Gianni Mura: Tour 2007. L’addio delle tv, i veleni e la prima volta del Sudafrica

20 Luglio 2007
Un ventaglio, in un giorno molto caldo, può fare comodo. Ma è meglio non dirlo a Moreau, potrebbe mordere. Irrispettosamente per la più alta carica francese, si può notare di sguincio che da quando Sarkozy ha ufficializzato il suo tifo per l’ancor giovane Moreau, al vecchio Moreau il vino ha cominciato a girare in aceto. Già staccato nella tappa di Briançon era rientrato in vista del traguardo. Ieri è caduto (solo qualche sbucciatura sul lato sinistro) e poi si è piazzato in coda al gruppo, sicuro (come quasi tutti) che si trattasse di una tappa di trasferimento. Non aveva torto, poveraccio. Gli ingredienti c’erano tutti. Un gran caldo, il pensiero alla crono di Albi, le lunghissime linee dritte tra i campi di girasole e le vigne, la colonna sonora delle cicale, gli spettatori (tantissimi) sistemati nelle pozze d’ombra sotto i platani.
E in più era già partita la fuga buona, con la benedizione del gruppo: quattro corridori (Wegmann, Gilbert, Florencio, Fofonov) cui s’era aggiunto Millar. Vantaggio sui 7’. La prima ora di corsa aveva sfiorato i 51 orari. Wegmann, che ha la maglia di campione di Germania, può essere un tentativo di risposta all’abbandono del campo da parte della tivù tedesca (140 persone) che ha lasciato in carovana una troupe ridotta al minimo (30 persone). Gli altri a casa, e non ci saranno ripensamenti. Intanto l’Aso si è accordata con Sat 1 e Pro 7, due canali satellitari tedeschi (il primo in chiaro) che trasmetteranno il Tour in diretta, in aggiunta ad Eurosport che già lo fa. I colleghi tedeschi hanno salutato offrendo birra. Qualcuno piangeva.
Non tutti capiscono ma tutti eseguono gli ordini. Sui mondiali di Stoccarda, a settembre, non sembra tirare una buona aria. Corre voce che anche la tivù danese abbia intenzione di ritirarsi, ma per ora è solo una voce. Le auto tedesche rimaste hanno ricevuto fischi dal pubblico.
Alla partenza, Virenque santo e martire (al Tour come commentatore di Eurosport) ha allontanato bruscamente una giornalista tedesca che voleva intervistarlo. In carovana si bisbiglia pure sugli exploit di Rasmussen e Soler. Un discreto casino, insomma. Nel quale l’Uci, leoninamente, sta zitta.
La corsa che sembrava finita ricomincia brutalmente, passata Arles la bella, passato un rifornimento tra i canneti. E’ il km 115, una carcassa d’auto bianca sta finendo di bruciare in mezzo ai campi, sulla destra. Il fumo che sale dà il segnale del vento, e insieme della vitalità di Vinokourov. Dice Savoldelli: «Vino ci aveva detto di stare in campana già prima del rifornimento. C’era vento di tre quarti. Proviamo a dare una bella menata e vediamo cosa succede, ha detto Vino». E al segnale del capitano tutti gli Astana, tranne Navarro staccato e Kloden che si tiene da conto, fanno un treno d’inferno. Questo del ventaglio è un colpo tirato alla cieca, ma qualcuno è colpito e affondato. Moreau. Con un’altra ventina di corridori perde cento metri, che diventano cinquecento, e alla fine, sul traguardo, 3’20’’. Tutto secondo le regole del fair play, anche se per le iene (in prevalenza sulle belle gioie) ieri Vinokourov ha restituito la cortesia a Moreau, il primo ad attaccare dopo la caduta del kazako sulle strade del Morvan. Il ventaglio può essere stretto o largo, dipende da chi lo decide. L’Astana ha deciso per un ventaglio stretto, così da mettere in fila (variante: mettere al gancio) tutto il gruppo. E’ una manovra tipica delle corse fiamminghe, e anche di quando si corre in riva al mare. Ieri, nel Midi, Vinokourov s’è idealmente ispirato al plat pays, e non era un vento fortissimo. Morale, antica: il Tour lo si può vincere in un giorno, ma lo si può perdere tutti i giorni, anche nella tappa in apparenza più facile. Questo è capitato a Moreau, che in verità il Tour lo stava vincendo solo nell’immaginario dei francesi.
Sulla strada, mica tanto. Al massimo, era uno dei dieci che ci potevano fare un pensierino. Lo ha tradito un eccesso di sicurezza. Rast e Ivanov hanno fatto un gran lavoro, Vinokourov non si è tirato indietro, da vero capitano.
Tant’è che, dopo una dozzina di km, vedendo che la collaborazione era scarsa, ha fatto segno ai suoi di smettere, stop. A quel punto hanno dato una mano gli spagnoli e i compagni di Boonen, perché Zabel e Hushovd erano rimasti indietro anche loro.
A Montpellier nel ‘51 Coppi era arrivato a 33’ da Koblet. Fuori tempo massimo di 3’’, ma Goddet li aveva cancellati. Coppi gli serviva in corsa, anche se distrutto dalla morte di suo fratello Serse. Si partiva da Carcassonne, era una tappa insignificante anche quella.
E’ un gruppo dimezzato che si presenta allo sprint, dopo che Vinokourov (ha la testa dura) aveva provato a uscire a 4 km dal traguardo. Arrivo pericoloso, con una serie di brutte curve. Dean cade agli 800 metri, Boonen non cade ma deve mettere piede a terra. Dall’ultima curva esce a palla Hunter. Cancellara rimonta ma non a sufficienza, Pozzato si ritrova davanti un compagno, Fischer, e la cosa non gli procura piacere. Poi troviamo tre Lampre in fila: Ballan, Bossoni e Corioni. Mah. E’ la prima vittoria di un sudafricano al Tour e, per estensione, del continente africano. Ed è la seconda vittoria in tre giorni per la Barloworld, questa sorta di Chievo su due ruote, squadra messa insieme in poco tempo e con pochi soldi e già andata oltre la soglia della felicità. Succede anche questo, al Tour.

Gianni Mura

Gianni Mura (Milano 1945). Studi classici, entra alla “Gazzetta dello Sport” nel 1964. Giornalista professionista dall’aprile del ’67. Altre testate: “Corriere d'informazione” (72/74), “Epoca” (74/79), “L'occhio” (79/81). Inviato di “Repubblica” …