Gianni Mura: Il colombiano sconosciuto trionfa nel giorno di Sarkozy

19 Luglio 2007
Juan Mauricio Soler Hernandez non parla una parola di francese e gli sfugge la finezza dei commenti a base di "énergie-Soler" (che si pronuncia come solaire, solare). Energia ce ne ha messa tanta, rinvenendo da solo (era staccato di 4´) su una piccola fuga e staccando tutti tranne Popovych con la ripartenza, che non è come nel calcio. Significa accodarsi e andare via di slancio. Ho dato la precedenza al vincitore di tappa, un colombiano semisconosciuto, 24 anni, un secondo posto dietro Di Luca nella Milano-Torino di quest´anno, una vittoria nel Giro di Lorena l´anno scorso. Si merita la precedenza. L´altro vincitore di tappa è Sarkozy e ne parliamo dopo. Lo sconfitto del giorno è Vinokourov, distrutto sullo stesso traguardo che l´aveva visto vincere due anni fa. Kloden si salva dal naufragio della Astana. Si profila una guerra tra spagnoli: sono quattro nei primi dieci, otto nei primi venti.
Soler è nato a Ramiquiri, nel nord del paese, e vive a Boyaca, sui 2.800 metri. Durante la stagione ciclistica, è di base a Villongo, provincia di Bergamo. Può stupire un colombiano in una squadra con capitale sudafricano (2,5 milioni di euro il budget, un sesto della T-Mobile), sede a Londra e direzione tecnica italiana. L´anno scorso Soler correva nell´Acqua e Sapone, è stato apprezzato da Claudio Corti in occasione della Coppa Placci e reclutato per la Barloworld. Difficile dire se sia stato più bravo in salita o in discesa, una lunghissima discesa col vento contro.
Dice di essere pieno di cicatrici, da tante cadute ha fatto in discesa. ‟Quando sono in Colombia, non ho alternative per allenarmi: salita e discesa, oppure il contrario”. Forse per questo ha scelto di stupire in una tappa senza pianura. ‟E´ il destino che ha voluto così. E´ il mio primo Tour, il Galibier non l´avevo mai visto. Mi sono buttato in una fuga pazzesca, con poche possibilità di riuscita e grazie a Dio mi è andata bene. Dedico la vittoria a mia moglie e al mio paese, che non vive un momento facile. Una vittoria nello sport è un modo di rendere felice un popolo, anche se per poco”. I suo numi tutelari sono i ciclisti colombiani del passato, Lucho Herrera e Fabio Parra, quelli che avevano passato il mare per scoprire le montagne del Tour. Il suo idolo, Indurain. Se Soler scorre l´elenco di chi ha vinto una tappa a Briançon, gli può girare la testa: Bartali e Bobet tre volte, Bahamontes due, e poi Coppi, Gaul, Nencini, Jimenez, Gimondi, Van Springel, Merckx. E forse un po´ gli gira, perché dopo aver realizzato il suo sogno annuncia il prossimo: vincere il Tour. E´ giovane, un altro dei giovani che sanno approfittare degli spazi lasciati da un Tour scucito.
Non ci sono distacchi abissali, ma quello che basta a considerare fuori gioco Vinokourov, Schleck (ci guadagna Sastre) e Menchov (ci guadagna Rasmussen). Se l´Astana si è arresa all´evidenza dei fatti, uno che esce benissimo è Kloden, cui non sarà più chiesto di fare la crocerossina per Vinokourov e che a cronometro è il più forte. Ha impressionato lo scatto con cui Contador ha staccato il gruppetto di Rasmussen a sei chilometri dalla cima del Galibier, mentre Vino era già alla deriva dopo due iniziative di Valverde. Contador ha ritrovato più avanti Popovych, il primo a prendere il largo già sull´Iseran, ma nella loro cronometro a coppie i due Discovery non sono riusciti a raggiungere Soler e sono riusciti a farsi raggiungere a tre chilometri dal traguardo dal gruppetto di Rasmussen, anticipato nello sprint in salita da Valverde (che ha corso con più intelligenza di Contador) e Evans, un Balmamion nato in Australia. Rasmussen è rimasto presto senza compagni e non aveva le gambe dei giorni migliori, idem per Moreau, per cui ha fatto il tifo Sarkozy.
Il presidente francese è arrivato su un elicottero dell´esercito a Valloire, da dove parte la salita del Galibier, e si è accomodato sull´auto del patron Prudhomme. Non ha scelto una tappa a caso, ma una seguita in tivù da quasi otto milioni di francesi. Si è quasi subito tolto la giacca blu e si è più volte sporto dal tetto apribile salutando le popolazioni. Si è fatto intervistare durante la tappa da un Jalabert piuttosto emozionato. ‟La trovo in forma, dev´essere il triathlon” ha detto il presidente. Poi ha annunciato il suo tifo per Moreau (‟a 36 anni si è ancora giovani, lo dice uno di 52”). Nella sua tournée da piacione Sarkozy ha realizzato un buon colpo, ma bisogna dire per correttezza che è ancora tesserato come cicloamatore per il veloclub di Neuilly, anche se per motivi di tempo ha cancellato le pedalate di quattro ore nella valle della Chevreuse e quelle, più corte, dalle parti dell´ippodromo di Longchamps. ‟Mi tengo in forma facendo jogging, seguire una tappa era il mio sogno da ragazzino e, credo, il sogno di tutti i francesi. Il Tour è la nostra festa di luglio, è un modo di presentare al mondo il nostro paese. Mi ha colpito la velocità dei corridori giù dal Galibier, più di 80 all´ora. Sono stato obbligato ad allacciare la cintura, sul sedile posteriore”. Ha poi preso parte al protocollo di premiazione, rimettendosi la giacca intonata alla cravatta blu a righe e ribadendo il suo amore per il Tour: ‟Nella sua voglia di darci uno sport pulito il Tour va sostenuto e appoggiato. Anche per questo sono qui”. Poi scava nei ricordi: un bar-ristorante vicino a Royan, dov´era in ferie con la famiglia, l´epilogo del Tour del ‘68 vinta da Janssen all´ultima cronometro su Van Springel.
E´ la prima volta di un presidente francese al seguito. Gli altri incontri erano stati molto più brevi. Nel ‘60 Godet aveva fatto fermare il Tour a Colombey e De Gaulle aveva stretto la mano a Nencini. Nel ‘75 Giscard d´Estaing aveva premiato Thévenet sui Campi Elisi (con una maglia gialla priva di scritte pubblicitarie). Nel ‘85 Mitterrand aveva assistito dai bordi della strada al passaggio di una tappa nel Vercors e poi era stato criticato sui giornali perché usava una macchina fotografica giapponese. Nel ‘98 in Corrèze Chirac aveva invitato a cena i capi del Tour e Leblanc si era presentato a mezzanotte: quella era la sera, la notte, in cui fu deciso di rispedire a casa la Festina di Virenque. Nella collezione di bici di Sarkozy, l´ultima arrivata è quella di Virenque, che nel Var ha fatto parte del suo comitato di sostegno. In una tappa di grande bellezza per colori e paesaggi, la tristezza di apprendere dai giornali della morte di Caterina Bueno. Ho messo su ‟Caterina” di De Gregori, una canzone scritta per lei. Era giusto ricordarla così.

Gianni Mura

Gianni Mura (Milano 1945). Studi classici, entra alla “Gazzetta dello Sport” nel 1964. Giornalista professionista dall’aprile del ’67. Altre testate: “Corriere d'informazione” (72/74), “Epoca” (74/79), “L'occhio” (79/81). Inviato di “Repubblica” …