Renato Barilli: Le astronavi di madame e monsieur Poirier
16 Gennaio 2007
Vale decisamente la pena di dedicare un sabato o una domenica dei prossimi mesi per una visita a Quarrata, cittadina toscana tra Prato e Pistoia, nota per i suoi mobilifici, ma soprattutto perché vi si trova una bella Villa medicea, La Màgia, austero fabbricato oggi finito nelle mani di quel Comune che lo sta restaurando, e intanto nelle due limonaie che ne cingono il giardino pensile propone mostre di alto bordo. In questo momento, nella Limonaia di Ponente sono ospitati i coniugi francesi Anne e Patrick Poirier, entrambi nati nel 1942 (a cura di K. Burmeister, fino al 10 aprile, cat. Gli Ori). I Poirier, assieme a Christian Boltanski, hanno costituito il più valido contributo dato dalla Francia al fenomeno della citazione, del recupero del museo, tipico negli anni ’70 del secolo scorso. Essi però lo hanno coltivato per vie diverse, rispetto al loro connazionale. Boltanski, mi è capitato di ricordarlo anche su questa pagina, fruga nelle fototeche di famiglia, ne ricava funebri e nello stesso tempo sontuosi spettacoli, fitti muri del pianto. I coniugi Poirier, invece, vanno a frugare più lontano nel tempo, tra i reperti archeologici, di cui offrono altrettanto spettacolari rifacimenti, modellini miniaturizzati, grazie alle risorse delle materie plastiche. Sono rimaste celebri le loro ricostruzioni, in scala ridotta ma conforme, di Ostia Antica e della Domus Aurea di Roma. A volte poi da quegli scenari globali traggono qualche frammento sottoponendolo a un ingrandimento gigantesco. Non lontano da Quarrata si possono ammirare alcuni frutti di queste loro gigantografie, per esempio il Museo Pecci di Prato esibisce sulla soglia i rocchi franati di una colonna greca degna di Olimpia, mentre il più bel parco di sculture all’aperto del nostro Paese, anch’esso ubicato poco lungi, nella Fattoria di Celle a Pistoia, ci permette di scoprire, in una forra, l’occhio enorme di un Polifemo, di un gigante protervo, che reca ancora il dardo inflittogli da qualche dio irato. Ma i Poirier non si sono fermati alla contemplazione del passato, anzi, da lì sono balzati a invadere un futuro fantascientifico, e così, quelle mappe incantate di città arcaiche si sono trasformate in astronavi che già hanno salpato verso gli spazi interstellari, aprendo al nostro sguardo i reticoli dei camminamenti interni. E ci sono pure altre equivalenze: quei gusci progettati per navigare negli spazi immensi, portandosi dietro stanze, stanzette, abitacoli, rassomigliano straordinariamente all’astronave che abita dentro ciascuno di noi, la calotta cranica, con la massa della materia grigia e i suoi avvolgimenti, da cui è facile passare a stabilire corrispondenze anche con i microcircuiti dei computer.
Tutto questo però appartiene alle tappe precedenti nella carriera dei coniugi francesi, dato che, varcato l’anno 2000, essi hanno deciso di smaterializzare le loro operazioni. Non più ricostruzioni plastiche, bensì memorie affidate a scatti fotografici, quasi accostandosi al percorso del collega Boltanski; oppure frasi sentenziose in cui si condensa il significato di tutto il loro lavoro precedente. E appunto nella Limonaia di Quarrata si ha un concentrato di questi interventi più sfuggenti e diffusivi, forse anche per effetto della natura del contenitore, lungo e stretto, sulla cui parete di fondo i due hanno collocato di seguito tante splendide foto, ottenute coi loro soliti scavi, ma questa volta condotti nel sottobosco, magari per riportare alla luce non reperti umani, bensì curiosi frutti di natura, foglie e fiori di piante esotiche, nelle quali il codice vegetale sembra imbrogliarsi con quello dell’artificio umano: preziose membrane alveolate, lisce e spesse come fossero di ceramica, su cui l’uomo ha inciso qualche frase epigrafica. Ma questi frutti misti riportati alla luce grazie alle foto vengono accuratamente nascosti da pesanti tendaggi, di quelli che si usano proprio nelle ville padronali, quando i proprietari del luogo si assentano, e conviene ricoprire il mobilio sotto calotte fantasmiche. Il tutto si pone sotto una massima austera, «Sparire nel silenzio». Sembra quasi che un cupio dissolvi abbia afferrato la coppia, o che la seconda metà della loro carriera si proponga di reinterrare i segreti che in precedenza hanno strappato alle viscere della terra. Del resto, se si esce dalla Limonaia, lasciando che i pesanti tendaggi ricadano su se stessi e agiscano quasi come delle piante carnivore, nei confronti delle immagini retrostanti, e si esce fuori nel giardino pensile, vi si scorgono due immensi bruciatori di profumi, modellati in terracotta, che sono, di nuovo, strumenti di dispersione, di conversione dallo stato solido all’aeriforme.
E se poi ci si inoltra nel parco, si scopre che i Poirier vi hanno eretto una sorta di padiglione, di tenda in cemento, in cui si entra a fatica per sedersi a un tavolo percorso da diagrammi, linee di connessione che collegano tra loro le più varie categorie del nostro sentire e agire. In fondo, è la traduzione in dura materia costruttiva di quell’operazione che ormai tutti compiamo nel segreto delle nostre stanze, cliccando sulle icone del computer, connettendoci con siti lontani, trasferendoci da un settore all’altro dello scibile. In fondo, gli scavi archeologici, i teatri della memoria, al giorno d’oggi si sono smaterializzati, come è nella prospettiva attualmente indicata del lavoro dei Poirier.
Tutto questo però appartiene alle tappe precedenti nella carriera dei coniugi francesi, dato che, varcato l’anno 2000, essi hanno deciso di smaterializzare le loro operazioni. Non più ricostruzioni plastiche, bensì memorie affidate a scatti fotografici, quasi accostandosi al percorso del collega Boltanski; oppure frasi sentenziose in cui si condensa il significato di tutto il loro lavoro precedente. E appunto nella Limonaia di Quarrata si ha un concentrato di questi interventi più sfuggenti e diffusivi, forse anche per effetto della natura del contenitore, lungo e stretto, sulla cui parete di fondo i due hanno collocato di seguito tante splendide foto, ottenute coi loro soliti scavi, ma questa volta condotti nel sottobosco, magari per riportare alla luce non reperti umani, bensì curiosi frutti di natura, foglie e fiori di piante esotiche, nelle quali il codice vegetale sembra imbrogliarsi con quello dell’artificio umano: preziose membrane alveolate, lisce e spesse come fossero di ceramica, su cui l’uomo ha inciso qualche frase epigrafica. Ma questi frutti misti riportati alla luce grazie alle foto vengono accuratamente nascosti da pesanti tendaggi, di quelli che si usano proprio nelle ville padronali, quando i proprietari del luogo si assentano, e conviene ricoprire il mobilio sotto calotte fantasmiche. Il tutto si pone sotto una massima austera, «Sparire nel silenzio». Sembra quasi che un cupio dissolvi abbia afferrato la coppia, o che la seconda metà della loro carriera si proponga di reinterrare i segreti che in precedenza hanno strappato alle viscere della terra. Del resto, se si esce dalla Limonaia, lasciando che i pesanti tendaggi ricadano su se stessi e agiscano quasi come delle piante carnivore, nei confronti delle immagini retrostanti, e si esce fuori nel giardino pensile, vi si scorgono due immensi bruciatori di profumi, modellati in terracotta, che sono, di nuovo, strumenti di dispersione, di conversione dallo stato solido all’aeriforme.
E se poi ci si inoltra nel parco, si scopre che i Poirier vi hanno eretto una sorta di padiglione, di tenda in cemento, in cui si entra a fatica per sedersi a un tavolo percorso da diagrammi, linee di connessione che collegano tra loro le più varie categorie del nostro sentire e agire. In fondo, è la traduzione in dura materia costruttiva di quell’operazione che ormai tutti compiamo nel segreto delle nostre stanze, cliccando sulle icone del computer, connettendoci con siti lontani, trasferendoci da un settore all’altro dello scibile. In fondo, gli scavi archeologici, i teatri della memoria, al giorno d’oggi si sono smaterializzati, come è nella prospettiva attualmente indicata del lavoro dei Poirier.
Renato Barilli
Renato Barilli (1935) già docente di Fenomenologia degli stili all’Università di Bologna, è autore di numerosi volumi di estetica, fra cui: Scienza della cultura e fenomenologia degli stili (il Mulino, …