il Giro d’Italia come la fiera degli oh bei oh bei. Un consumo di cose viste, possibilmente a gratis che non c’era mai stato, un succedersi di mostre, di presentazioni, di confronti a cui tutti possono partecipare a tutto per meritarsi un quadratino nell’esposizione universale. Un dolore che dura poco, coperto da eventi sempre più memorabili e comunque capaci di occupare giornali e televisioni.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …