Giorgio Bocca: Pane. Il talento c'è ancora ma sono finiti i mangiatori
28 Maggio 2007
La differenza è fra il pane come cibo primario, come la carne, come il vino, come il formaggio e il pane come accompagnamento, come "fondo" per gli altri cibi. Fra il pane che ti basta per sentirti vivo e il pane che deve accompagnare le fonti della vita. Il pane come cibo che bastava a sé, che bastava a tutto, l’ho mangiato per l’ultima volta nel paese di Valgrana quel pomeriggio del dicembre del '43 che aspettavamo di essere pronti per andare a Boves che i tedeschi di Peiper stavano incendiando. Era il pane di campagna ovale di crosta marrone. Lo tagliavi appoggiandolo sul petto con il vernantino tagliente, il coltello a serramanico con il manico di osso, essenziale come la fame, misurato sulla fame che era quella dei venti anni per cui quando si dice che quello era il pane migliore della vita, bisogna fare la tara, conta anche la fame di allora. Ma anche fatta la tara, quel pane era incomparabilmente migliore di quello che si mangia oggi. Dipendeva da tante cose, a cominciare dall’acqua, che era acqua di sorgente alpina e non di falda, acqua corrente e non stagna fra le argille terrestri. E poi dai forni a legna, dai panettieri che erano il popolo bianco della notte: arrivavi tardi a casa per una festa, per una ciucca e li trovavi fra il forno e la scala di casa bianchi di farina pronti a sfornare alla prima luce del giorno. Quel mondo non c’è più, i sindacati hanno deciso che anche i panettieri devono dormire il giusto, non troverò più il mio panettiere di via Francesco Crispi che mi salutava quando rientravo ciucco per andarmi ad addormentare nell’armadio delle scope. Poi sono arrivato a Milano per assistere alla guerra senza fine ai panettieri. Prima gli hanno proibito di panificare all’alba, poi di usare i forni a legna, poi di fare le pagnotte come una volta ed è finita che a Milano il pane non sa più bene che cosa sia, se cibo o confetteria, se antipasto o pasto, se accompagnamento dei cibi o raccolta dei sughi e figlio unico del grano o cocktail di semenze, di semi, di odori. Ci sono anche oggi panettieri di talento che conoscono le farine e le cotture ottime, ma non ci sono più i mangiatori di pane, i muratori con il cappello di carta e il coltello a serramanico, gli operai con la schiscetta nel pentolino. Non ce l’abbiano con me i panettieri di Milano, la colpa sarà mia, della mia vecchiaia, ma il loro pane morbido e dolciastro mi sembra un chewing-gum che si mastica per passare il tempo.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …