Giorgio Bocca: I furbetti delle guerre vinte dagli altri

24 Aprile 2007
Un paese come l'Italia unita, che esiste grazie all'intervento armato dei francesi a Magenta e a Solferino, a quello tedesco di Bismark per il Veneto, a quello della Marina inglese per lo sbarco dei Mille in Sicilia, ha delle ragioni storiche per prediligere le guerre vinte dagli altri o con il concorso degli altri. Ma quella attuale contro il terrorismo islamico, o se preferite contro il confuso e spesso feroce risorgimento arabo, risulta per molti aspetti incomprensibile.
Dall'Iraq ce ne siamo per fortuna andati, nell'Afghanistan ci restiamo e rafforziamo la nostra spedizione di aerei e carri armati, ma con l'assurda pretesa di farlo in nome della pace, pretesa a cui si è associato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Si discute e si nega da molte parti che quella in corso sia una guerra di civiltà, ma lo è palesemente. Il campo occidentale, americano, dispone di armi totali che, fatte per la guerra, in pratica la escludono, perché porterebbero a una autodistruzione totale.
Idem il campo islamico, con l'uso crescente dei kamikaze, dei combattenti suicidi che porta allo stesso risultato, a conflitti in cui la negazione della volontà di vivere equivale a un conflitto umano impossibile, a un nemico irraggiungibile nel suo auto annientamento.
La risposta del mondo barbarico a quello tecnologico, la risposta del suicidio di massa alle bombe intelligenti, ha fatto sì che la guerra non solo sia impossibile per la soluzione dei conflitti, ma che sia continua: una guerra senza fine e senza quartiere.
La politica italiana, approvata dal capo dello Stato e dal governo, è una politica all'italiana che rovescia o ignora i termini del problema, la realtà. Qual è la realtà afgana? È quella di una società estranea alla democrazia, ferma anche nella guerra alla logica del baratto: tu mi combatti e mi fai prigioniero e io ti rapisco e mi paghi il riscatto o ti taglio la gola. I rapitori del giornalista di 'Repubblica' non avevano ancora concluso il baratto e già passavano ad altri sequestri, ad altri ricatti, a riprova che nella loro cultura, nel loro modo di vivere e di combattere, non c'è altro metodo, a riprova che quella guerra non può finire e che riprenderà nello stesso modo selvaggio. E infatti secondo logica anche noi pensiamo di continuarla nel modo immutabile nei millenni.
Come si fa a insistere nella versione assurda della guerra fatta per fare la pace? Stiamo mandando in Afghanistan delle armi e dei mezzi che uccidono meglio, che uccidono di più. Elicotteri corazzati, autoblindo antimine, aerei da ricognizione senza pilota, carri armati pesanti, esattamente come fanno gli altri contingenti, a cominciare da quello tedesco che avendo una radicata cultura militare queste armi efficienti le ha già mandate da tempo.
È chiaro, o dovrebbe esserlo, che nessuno dei due schieramenti in campo è in grado di vincere la guerra in breve tempo: quello diciamo Nato o filo-americano, ha soldi e armi, ma non soldati che abbiano voglia di morire per l'Afghanistan democratico, come già accadde nel Vietnam; quello dei talebani ha dalla sua il favore della popolazione e l'immensità del territorio, ma il suo armamento è impari. È una guerra che può finire solo quando i contendenti faranno finta che sia finita.
Per noi le soluzioni sono due: o venircene via armi e bagagli senza rimpianti nostri e degli afgani, come è accaduto in tutti i territori d'oltremare in cui siamo stati. Oppure continuare così, mentendo a noi stessi e agli altri, con la furbizia inutile e la faccia tosta che ci mettiamo quando vogliamo che gli altri accettino o fingano di accettare le nostre furbizie.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …