Gianni Mura: Tour 2007. Linus, un tedesco leader dopo le umiliazioni del doping

16 Luglio 2007
E se il futuro si chiamasse Linus? Presto per dirlo. Bel ragazzo, Gerdemann: tappa e maglia, bel colpo. Bel ragazzo anche se arriva con le bave alla bocca. Bruno, riccio, volto da cherubino che non ha bisogno di radersi tutti i giorni. La prima tappa alpina ha visto molti ciclisti con le bave alla bocca, effetto del primo caldo forte (28 gradi in cima alla Colombière) e forse d’altro, ma anche qui è presto per dire. E poi questa tappa ha detto poco: nessuno dei favoriti ha messo un mattone per vincere il Tour, nessuno lo ha perso. Vinokourov e Kloden hanno tenuto le ruote del gruppo dei migliori (circa 35), gruppo in cui peraltro nessuno ha forzato il ritmo. Sarà diverso oggi a Tignes, con un arrivo in salita. Linus Gerdemann non ha ancora 25 anni. Per capire il suo pianto sul traguardo e i suoi sorrisi sul podio bisogna inquadrare il particolare momento negativo del ciclismo tedesco. Sul quale (via Telekom o T-Mobile) è piovuto di tutto: le confessioni di Riis, Zabel, Aldag, Jaschke; questa, dietro versamento di centomila euro da parte di un giornale, dicono, ma pur sempre interessante. E prima c’era stata l’operazione Puerto, Ullrich preso nella rete, Ullrich che si ritira e quel che ha da dire lo dirà a fine Tour, «per non disturbare i colleghi» così c’è scritto sul suo sito. E ancora la sospensione di Kessler (testosterone) e la messa all’indice di due dottoroni dell’università di Freiburg (Lothar Heinrich e Andreas Schmidt). La ruggine e i sospetti nei riguardi dei T-Mobile traslocati alla Astana (Vinokourov e Kloden, di Kessler si è detto). La frase di Pat McQuaid, l’irlandese a capo dell’Uci, non ha calmato gli animi: «Per la credibilità del ciclismo sarebbe una brutta cosa se Vinokourov vincesse il Tour». I telespettatori tedeschi sono molto calati, solo ottocentomila hanno visto il prologo londinese. La Berliner Zeitung, come ho già scritto, ha deciso di non pubblicare una riga sul Tour, e chissà se Gerdemann ha fatto rivedere questa decisione. Decisione troppo drastica, secondo colleghi tedeschi che il Tour sono qui a raccontarlo. Dice uno: «Sarebbe come non rendere conto della politica estera degli Usa solo perché Bush è antipatico». Il paragone è imperfetto, ma rende l’idea. E’come se una nazione si fosse accorta all’improvviso che molti suoi campioni erano di valore relativo. Di qui la crisi di rigetto. Nel frattempo la T-Mobile ha ingaggiato tredici nuovi corridori, nessuna vedette, ha cambiato lo staff tecnico e quello medico, ha scelto come dg Bob Stapleton (un amico di Armstrong). E si è organizzata: anche sabato mattina i corridori sono sottoposti a un test sul sangue. Ecco, c’è tutto questo dietro al sorriso di Linus. E nelle sue parole: «Per me è un giorno meraviglioso e spero rappresenti qualcosa per il ciclismo tedesco che ha bisogno di fiducia. Non è un bel momento, ma io credo che le cose stiano cambiando. Non del tutto, ci vorrà tempo, ma mi sembra che siamo sulla strada giusta. Noi giovani dobbiamo dimostrare di aver rifiutato i metodi della vecchia scuola, di avere un’altra coscienza professionale, di cercare lealmente la vittoria. Devo ringraziare gli sponsor, che hanno tenuto duro nella tempesta, e anche tutti quelli che oggi erano sulle strade. Sono loro che decidono sulla credibilità del ciclismo. Vedere tanta gente mi ha emozionato». Tappa, maglia gialla e anche maglia bianca, quella dei giovani. Linus è di Munster. Modi cortesi, famiglia agiata, sciatore più che discreto in gioventù. Su segnalazione di Voigt, era passato professionista con Riis, restando alla Csc una sola stagione e vincendo una tappa al Giro di Svizzera. Ieri è stato tra i primi a lanciare una fuga che tra il km 50 e il km 72 ha riunito 15 corridori in rappresentanza di 13 squadre. Una garanzia per andare lontano, magari perdendo qualche pezzo (tra cui Savoldelli, unico italiano tra i 15). Massimo vantaggio 8’, ma ai più svegli è sufficiente. I primi cinque dell’ordine d’arrivo erano nella fuga, gli altri rappresentano la nobiltà allargata del gruppo. Cancellara (oltre 22’di ritardo) segue il copione. Le salite non le mastica. La Colombière è una salita media, resa più difficile da lunghi tratti allo scoperto. Gerdemann pianta Fofonov, passa in cima con 18" sul basco Landaluze e aumenta il vantaggio lungo la discesa, con uno stile un po’discutibile e molto rischioso ma efficace. Anche gli italiani, qui, non masticano le salite. Quello con qualche dente in più, Bruseghin, riesce a essere 56 sul traguardo (a 7’04") e 56° in classifica (a 7’43"). Molti vecchi marpioni si sono stupiti per la mancanza di attacchi ai due favoriti più malconci, Vino e Kloden. Vino dice di avere sofferto molto e di considerare una vittoria l’aver chiuso in gruppo. «A Tignes dovrò limitare i danni, poi spero che la giornata di riposo migliori le mie condizioni. Non sono fuori dai giochi. Non ancora». Non credo che i suoi rivali abbiano tutti un cuore d’oro tant’è che dopo la sua caduta andavano come schegge. Fosse caduto Armstrong, chissà. La mia impressione è che molti tengano d’occhio il livello del carburante e abbiano meno sicurezze. La chiarezza che s’aspettava ieri arriverà forse oggi. E a rischiare sono Vinokourov e Kloden, che non può alzarsi dal sellino.

Gianni Mura

Gianni Mura (Milano 1945). Studi classici, entra alla “Gazzetta dello Sport” nel 1964. Giornalista professionista dall’aprile del ’67. Altre testate: “Corriere d'informazione” (72/74), “Epoca” (74/79), “L'occhio” (79/81). Inviato di “Repubblica” …