Vivian Lamarque: Proverbi da aggiornare, ma la nebbia è quella di una volta

14 Febbraio 2007
‟Nebbia di gennaio, neve di marzo”. La nebbia, quasi un nebbione, è scesa su Milano proprio in extremis, l’ultimo giorno di gennaio e continua ancora: varrà lo stesso? L’avremo la neve di marzo? O dovremo commissionare a qualche saggio contadino del nuovo millennio una paziente appendice di nuovi proverbi, post buco dell’ozono? Non per sostituire quelli meravigliosi del passato, solo per allungarne l’affascinante elenco. ‟Febbraio febbraietto, corto e maledetto”, recitava uno, e poiché nei mesi con la ‟erre” veniva sconsigliato di prendere il sole (le Maldive non erano ancora state inventate) ecco pronto il consiglio: ‟Chi ha la moglie da cambiare, al sole del mese di febbraio la faccia stare”. Un altro era anche più esplicito: ‟Il sole di febbraio porta le donne sottoterra!”. La carissima nebbia forse non ci porterà la neve di marzo, ma ha fatto battere il cuore ai vecchi milanesi, quelli ‟doc”, quelli che ricordano i nebbioni ‟che se pudevan tajà cont el cortèll”. Anche i poeti hanno sempre amato quella strana tendina grigia, come un fumo senza fumare, come una miopia gentile, provvisoria, che permette di vedere e non vedere, utilissima in caso di scenari cittadini squallidi, persino il cemento armato ci diventa lieve. Poi, quando è stufa la nebbia se ne va, gli automobilisti tirano un respiro di sollievo, i poeti dicono già finita? E ora cosa arriverà? Chiediamolo di nuovo alla saggezza dei proverbi e loro rispondono così: ‟L’inverno se non viene prima, viene poi”. ‟L’inverno non resta in cielo”.

Vivian Lamarque

Vivian Lamarque è poetessa e autrice di numerosi libri per bambini.